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vado a trovare Jesse una settimana dopo, da quando è uscito dall'ospedale vive nel suo camper, messo in un parcheggio pubblico che però non usa nessuno perché è troppo in periferia perché qualcuno parcheggi lì.
busso e poi entro, è sdraiato sul divano a petto nudo, ha ancora la fasciatura sul torace.
io: ehi...
appena sente la mia voce fa per alzarsi ma io mi affretto a rimetterlo giù, per poi sedermi vicino a lui.
io: non serve che ti sforzi, come stai?
J: potrebbe andare meglio.
dice spostandosi per farmi più spazio, si porta una mano sulla fasciatura e mugugna dal dolore.
J: Skinny mi ha detto che quando hai visto White entrare in stanza hai dato di matto e sei uscita di testa.
io: sì beh... ero un po' arrabbiata...
J: un po'? mi ha raccontato che non riusciva a tenerti ferma, ti è servito un calmante per rilassarti.
dice divertito.
non ha idea di quanto vorrei baciarlo in questo momento, e ogni volta che sorride.
io: ok, è vero, forse ho fatto la pazza. ma prova a metterti nei miei panni, è colpa sua se sei andato da Tuco... e appena l'ho visto non ho ragionato.
J: ahh, non sai cosa avrei dato per vederti così.
alzo gli occhi al cielo. all'improvviso si apre la porta del garage e sale il signor White, non l'ho più visto da quel giorno in ospedale, ho cercato di evitarlo il più possibile, anche a scuola. solo ora vedo che si è rasato a zero i capelli, beh, non sta malissimo devo dire.
entra e si avvicina a noi, mi lancia un'occhiata che non riesco ad interpretare e poi passa a Jesse.
Sig. W: non riesco mai a beccarti un attimo solo.
dice chiaramente sperando che io me ne vada.
Sig. W: come ti senti?
J: sono messo male, come te.
fa un pausa e poi ride.
J: cavolo, così somigli a Lex Lutor!
dice indicando la testa.
Sig. W: sono venuto a trovarti in ospedale, ma stavi dormendo.
J: mi hanno detto che hai voluto l'indirizzo di Tuco. e che sembravi assetato di sangue. se sei ancora vivo, vuol dire che non ci sei andato.
Sig. W: no... ci sono stato.
J: tutte balle! non puoi essere andato, davvero, da Tuco.
dice alzando il busto appoggiandosi alla parete mentre il signor White gli porge una busta gialla.
Sig. W: tieni.
Jesse la prende e tira fuori un casino di soldi.
Sig. W: sono diciassettemila e cinquecento. la tua metà dei trentacinque più un'aggiunta di quindicimila. tutti soldi tuoi, te li meriti.
Jesse guarda esterrefatto tutto quel denaro.
J: questi te li ha dati Tuco?
Sig. W: sì.
J: quindi Tuco ti ha, pagato? vorresti dirmi questo?
Sig. W: ci siamo accordati.
J: vi siete accordati?!
geme dal dolore alzandosi a fatica e io lo aiuto, si appoggia ai fornelli e io gli rimango vicino.
Sig. W: sì.
J: ma, ma come hai potuto trovare un accordo con quella bestia?!
dice arrabbiandosi.
J: dopo quello che mi ha fatto?!
dice indicandosi la fasciatura.
Sig. W: noi e Tuco possiamo fare ottimi affari insieme, e siamo giunti ad un accordo.
sgrano gli occhi e guardo il signor White.
J: scordatelo, non faccio nessun accordo con quello!
io: ma sei pazzo?! l'ha quasi ucciso! Jesse non farà nessun accordo con nessuno ok?
Sig. W: e tu che c'entri? può decidere da solo se stare dentro o fuori, non ha bisogno della badante.
cerco di trattenermi, inutilmente, vado fuori di testa quando vengo trattata male.
io: qui non si tratta di te, o di me, si tratta di Jesse! Tuco l'ha già picchiato a sangue una volta, cosa gli impedisce di finire il lavoro appena se lo ritroverà davanti?!
sbotto avvicinandomi a White. non avrei mai immaginato che avrei parlato in questo modo ad un mio professore.
lui sospira e guarda Jesse, quest'ultimo mi mette una mano sulla spalla e mi tira indietro, vicino a lui.
Sig. W: guarda i soldi che hai in mano. prova ad immaginare di incassarne altrettanti, ogni settimana.
Jesse guarda i soldi e appena sente le parole "ogni settimana", guarda White. non può farsi convincere in questo modo.
Sig. W: proprio così. un chilo alla settimana a settantamila dollari a chilo.
J: senza consultarti con me hai detto a quel... a quel pazzo, drogato e fulminato, assassino criminale; che noi due, gli avremmo consegnato un chilo a settimana?
Sig. W: ce la possiamo fare, basterà soltanto lavorare qualche ora in più.
J: non è un problema di lavoro in più, ma di prodotti chimici! come ce li procuriamo?
White scuote la testa.
J: credi che il sottoscritto abbia la bacchetta magica? ci metto una settimana a rimediare la roba! devo arrivare fino a Las Cruces, che è a trecento chilometri, per fare l'ordinazione ai miei puffi.
Sig. W: ai tuoi puffi? chi sono?
J: quelli che si girano decine e decine di farmacie e in ognuna si comprano qualche scatola della roba che poi vendono a me. e sono quantità con cui si potranno fare duecento grammi di cristalli, questo non l'hai previsto nel tuo grandioso piano industriale!
comincia a tossire e io gli appoggio una mano sulla spalla.
io: Jesse, te l'ho detto, non sforzarti...
White sospira.
Sig. W: HO CAPITO!
risponde seccato dall'impertinenza di Jesse, come se fosse lui il problema.
J: te l'avrei detto subito se ne avessi parlato prima con me!
appoggia i soldi sopra un mobiletto, stiamo tutti zitti per un po', ha smorzare il silenzio è il mio cellulare che squilla, è Alex. merda, mi ero totalmente dimenticata del nostro appuntamento.
io: cazzo... io devo andare. se hai bisogno di qualsiasi cosa chiamami.
prendo il mio zaino, gli lascio un bacio sulla guancia e poi esco rispondendo al telefono.
io: ehi, pronto?
A: ma dove sei finita?! è mezz'ora che ti aspetto davanti al bar!
io: sì, scusa, sto arrivando, davvero. cinque minuti e sono lì.
A: d'accordo ma sbrigati, sono stanca di aspettare.
riattacco ed entro in auto, metto in moto e corro fino in centro, al bar dove ci siamo date appuntamento.
A: alla buon'ora! non ci speravo più!
dice quando esco dalla portiera.
io: scusa, ero da Jesse e ho perso la cognizione del tempo.
dico mentre la abbraccio per salutarla.
A: Jesse eh?
io: sì, beh, te l'ho detto che è stato in ospedale... sono andata a vedere come stava.
A: sì ma non ho ancora capito perché ci è finito, in ospedale.
dice mentre ci sediamo al tavolo.
io: ha fatto rissa con dei tipi in un bar, non so i dettagli.
affermo cercando di sminuire la cosa. ho detto più bugie ad Alex, nelle ultime settimane, che in tutta la mia vita.
lei sospira.
io: che c'è ora?
A: è solo che... non so, mi sembra un tipo violento. prima la storia con Kiran e ora questo... magari è carino con te, non lo metto in dubbio, ma i tipi come lui potrebbero impazzire da un momento all'altro.
io: no... non hai capito... non è stato lui a cominciare la rissa, l'hanno picchiato senza un vero motivo... lui ha provato a difendersi, ma erano in maggioranza. lui non è un tipo violento. ha tirato un pugno a Kiran solo perché mi aveva preso in giro e si è incazzato, ma lui non è così, davvero.
A: è la stessa cosa che dicono le mogli con mariti violenti, li difendono.
dice facendo a pezzettini un tovagliolino di carta.
io: cosa?
A: io non lo conosco, magari hai ragione tu... ma mi preoccupo per te. non voglio che da questo, poi passeremo alle solite frasi come "ehi, ma come te lo sei fatta quel livido?", e tu che rispondi "sono solo caduta dalle scale".
io sbuffo, non ci credo che sta dicendo certe cose su Jesse.
io: infatti, tu non lo conosci, quindi non puoi permetterti di giudicarlo basandoti su avvenimenti casuali. e mi fa molto male che tu possa pensare una cosa del genere su di me, credi davvero che potrei frequentare gente del genere? credi sul serio che se Jesse mi picchiasse non lo direi a qualcuno?
A: io non intendevo...
Cameriera: ciao, ragazze, volete ordinare?
chiede tutta sorridente, io sospiro.
io: un mojito, grazie.
rispondo seccata.
A: io prenderò uno spritz.
Cameriera: va bene, grazie.
dice per poi andarsene.
A: mi dispiace, non avrei dovuto dire quelle cose... hai ragione, non lo conosco, non posso dire nulla. scusa.
io: non fa niente, l'importante è che hai capito.
lei annuisce.
A: beh, come sta ora? è migliorato?
questo suo interessamento mi fa piacere, sorrido.
io: sì, ha ancora qualche dolore al torace, ma per il resto sta bene.
passiamo il resto del pomeriggio a parlare di Jesse e della scuola, ci salutiamo verso le cinque e torno a casa.
sono felice che ogni volta che non ci troviamo d'accordo su qualcosa, invece di litigare ci chiariamo, non so proprio come farei senza di lei.

Qualcosa Per Cui DrogarsiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora