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passano due settimane, e come detto, mia madre mi ha bloccato tutti i conti e le carte di credito. non spreca fiato per minacce che non mantiene, e questo lo so bene.
mi sono trovata un lavoro, non guadagno molto ma è meglio di niente, in un bar infondo alla strada. mentre aspetto il primo stipendio, è Jesse a pagare tutto, vuole sdebitarsi con me per averlo ospitato fino ad ora, non posso lamentarmi, non ci fa mancare nulla, ma è pur sempre casa mia e non posso permettere che paghi per sempre lui, per questo ho cominciato a lavorare.
torno a casa tardi quasi tutte le sere, inclusa stasera. sono quasi le due di notte e sto percorrendo la via di casa mia, mancano tre case e c'è la mia. sento dei passi dietro di me e mi giro di scatto, trovandomi a pochi centimetri da un uomo incappucciato. non esito un attimo e gli tiro un pugno, che prontamente lui schiva.
...: ehi tesoro, rilassati.
questa voce...
io: Victor?
lui si toglie il cappuccio e mi sorride.
V: un po' aggressiva oggi?
sospiro.
io: che diavolo ci fai qui?
V: beh... mi mancavi.
io: e quindi ti metti un cappuccio e mi pedini quando torno dal lavoro?
chiedo seccata.
V: non dovresti tornare a casa da sola a quest'ora, se non fossi stato io? non penso che quel pugno avrebbe steso qualcuno.
io: è colpa tua se mi trovo in questa situazione. se non fossi andato da mia madre, lei non sarebbe venuta qui e non mi avrebbe tolto tutto.
V: lo so, mi dispiace... non credevo che sarebbe arrivata a tanto, è per questo che sono qui.
io: se sei qui per elemosinare, vai via, non li voglio i tuoi soldi.
V: io voglio solo aiutarti...
io: grazie ma, no grazie. io e Jesse ce la caviamo benissimo anche senza di te.
lui stringe i pugni.
V: ma certo, preferisci usare i suoi soldi sporchi che guadagna illegalmente spacciando, piuttosto che accettare i miei che ho sudato onestamente.
io: sudato? stando dietro una scrivania?
alzo le sopracciglia.
io: senti, tu non sai proprio un bel niente di Jesse, e credo che tu non sappia proprio niente anche di me, non so neanche perché ti sto ancora parlando. ma il punto è che non puoi, tu non hai il diritto di venire qui e lanciare accuse. tu non hai il diritto proprio di niente.
lui sospira.
V: ok, Zoe non sono qui per litigare di nuovo con te, sono qui per scusarmi. e so che non basta, ma non so che altro fare, tu non mi ascolti, ma ti giuro Zoe, se potessi tornare indietro...
io: non puoi.
affermo sorridendo e alzando le spalle per cercare di non piangere.
V: Zoe...
fa per avvicinarsi ma io lo fermo.
io: io ti amavo Vic, davvero. e credo di amarti ancora... ma non posso perdonarti, non ci riesco.
V: lo so... lo capisco. so di essere stato un coglione, uno stronzo... e non ti merito. ma permettimi di starti vicino e di esserti amico, non riesco a fare a meno di te.
io: non posso fingere che tutto questo non sia mai successo...
V: e io non ti sto chiedendo di farlo. solo dammi un'altra possibilità, dammi la possibilità di farti vedere che sono davvero pentito. lasciami far parte della tua vita, non come prima certo, ma vediamoci qualche volta, parliamo, facciamo cose che farebbero dei buoni amici, come prima di metterci insieme, ti ricordi?
me lo ricordo bene, era il mio migliore amico, poi non so cosa sia successo, lui è cambiato, forse per colpa del suo lavoro nell'azienda di mia madre, non so.
io: ho bisogno di tempo Victor...
V: sì, capisco.
afferma annuendo.
V: posso chiederti solo una cosa?
io: sì.
V: puoi abbracciarmi?
sorrido involontariamente e sprofondo tra le sue braccia, ci stringiamo per non so quanto tempo, mi era mancato il suo profumo.
lascio che mi accompagni fino a casa e una volta arrivati, sul portico ci salutiamo.
io: grazie.
mi metto le mani nelle tasche posteriori dei jeans.
V: per cosa?
chiede sorridendo.
io: per avermi riaccompagnata.
V: grazie a te.
dice mordendosi il labbro inferiore, mi sta guardando come faceva quando mi spogliava, abbasso lo sguardo imbarazzata. all'improvviso la porta d'ingresso si apre e io mi giro.
io: Jesse... ciao.
lui guarda me, Victor e poi di nuovo me, confuso.
J: che cazzo ci fa lui qui?
io: mi ha riaccompagnata.
J: ora ti serve la scorta?
lo fisso, ha una birra in mano, ha bevuto un po' troppo.
io: era solo nei paraggi, e tu sei ubriaco.
J: sì e quindi? di certo non mi scopo le mie colleghe di lavoro.
V: che cazzo hai detto stronzo?
io: ehi, calmo.
dico mettendo una mano sul petto di Victor per fermarlo prima che cominci una rissa.
io: Jesse entra, adesso arrivo.
J: no, non ti lascio qui da sola con lui. aspetto.
sospiro e guardo in alto, poi mi giro verso Victor.
V: sei sicura di voler dormire qui? è ubriaco fradicio, potrebbe...
io: sì, sono sicura. come ti ho già detto prima, tu non conosci Jesse.
perché pensano tutti che Jesse possa picchiarmi? che urto.
lui annuisce e abbassa lo sguardo.
V: per qualsiasi cosa chiamami, ci metto solo dieci minuti ad arrivare.
io sbuffo ridendo.
io: starò bene, non preoccuparti.
lui sorride.
V: d'accordo, allora ci vediamo.
appoggia una mano sul mio braccio e mi bacia sulla guancia, poi se ne va. io mi giro e Jesse mi sta guardando malissimo.
io: non credevo che mi avrebbe...
lui rientra senza dire nulla, io lo seguo e chiudo la porta.
io: ora mi spieghi cosa ti è preso?
J: forse dovresti spiegarmi tu qualcosa, che cazzo ci facevi con lui?
io: te l'ho detto, mi ha riaccompagnata qui.
J: ok ma perché? se avevi paura a tornare da sola potevi chiamarmi!
io: non gliel'ho certo chiesto io!
dico lasciando cadere la borsa sul pavimento.
J: ah no? beh sembrava il contrario da come vi guardavate.
io: ma di cosa parli? e poi da quando sei così geloso?
J: da quando la mia ragazza si fa riaccompagnare a casa dal suo ex, forse?
alzo gli occhi al cielo.
io: non gliel'ho chiesto io! come devo fartelo capire?!
J: non ho più voglia di sentirti, me ne vado in camera!
io: cosa? eh no! adesso mi spieghi perché diavolo sei ubriaco!
lo seguo ma ricevo soltanto una porta in faccia, sussulto e poi sbatto il pugno sul legno bianco.
io: stronzo!
ci mancava solo questa, torno a casa dopo una serata stancante di lavoro e mi ritrovo a dover litigare con Jesse, per cosa poi?!
vado in camera mia e crollo stanchissima sul letto.

quando mi alzo la mattina dopo, Jesse è seduto in cucina a fare colazione.
io: buongiorno.
dico andando a versarmi il caffè ancora caldo, per poi sedermi in parte a lui.
J: buongiorno...
io: ti sei ripreso?
J: ho ancora mal di testa.
annuisco e bevo un sorso del caffè.
io: puoi spiegarmi cosa ti è preso ieri sera?
J: scusa... mi sono comportato da idiota. non avrei dovuto urlarti contro, mi dispiace tanto.
io: non parlo di quello, perché ti sei ubriacato?
lui sospira.
J: avevo bisogno di non pensare per un po'.
io: perché? è successo qualcosa con Walter?
J: no... si tratta di noi due.
rimango spiazzata.
io: noi due?
lui annuisce.
io: non capisco... a me sembra che vada tutto bene...
J: quindi non hai percepito nulla di strano?
io: no... avrei dovuto?
sospira ancora.
J: ti sento lontana, Zoe. da quando è venuta tua madre non è più la stessa cosa. sei sempre fuori casa, non passiamo mai del tempo insieme, ci vediamo a malapena.
io: io lavoro.
J: non si tratta solo del tuo lavoro, anche quando sei a casa è come se non ci fossi. e poi Victor, perché è venuto a prenderti al lavoro?
io: voleva scusarsi...
J: ok, si è già scusato, ancora? e non dirmi che l'hai perdonato.
abbasso lo sguardo, colpevole.
J: l'hai perdonato?
chiede basito.
io: io non l'ho proprio perdonato... stiamo solo cercando di essere amici...
J: amici?! lui ti ha tradita cazzo!
io: lo so, ma prima di essere il mio ragazzo era anche il mio migliore amico. avevamo un legame forte, e so che può sembrare strano e difficile da capire, ma una cosa così non finisce facilmente.
J: facilmente? lui ti ha tradita più di una volta, ti sembra poco?
io: no, hai ragione. ma non posso fare a meno di perdonare le persone che mi hanno fatto del male, tu lo sai bene.
lui sbuffa.
J: vedi? è di questo che parlo.
si alza ed esce dalla stanza, io fisso il mio caffè. dopo una decina di minuti sento la porta d'ingresso aprirsi e poi chiudersi, mi alzo di scatto ed esco.
io: dove stai andando ora?
chiedo sporgendomi dalla porta.
J: da Walt.
io: e quando torni?
J: non lo so.
dice per poi salire in macchina. è incazzato, quindi posso anche scordarmi che torni per le prossime ventiquattr'ore. sospiro e rientro in casa, forse farmi riaccompagnare da Victor non è stata una buona idea, ma di certo non potevo immaginare che Jesse si sarebbe arrabbiato così.
mi siedo sul divano e accendo la tv, all'improvviso mi squilla il telefono, è Victor.
io: pronto?
V: ehi... ciao... sono io.
annuisco rendendomi conto solo dopo che lui non può vedermi.
V: ti andrebbe di andare a prendere un gelato?
io: un... gelato?
V: sì.
io: noi due...?
V: sì.
io: ma tu odi il gelato.
V: lo so... vorrà dire che lo mangerai tu e io ti guarderò.
io: senti, non credo che sia il caso...
V: perché? quel Jesse ti ha fatto qualcosa? ti ha minacciata?
io: no! ma che dici? è solo che ieri abbiamo litigato e stamattina se n'è andato...
sospiro.
io: e io non dovrei parlarti di questo.
V: e invece sì, siamo amici giusto? me ne puoi parlare.
io: ti ho detto che ho bisogno di tempo...
V: è solo un'uscita Zoe, ho capito che ora stai con lui, non farò stronzate, te lo prometto.
sospiro.
io: d'accordo, vediamoci tra un'ora davanti al bar dove lavoro.

Qualcosa Per Cui DrogarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora