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passa più di una settimana e non ho più visto né sentito Jesse, ho avuto molto da fare tra la scuola e la casa, quindi non ho avuto tempo per andarlo a trovare.
sono circa le cinque del pomeriggio e sono sdraiata sul divano con la televisione accesa su un programma di cucina che non sto ascoltando, quando mi arriva una chiamata, prendo il telefono e vedo un numero che non ho salvato in rubrica, rispondo.
io: pronto?
...: ciao ragazzina, ti va una cena? offro io.
io: Jesse?
J: e chi altri?
io: non ti fai sentire per giorni e poi spunti così chiedendomi di uscire a cena?
chiedo divertita.
J: anche tu non ti sei fatta sentire.
io: posso ricordarti che non avevo il tuo numero?
dico ridendo.
io: comunque, sarebbe un appuntamento?
J: non lo so, se vuoi che lo sia...
io: beh, dove vuoi portarmi?
J: è una sorpresa, posso solo dirti che devi vestirti elegante, e beh, perché no, anche un po' provocante.
dice sghignazzando.
io: posso vestirmi elegante, ma non credere che mi metterò in tiro per te.
J: però elegante ti ci metteresti.
io: sì, per le altre persone che ci saranno in questo fantomatico posto.
lui ridacchia.
J: è gradito un vestito, passo a prenderti alle otto.
dice per poi riattaccare.
guardo l'orologio, le cinque e mezza, mi alzo dal divano e vado a farmi una doccia. mentre sono sotto il getto d'acqua provo a pensare a quale vestito potrei mettere, ma senza risultati.
finita la doccia vado in camera, mi asciugo e poi comincio a mettere a soqquadro la stanza per trovare un vestito decente, alla fine opto per un tubino nero che mi arriva poco sotto le cosce, con le maniche semitrasparenti e decorate in pizzo. lo abbino a dei tacchi neri chiusi e ad una pochette nera a tracolla. (l'outfit in foto).

mi piastro i capelli e mi trucco un po'

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mi piastro i capelli e mi trucco un po'.
una decina di minuti prima delle otto, il campanello suona, vado ad aprire e appena vedo Jesse non credo ai miei occhi. è appoggiato allo stipite della porta con le mani in tasca e... ha addosso uno smoking!
io: chi sei tu? cosa ne hai fatto del mio Jesse?
lui ride e si allarga la cravatta.
J: tuo?
alzo gli occhi al cielo e lo faccio entrare, lui non mi toglie gli occhi di dosso, esamina ogni centimetro del mio corpo con un'attenzione maniacale, è in certi momenti che vorrei avere una coperta addosso.
J: certo che anche tu non sei niente male, anzi...
dice leccandosi il labbro inferiore mentre toglie una mano dalla tasca e se la passa tra i capelli.
io: ok, ehm... grazie, però potresti distogliere un attimo lo sguardo dal mio seno e guardarmi negli occhi quando mi parli?
lui ridacchia colto sul fatto e io sbuffo.
io: aspettami sul divano, finisco di prepararmi e arrivo.
vado in camera e mi spruzzo un po' di profumo, poi metto nella pochette il cellulare, le chiavi e il portafoglio e torno da Jesse.
io: possiamo andare.
lui si avvicina e mi mette una mano dietro la schiena avvicinandosi al mio collo.
io: ma che diavolo...?
J: mhh, buono, cos'è? Versace?
io: no, Channel.
dico appoggiandogli le mani sulle spalle e allontanandolo, lui sorride divertito e va alla porta.
J: allora? non abbiamo tutta la serata.
lo seguo alla macchina, lui mi apre la portiera del passeggero.
J: prego signorina.
io sorrido.
io: cosa ti sei fumato esattamente?
lui scoppia a ridere chiudendo la portiera e andando al posto del guidatore.
J: goditi questa serata ragazzina, non mi rivedrai in smoking tanto presto.
io: l'avevo immaginato.
dico prima che l'auto sfrecci lungo la via.
andiamo in centro, in uno dei quartieri più "in" della città e si ferma davanti al ristorante italiano più costoso della via.
io: tu sei totalmente fuori di testa!
affermo appena vedo un sorriso beffardo sul suo volto.
il parcheggiatore ci viene in contro e mi apre la portiera.
io: grazie...
dico imbarazzata, Jesse fa il giro dell'auto e da le chiavi al parcheggiatore.
J: trattamela bene, è la mia bambina.
dice con aria da riccone arrogante che per poco non scoppio a ridere.
Parcheggiatore: sì, signore.
Jesse mi porge il braccio.
J: vogliamo andare?
annuisco prendendolo a braccetto, entriamo e un cameriere ci viene subito in contro.
J: salve, ho prenotato a nome di Jesse Pinkman.
Cameriere: ma certo signor Pinkman, seguitemi.
mentre camminiamo dietro il cameriere mi guardo intorno, questo ristorante è gigantesco e tutto decorato d'oro. tutti i clienti sembrano grandi uomini d'affari, sono tutti in giacca e cravatta e le loro accompagnatrici sono altrettanto eleganti. mi sento così fuori posto, oltre il fatto che sono tutti così belli e importanti c'è anche il fattore età a farmi sentire una formica, tutte queste persone avranno più del doppio della mia età.
il cameriere mi tira indietro la sedia per farmi accomodare e io lo ringrazio, mentre guardo Jesse sedersi di fronte a me. siamo in un angolo un po' appartato della sala e vicino a noi c'è una grande finestra con vista su tutta Albuquerque.
Cameriere: vi lascio il nostro menù, mentre scegliete posso portarvi una bottiglia di vino?
J: ehm... sì grazie.
Cameriere: avete qualche preferenza?
J: no... scegli tu, sorprendimi.
dice sorridendo, il cameriere annuisce e appoggia i menù sul tavolo per poi andarsene.
io: non sapevo che potessi avere un lato così...
J: regale?
chiede togliendomi le parole di bocca, io annuisco.
J: ho fatto esercizio.
sorrido divertita.
io: sai che vestito così sembri un piccolo imprenditore?
dico ridendo.
J: sì, beh, lo so.
afferma ridendo anche lui.
io: è tutto bellissimo... davvero.
affermo fissando il tovagliolo davanti a me sentendomi in imbarazzo.
J: ehi, perché fai quella faccia? tra i due dovrei essere io quello a disagio, non credi? per tutto questo tempo abbiamo giocato nel mio territorio, pensavo che farti tornare un attimo nel tuo mondo ti avrebbe fatto piacere.
io: nel mio mondo?
chiedo confusa.
J: sì, fatto da abiti eleganti, gente importante e ristoranti lussuosi.
io scoppio a ridere.
J: che hai da ridere?
io: tu non hai capito proprio niente!
J: di cosa parli? tua mamma non è...
io: sì. ma io ho sempre cercato di tirarmi fuori da queste cose...
J: come?
è senza parole.
io: da bambina mi portava sempre con lei ai suoi eventi importanti, ma mi sentivo... fuori posto, sopratutto dopo il divorzio dei miei. quindi dopo i dieci anni ho smesso di andarci, volevo essere una bambina... normale, suppongo.
lui mi guarda senza dire nulla.
io: ovviamente questo non ha fermato mia madre, per alcune feste mi obbligava proprio ad andarci.
dico alzando gli occhi al cielo.
J: wow... beh, mi stai dicendo che ho fatto tutto questo per niente?
chiede tra il basito e il divertito.
io: no, a me piace tutto questo, dico sul serio. solo che non voglio che tu pensi che io viva così, tra il lusso e la galanteria. insomma... mi hai visto anche tu, sono tutto tranne che questo.
J: ehi, rilassati. scherzavo.
dice prendendomi la mano.
J: da come ne stai parlando sembra che mi interessino solo i tuoi soldi.
dice ridendo.
io: no, cristo! non intendevo...
arriva il cameriere e ci versa uno Chardonnay del '96.
io: sto rovinando tutto, cazzo scusa...
le ultime due parole mi vengono così naturali, solo dopo mi rendo conto che il cameriere mi sta guardando malissimo, appena si allontana io guardo Jesse che si sta trattenendo dalle risate, scoppiamo entrambi a ridere per la pessima figura che ho appena fatto.
J: sì, decisamente questo non è il tuo mondo.
afferma continuando a ridere.
J: che ne dici di brindare?
io: sì, è un'ottima idea.
dico convinta che un po' di vino mi rilasserà e la smetterò di sparare cazzate.
io: e a cosa brindiamo?
J: a noi, alla nostra amicizia, e alla speranza di una vita piena di sorprese.
io: però, oltre a donarti, quel completo ti rende anche un poeta.
dico ridendo subito prima di brindare e bere un sorso di vino.

Qualcosa Per Cui DrogarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora