Buongiorno! Come state? Capitolo 27 e quasi 4000 visualizzazioni... GRAZIE di cuore a tutti!!! Vi lascio con un capitolo di Anna piccolina, capitolo molto, molto importante per me... fatemi sapere cosa ne pensate!
Buona giornata e buona lettura!
Domenica, 19 luglio 1992 (Anna, 13 anni)
Ricordo quella domenica come una delle più sconcertanti della mia vita. Era caldo, stavamo facendo il solito giro in moto, avevamo riso, ci eravamo divertiti, ci eravamo fermati alla solita baita a mangiare il panino con il formaggio che mi piaceva tanto e sembrava che tutto andasse per il meglio, sembrava che fosse una delle solite domeniche in cui tornavamo a casa stanchi ma contenti... sembrava. "Sembrava" era la parola chiave di tutta quella domenica perché l'avevamo capito subito, entrando in gelateria, che qualcosa di davvero brutto era successo. Erano tutti ammassati attorno ad un vecchio televisore che gracchiava in un angolo, nessuno fiatava. C'erano i soliti clienti ma anche la signora che stava dietro al bancone, il marito, tutti con la mano davanti alla bocca e l'espressione di qualcuno che prega davanti ad una bara.
«Hanno ammazzato Borsellino» uno degli uomini radunati lì attorno aveva detto a mio padre mentre ci avvicinavamo per vedere cosa fosse successo.
Il suo tono era grave e il sussurro si era sentito benissimo in mezzo a quel silenzio surreale che opprimeva quella stanza.
Mi ero fatta spazio fino ad arrivare quasi davanti per poter sbirciare verso la tv. Le immagini che passavano erano quelle di uno speciale del telegiornale, il tg3, si vedevano alcune carcasse delle macchine bruciate, una era capovolta su un lato, altre erano annerite dal fuoco e dal fumo, alcune attorno avevano i vetri riversi sui sedili. L'inquadratura si spostava sul palazzo con un pezzo di muro sfondato, sul piano quello più basso vicino alla strada, mancava l'angolo in alto della parete di una porta del terrazzino divelta dall'esplosione.
Guardavo quelle immagini e ascoltavo il silenzio attorno a me, non c'era neppure il commento di un giornalista in tv, c'erano solo i suoni di quella strada lacerata, ma anche quelli erano surreali. Nessuno parlava neanche lì, solo qualcuno che impartiva ordini ma niente di più. Quando succedeva una cosa del genere ti immaginavi gente che gridava, che correva, che cercava di fare qualcosa, invece anche lì c'era solo silenzio, forse per rispetto nei confronti di una tragedia che era più grande di tutti noi. Ricordo che si sentiva solo il rumore dell'acqua delle autopompe dei vigili del fuoco che spegnevano gli ultimi focolai e l'allarme di una macchina, stridulo e insistente come a ribadire che quello che vedevamo era reale, a spazzare via la nostra incredulità e la sconfitta che sentivamo crescere dentro.
Ricordo che ad un certo punto la mia gola aveva cominciato a stringersi, rendendomi difficile respirare, gli occhi mi si erano riempiti di lacrime e le guance mi erano andate a fuoco. Erano ancora vivide dentro di me le immagini della strage di Capaci, bruciavano nel mio petto come se volessero corrodermi fino a farmi scomparire. Avevo provato paura e un senso di impotenza che mi lacerava sempre di più ad ogni fotogramma che passava in televisione.
Quella domenica il senso di impotenza si era fatto ancora più prepotente e devastante ma qualcosa di più mi bruciava dentro: rabbia. Era un sentimento talmente forte che non avevo mai provato prima e mi ero resa conto che le lacrime che mi riempivano gli occhi, non erano di paura o di tristezza, ma di furia verso qualcosa che non conoscevo ma che era reale, come quella sirena che, insistente, copriva quel silenzio surreale che opprimeva quella via.
Marco mi aveva presa per mano e mi aveva trascinata fuori dalla gelateria, ci eravamo seduti ad uno dei tavolini di plastica, rosso e scolorito dal sole, ed eravamo rimasti in silenzio a guardare le macchine che passavano lungo la statale.
Mio padre era poi uscito assieme a tutti gli altri, mi aveva preso per mano, avevamo camminato fino alla moto in parcheggio e il passo mi era sembrato più pesante del solito. Mi aveva infilato il casco in testa, allacciato bello stretto come se quel gesto potesse, in qualche modo, proteggermi dai sentimenti che mi si agitavano nel petto e che mi facevano respirare a fatica. Ricordo che quel giorno, durante tutto il tragitto che ci restava per tornare a casa, avevo pensato a mia mamma e a Cristina che erano da sole a casa e che, con tutta probabilità, avevano visto i telegiornali. Ricordo di aver avuto l'urgenza di tornare tra le quattro mura confortanti della cucina, abbracciarle, assicurarmi che stessero bene... e credo che anche mio papà pensasse la stessa cosa perché aveva accelerato il passo, viaggiava veloce come il vento che mi entrava da sotto il casco e mi asciugava le lacrime.
Quello era stato il giorno in cui avevo deciso cosa avrei fatto da grande. Quel giorno avevo deciso che sarei voluta diventare uno degli agenti di scorta di un magistrato, per poter proteggere le persone che, come Falcone e Borsellino, non meritavano di morire, spazzati via dal tritolo. Con gli anni avevo capito che non avrei potuto fare molto se morivo su una strada come era successo quel giorno ad Agostino, Emanuela, Vincenzo, Walter e Claudio, che erano diventati i miei eroi. Sarei dovuta diventare come Giovanni Falcone o Paolo Borsellino, oppure come uno di quelle migliaia di poliziotti che ogni giorno spendevano la propria vita a fare indagini, per assicurarsi che quello che era capitato a Capaci e in via D'Amelio non succedesse più.
Quel giorno aveva risvegliato in me un senso di giustizia che mi avrebbe accompagnato ogni singolo momento della mia vita, come una bussola che mi guidava verso la strada che avrei dovuto intraprendere. Uscire dal liceo con un voto decente era alla base di quel futuro che volevo costruirmi, sia che fossi diventata poliziotto, sia che fossi diventata magistrato.
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[COMPLETA]Come in quella vecchia Polaroid
ChickLitAnna è una ragazza all'ultimo anno del liceo; è carina, posata, dolce, studiosa ma non un topo da biblioteca. Ama uscire con le amiche, leggere libri e guardare film. Marco è un venticinquenne moderatamente ricco, scapestrato, con un unico vero amic...