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J: si tratta di me e White, di quello che facciamo...
io: vi hanno beccati?
chiedo preoccupata.
J: no, però... è successa una cosa.
io: che diavolo è successo? è per questo che hai un occhio nero?
J: sì, ecco, ci servivano dei clienti sai, per la meth, quindi sono andato da un tizio... il pusher da cui la compravo, Crazy 8, gli ho fatto vedere i cristalli e lui ha voluto che lo portassi da chi li cucinava, voleva che White lavorasse per lui.
sbuffa ridendo.
J: beh, sta di fatto che la situazione è degenerata, loro hanno tirato fuori le pistole e correndo sono inciampato come un'idiota su una pietra.
io: cazzo Jesse! sei andato al pronto soccorso? potresti avere una commozione cerebrale o qualcosa del genere.
J: sto bene, non c'è nessuna commozione cerebrale. ora ascoltami, non è questo il punto. è successo un casino. White per non farci ammazzare gli ha proposto di cucinare insieme, quindi sono andati sul camper, solo che invece di cucinare la ricetta per i cristalli ha fatto qualcos'altro e li ha intossicati. e beh... uno di loro è morto... mentre Crazy 8 è nel mio seminterrato.
lo guardo basita.
io: stai scherzando?
J: no cazzo! ti sembra che scherzerei su una cosa del genere?
io: no, ok, hai ragione... ma perché lo dici proprio a me?
J: io... io non lo so. ma avevo bisogno di dirlo a qualcuno, e sei l'unica con cui potevo parlarne.
resto in silenzio senza saper cosa dire.
J: abbiamo fatto testa o croce.
torno con gli occhi su di lui.
J: io devo disfarmi del cadavere e lui deve uccidere quello rinchiuso nel mio seminterrato.
io: e lui... lui l'ha già...
chiedo sentendo il battito cardiaco aumentare.
J: no. è per questo che mi sono incazzato con lui e ho ignorato la sua imposizione di non vederti più. io ho già fatto il mio lavoro, ma lui no.
io: quindi se non ti fossi incazzato non ci saremmo più visti?
lui sorride e mi scruta con la coda dell'occhio.
J: ti sarebbe dispiaciuto?
io: può darsi.
lui sbuffa.
J: ti va se andiamo a casa mia?
io: senza offesa, ma hai uno spacciatore rinchiuso nella tua cantina pronto per l'esecuzione della quale lui non sa niente, quindi, ora ti do un momento per rivalutare la tua domanda. fatto? bene, poni la tua domanda adesso.
lui ride.
J: sei pazza.
io: tu ti sei liberato di un cadavere e sarei io la pazza?
J: touchè.
rido.
io: potremmo andare a casa mia.
J: è un invito?
chiede malizioso.
io: a quanto pare.
affermo stringendomi nelle spalle.
J: beh, perché no?
ci alziamo e camminiamo fino a casa mia. quando arriviamo lui si siede sul suo solito posto del divano e io mi avvicino alla credenza, dove ci sono gli alcolici.
io: di erba non ne ho, ma in compenso ho... una bottiglia di vodka alla fragola e due di tequila. ne vuoi?
J: no grazie, stasera ti voglio sobria. così se ti verrà un irrefrenabile desiderio di avermi, non potrò dare la colpa alla droga o all'alcol.
io: tranquillo, non mi verrà nessun irrefrenabile desiderio.
dico girandomi verso di lui e sorridendogli sarcastica.
J: ieri non sembrava così.
io: ieri non è successo assolutamente nulla. comunque, ti va se ordiniamo delle pizze e ci guardiamo un film?
J: vada per le pizze e il film.
chiamo la pizzeria e ordino da mangiare, mentre Jesse sceglie il film, poi vado in cucina e prendo due birre dal frigorifero, quando torno in soggiorno Jesse sta ancora scorrendo i film con il telecomando.
io: di questo passo passeremo la serata a sfogliare tutto Netflix.
dico sedendomi in parte a lui e ricevendo una spallata come risposta.
J: ho anche io i miei tempi ragazzina.
io: oppure, non hai la minima idea di che genere di film scegliere.
dico quasi ridendo, lui mi guarda e sta un po' in silenzio.
J: ok, beh, scegli tu ok? io vado a pisciare.
dice per poi alzarsi e lanciandomi il telecomando sulle gambe, io scoppio definitivamente a ridere.
io: il bagno è la porta infondo al corridoio.
dico per poi cominciare a scorrere i film, la maggior parte di questi li ho già visti, alla fine scelgo "Veronica", è un film horror che parla di un'adolescente che dopo una seduta spiritica sospetta che una forza malvagia sia entrata nel suo appartamento.
J: l'hai scelto?
io: sì.
affermo soddisfatta.
J: beh sei stata...
cerca nella sua mente una parola adeguata, mentre guarda la copertina del film.
io: veloce?
chiedo ancora divertita per la sua indecisione di poco fa.
J: volevo dire brava, mi piace questo genere di film.
afferma per poi sedersi vicino a me, proprio in quel momento suona il campanello.
io: sono le pizze!
dico alzandomi di scatto, sto morendo di fame! prendo i soldi appoggiati sullo scaffale vicino alla porta e poi apro. il fattorino è un ragazzo alto e biondo, appena mi vede mi fa un sorriso smagliante e mi da le pizze.
Fattorino: sono dodici e settanta.
io gli do i soldi e poi rientro e appoggio le pizze sul tavolino del soggiorno. Jesse prende la sua pizza e inizia a trangugiarla come se non ci fosse un domani.
io: sì vabbè ma stai calmo.
affermo ridendo.
J: ho fame.
dice a bocca piena facendo ridere entrambi.
io: ok.
dico alzando le mani in segno di resa per poi far partire il film.
durante la visione di Veronica ci annoiamo entrambi, non fa paura, mette solo un po' di ansia. finita la pizza lascio il cartone sul tavolino e mi sdraio sul divano appoggiando la testa al bracciolo e alzando le ginocchia per poi appoggiarle allo schienale, mentre guardo un film mi metto sempre così. dopo un po' mi addormento, probabilmente a causa del film che non mi piace, certo che io i film li scelgo proprio bene.

quando mi sveglio è già mattina, la mia sveglia suona, sono le sette in punto. sono nel mio letto e dalle tapparelle entrano degli spiragli di luce, sento il profumo di uova strapazzate e bacon, mi alzo e seguo l'aroma fino alla cucina, dove trovo Jesse ai fornelli.
J: buongiorno ragazzina.
sorrido.
io: wow... mi stai davvero preparando la colazione o sto sognando?
J: mi sono svegliato presto e non avevo niente da fare, non abituartici.
io: neanche per sogno.
dico sedendomi al tavolo, poco dopo Jesse mi mette davanti un piatto e una tazza di caffè, comincio subito a mangiare. se lunedì mi avessero detto che mi sarei fatta preparare la colazione dal ragazzo che mi ha puntato una pistola alla testa, probabilmente non ci avrei creduto. Jesse si siede di fronte a me e comincia a mangiare anche lui, io lo guardo. ha i capelli tutti alzati, probabilmente non ha ancora avuto tempo di guardarsi allo specchio. il livido sull'occhio non da ancora nessun segno di volersene andare, e neanche il gonfiore.
J: che hai da guardare?
chiede alzando lo sguardo.
io: ti fa ancora male?
chiedo facendo dei gesti verso il mio occhio.
J: un po', ma ieri era molto peggio.
io: ci hai messo qualcosa sopra? non so, una crema o qualcosa del genere... dovrei avere qualcosa in bagno.
J: non preoccuparti, sto bene.
annuisco poco convinta.
J: andrò dai miei per qualche giorno.
afferma dopo qualche minuto di silenzio.
io: ah, bello. dove abitano?
J: dall'altra parte della città, quindi se non mi vedi in giro non devi preoccuparti.
io: perché pensi che potrei preoccuparmi?
J: sembravi preoccupata ieri, dopo che ho picchiato il tuo ragazzo.
sospiro.
io: quante volte te lo devo dire che non è il mio ragazzo?
J: quante volte te lo devo dire che non m'importa?
alzo gli occhi al cielo.
io: dammi il tuo cellulare.
J: cosa?
io: dammi il tuo cellulare.
dico porgendogli la mano.
J: perché?
io: tu dammelo e basta.
lo prende dalla tasca e lo mette sul tavolo, lo prendo e poi lo maneggio un po'.
io: ecco fatto.
dico ridandoglielo.
io: ora hai il mio numero, quando torni da queste parti fammelo sapere.
dico sorridendo e lui sbuffa mettendosi in tasca il telefono.
io: se vuoi ti do uno strappo a casa prima di andare a scuola.
J: d'accordo.
io: aspettami qui.
mi alzo e metto nel lavandino il piatto e la tazza, poi mi faccio una doccia veloce e mi lavo i denti. come al solito a venti alle otto ho finito di prepararmi.
io: ecco, sono pronta!
dico uscendo dalla mia camera.
J: ce ne hai messo di tempo!
io: hai fretta?
J: no.
io: bene, allora non lamentarti.
prendo lo zaino e le chiavi dell'auto e poi lo porto a casa sua.
J: non male per una ragazza.
dice riferendosi alla mia guida, io alzo gli occhi al cielo.
io: dai, scendi. mi farai arrivare in ritardo.
lui ridacchia e poi scende.
J: ci si vede.
gli faccio un cenno con il capo e poi parto. lungo il tragitto per arrivare a scuola, comincio a chiedermi se è una buona idea andarci, insomma, Jesse ha picchiato Kiran e ora tutta la scuola sarà contro di me, grandioso.
appena arrivo parcheggio l'auto al mio solito posto, scendo e tutti mi fissano, ho sempre odiato essere fissata.
io: volete anche un autografo magari?
chiedo irritata e loro spostano lo sguardo, così entro a scuola e vado al mio armadietto.
A: ehi...
sposto lo sguardo e mi trovo Alex davanti.
io: ah, quindi ora siamo di nuovo amiche?
chiedo ironica. lei non risponde.
io: senti, se sei qui per quello che è successo ieri, mi dispiace. non pensavo, e sopratutto non volevo che Jesse reagisse in quel modo, anche se se l'è meritato, mi dispiace per la faccia di Kiran. ora che lo sai, puoi andarglielo a riferire.
A: Zoe...
io: cosa? Zoe cosa? ieri non mi hai parlato per tutto il giorno, sei rimasta con Kiran, e mi va bene ok, posso capirlo, eravate amici prima che io arrivassi. ma ieri pomeriggio... non hai mosso un muscolo quando Kiran e i suoi amici mi hanno presa per il culo, mi hanno dato della troia davanti a tutti e tu non hai fatto niente. se non ci fosse stato Jesse probabilmente avrebbero continuato a insultarmi. quindi scusa se ora sono un attimo irritata dal tuo comportamento, ma non me l'aspettavo. sei l'unica amica che ho, e pure tu mi hai delusa.
lei ascolta le mie parole senza fiatare.
A: hai... hai ragione. ho sbagliato, lo so. avrei dovuto dirgli di smetterla, mi dispiace. è solo che io e Kiran ci conosciamo da quando eravamo piccoli, si sarebbe offeso se ti avessi difesa, e non sapevo se tu mi avresti comunque perdonata.
sospiro.
io: in poche parole, preferisci lui a me.
dico per poi sbattere lo sportello dell'armadietto, lei sussulta.
A: no... non intendevo questo...
io: senti, non fa niente. ora devo andare in classe.
faccio per andarmene ma lei mi ferma.
A: aspetta...
io: che c'è?
A: mi dispiace, davvero, non sai quanto mi dispiace. non ci sono parole per scusarmi per il mio comportamento, ma in quel momento non ci ho pensato, solo ora capisco che Kiran ha sbagliato a insultarti in quel modo. ti prego, possiamo fingere che non sia mai accaduto e tornare ad essere quelle di sempre?
ragiono sulle sue parole, sembra sincera. le sorrido e poi l'abbraccio.
io: mi sei mancata.

Qualcosa Per Cui DrogarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora