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passiamo le prime ore della serata a giocare con giochi da tavolo, essendo sballati diventa tutto molto più divertente. poi, verso le dieci, ci assale la fame chimica.
J: sei italiana giusto? perché non mi prepari la pasta?
chiede tutto euforico, io scoppio a ridere.
io: d'accordo, spero solo di riuscirci in questo stato!
mi alzo dal divano e per poco non cado perdendo l'equilibrio, per fortuna Jesse mi sorregge e io scoppio di nuovo a ridere. andiamo in cucina sorreggendoci l'un l'altro e appena apro il frigo capisco che non sarà facile.
io: esattamente come la vuoi questa pasta?
J: mhh... al ragù.
io: sì, buona idea. ma il ragù lo faccio con l'aria?
chiedo ridendo, il suo frigorifero è vuoto, non c'è niente con cui possa cucinare della pasta al ragù.
io: mi sa che dovremmo andare al supermercato.
J: vuoi davvero andare al supermercato in questo stato?
chiede avvicinandosi a me e bloccandomi tra il frigorifero e lui.
io: sì, sto morendo di fame.
lui si morde il labbro inferiore mentre mi guarda il collo, le labbra e infine gli occhi, poi si avvicina al mio orecchio destro.
J: non sai quanta voglia ho di possederti, qui, adesso.
mi sussurra. io resto in mobile e lui ridacchia per poi allontanarsi bruscamente.
J: forza, andiamo, c'è un supermarket aperto 24h su 24 in fondo alla strada.
prende le chiavi di casa ed esce dalla cucina, io, che fino a quel momento avevo trattenuto il fiato, riprendo aria, chiudo un attimo gli occhi per riprendermi e poi lo raggiungo.
dopo neanche dieci minuti siamo tra le corsie del supermarket, sto scegliendo che tipo di pasta prendere quando sento delle mani sui miei fianchi e dei piccoli baci sul mio collo, lasciati dalla spalla fino all'orecchio.
io: Jesse... cosa stai facendo?
J: scusa ragazzina, ma è così bello vederti in difficoltà.
dice dopo avermi morso il lobo, io ridacchio e mi allontano da lui.
io: non mi farai impazzire in questo modo, capito?
affermo ridendo e lui con me, finalmente dopo trenta minuti riesco a trovare tutto il necessario e andiamo alle casse, Jesse continua a farmi i solletico ai fianchi e io non la smetto un minuto di ridere, il cassiere, un ragazzo giovane, ci guarda divertito.
Cassiere: siete davvero una bella coppia.
io mi blocco e lo fisso, la stessa cosa fa anche Jesse.
io: no... noi non siamo una coppia.
mi allontano da Jesse e mentre lui paga io prendo il cibo e lo metto in una borsina di plastica. il cassiere lancia un'occhiata a Jesse come per aspettare un suo parere, quest'ultimo sorride e alza gli occhi al cielo scuotendo la testa.
io: Jesse, sbrigati, ho fame.
dico per distoglierli dal loro giochetto di sguardi, Jesse saluta il cassiere battendogli il pugno e poi ce ne andiamo. appena usciamo dalle porte scorrevoli, guardo Jesse.
io: una coppia...
lui mi guarda e poi insieme scoppiamo a ridere, e per tutto il tragitto non facciamo altro. appena arriviamo a casa mi metto subito ai fornelli, non ci vedo più dalla fame. mentre sto mescolando il ragù, Jesse si mette dietro di me, appoggia una mano sul mio fianco e con l'altra mescola insieme a me il ragù.
io: perché invece di fare lo stupido non prepari il tavolo?
chiedo divertita.
J: perché sto meglio qui con te.
mi morde il collo e io rido per il solletico che mi provoca.
io: non so a che gioco stai giocando, ma ti avverto, non scherzare con il fuoco.
J: forse sei tu che dovresti stare più attenta.
lui guarda verso i fornelli, solo ora mi rendo conto che il ragù si sta cuocendo troppo.
io: cazzo!
spengo il fuoco mentre sento la risata di Jesse che si allontana, stronzo. do un'occhiata all'orologio appena la pasta è pronta, sono le undici passate.
ci mettiamo a tavola, uno davanti all'altra e mangiamo. scherziamo per tutto il tempo e io non la smetto di ridere, ad un certo punto cominciamo perfino a tirarci addosso gli spaghetti.
dopo aver "cenato", ci spostiamo in soggiorno, per essere più comodo Jesse si spoglia rimanendo in boxer, poi ci accendiamo un'altra canna.
J: dai spogliati anche tu.
dice tirandomi un pugno amichevole sulla spalla, io rido, ancora più sballata di prima.
io: altrimenti?
J: altrimenti ti spoglio io.
dice alzando le sopracciglia, io rido di più.
J: avanti, decidi.
io: va bene, va bene.
dico facendo segno di resa e alzandomi ridendo, mi tolgo i jeans.
io: così va bene?
chiedo divertita dalla situazione.
J: lo so che sei scomoda, mettiti questa.
mi lancia una sua maglietta, è rossa con una foglia di marijuana al centro, sarà tre taglie più grandi della mia.
io: che raffinato.
affermo ridendo, vedendo la t-shirt che mi ha appena lanciato, alla fine decido di accontentarlo, gli do le spalle e mi tolgo la mia maglietta, per poi affrettarmi a mettere la sua, mi arriva poco sopra le ginocchia, adoro gli indumenti così larghi.
io: contento?
rido ancora e mi sdraio sul tappeto, cominciando a fissare il soffitto, lui mi raggiunge poco dopo, restiamo in silenzio per molto tempo.
io: ehi stai dormendo?
sussurro senza distogliere lo sguardo dal soffitto, sono come ipnotizzata dal grande lampadario a vetri.
J: no.
io: com'è andata la visita ai tuoi?
J: al solito, si preoccupano tanto che non porti sulla cattiva strada il loro figlio preferito, e non si rendono neanche conto che è già sulla cattiva strada, così mi hanno cacciato.
io: hai un fratellino?
J: a quanto pare.
sospiro.
io: non sono fieri di quello che sei diventato, vero?
J: no, affatto, e non li biasimo. cazzo, guardami, sono un casino ambulante.
io: non sei così male, a me piaci.
lui sbuffa.
io: dico davvero, non hai pensato al signor White? tu lo stai aiutando, quando ci siamo conosciuti hai detto che lo fa per la sua famiglia, per pagarsi le cure per il cancro. senza di te non saprebbe da che parte girarsi, chi gli venderebbe la meth? stai facendo una buona azione, illegalmente, però una buona azione. e lo penso davvero.
J: wow, tu si che sai come tirar su di morale le persone.
sospiro.
io: ti sei mai sentito così solo, non capito, da non sapere con chi poterti confidare? con una sensazione di vuoto, così profonda, che credi di poterci cadere dentro da un momento all'altro?
J: tutti i giorni.
io: ecco, è così che ho imparato, dovevo farmi forza da sola.
sento il naso cominciare a pizzicarmi e le lacrime agli occhi, ripensare a quel periodo della mia vita mi fa sempre questo effetto, quando è morto mio padre.
Jesse mi guarda e si alza di scatto, mettendosi seduto a gambe incrociate.
J: ehi ehi ehi, no, non piangere. è la fase di down, è normale, ora ti sentirai triste e depressa...
mi fa appoggiare la testa sulle sue gambe.
io: Jesse... non credo di sentirmi molto bene...
dico continuando a piangere.
J: cazzo... non avrei dovuto darti quella roba, mi dispiace, non ho pensato che non sei abituata. cazzo! pensa a cose felici, non farti assorbire dai buchi neri, ok?
annuisco lentamente, non riesco quasi a muovermi.
io: che diavolo mi hai fatto fumare?
J: era cocaina...
lui sospira.
J: mettiti seduta.
mi aiuta a sedermi e io appoggio la schiena al divano.
J: aspetta qui, torno subito.
si alza e va in cucina, torna poco dopo con una bottiglia d'acqua da un litro e mezzo e una cannuccia.
J: bevi, starai meglio.
mi tiene la cannuccia e io bevo.
io: ti sei mai svegliato una mattina, con l'assurda voglia di buttarti giù da un ponte?
J: Zoe, cerca di non pensarci, andrà tutto bene.
sento delle lacrime attraversare le mie guance, come se facessero gara a chi arriva prima, non so neanch'io perché sto piangendo, ma non riesco a smettere. mi porto le mani alle braccia e le sfrego.
io: Jesse ho tanto freddo.
J: hai freddo eh? d'accordo. vieni con me, riesci ad alzarti?
scuoto lentamente la testa, ho impiegato tutte le mie forze per dirgli che ho freddo, neanche volendo riuscirei ad alzarmi.
lui non dice nulla e mi prende in braccio a mo di sposa, sale le scale e mi porta nella sua stanza, facendomi stendere sul letto, subito a sinistra della stanza, e mettendomi sotto le coperte. la camera è arredata da mobili antichi, nella parete di fronte alla porta c'è un acquario senza pesci a sinistra di esso un'enorme finestra. mi rannicchio nella parte più vicina alla finestra e Jesse si sdraia accanto a me, abbracciandomi.
J: sarà tutto come prima.
dice accarezzandomi i capelli e la spalla. mi bacia la testa e io alzo lo sguardo, ci fissiamo per interminabili secondi, le sue pupille si spostano dalle mie labbra ai miei occhi per diverse volte.
io: Jesse...
J: dimmi.
dice sorridendo, accarezzandomi la guancia.
io: se ti bacio potrei finire con l'innamorarmi di te.
lui sbuffa.
J: sarebbe un grosso errore.
io: lo so.
J: allora non farlo.
annuisco lentamente e mi stringo di più a lui, addormentandomi.

Qualcosa Per Cui DrogarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora