Capitolo 62 (MARCO)

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Domenica, 21 settembre 1997 (Marco, 26 anni)

Valeria arriva nel mio cortile alle tre, puntuale come mi ha promesso con la telefonata di ieri sera. Dopo che ci siamo visti al parcheggio mi ha chiamato un paio di volte per sentire come stavo. Lo sapevo che rivederci avrebbe scatenato una marea di sentimenti ma non pensavo che potesse preoccuparsi ancora per me. Quando le ho detto della reazione di Anna mi ha dato del testone per non averle raccontato tutto e poi mi ha fatto promettere che l'avrei portata da lei oggi pomeriggio.

Non so se sia una grande idea, oggi ci sarà anche Giacomo a casa e lo so già che cercherà di cacciarmi appena metto piede in cortile. Valeria, però, ha detto che questa storia mi ha già fatto male abbastanza e che è ora che, dopo dieci anni, ci mettiamo tutti una pietra sopra. Non ho osato controbattere perché lo so che sarebbe inutile con una testona come lei. Ho sempre dovuto lottare perché è testarda come un mulo, alla fine ho detto di sì senza neanche ribattere.

«Allora, sei pronto?» Non mi saluta nemmeno, come fa sempre quando vuole fare una cosa e togliersi il pensiero.

«Come un condannato che sta per essere legato alla sedia elettrica» ridacchio per via del nervosismo che mi attanaglia lo stomaco.

Valeria alza gli occhi al cielo e si avvia lungo la strada.

«Sei sempre il solito melodrammatico»

Sorrido e allungo il passo per raggiungerla.

«Sei sicura di volerlo fare? Siamo ancora in tempo per tornare indietro» voglio assicurarmi che non si stia lanciando in qualcosa che non vuole fare solo per salvarmi il culo.

«Sbaglio o c'è una nota di terrore nella tua voce?» Mi prende in giro.

È il mio turno per alzare gli occhi al cielo e la spingo leggermente dalla spalla.

«Grazie»

«Non ringraziarmi, potrebbe essere che ci troviamo senza pelle tutti e due oggi. Giacomo mi ha sempre fatto paura» ammette ridendo.

Scoppio a ridere anch'io e poi scivoliamo entrambi in un silenzio quasi confortevole finché non arriviamo a casa di Anna.

È Valeria a suonare al campanello e quando Giacomo viene ad aprirci subito si sofferma su di me e sono quasi sicuro voglia spezzarmi le gambe, poi però posa gli occhi su Valeria e il suo sguardo si addolcisce un po'.

«Buongiorno Giacomo, vorremmo parlare con te, Angela e Anna, è possibile? Vi rubiamo solo dieci minuti, promesso» la sua voce è calma ma posso percepire da come stringe i pugni ritmicamente che sia nervosa.

Giacomo si fa da parte e ci lascia entrare. Mi sento come se stessi entrando nella tana del leone. Il padre di Anna ci fa strada fino in cucina dove troviamo Anna e Angela che guardano la tv. Appena ci vedono sgranano gli occhi e, per un attimo, rimangono paralizzate di fronte a noi due poi Angela si alza, facendoci spazio su due sedie e chiedendoci se abbiamo voglia di qualcosa da bere. Mi siedo accanto ad Anna e noto subito che c'è ansia nel suo sguardo e nella postura rigida che assume sulla sedia a rotelle. Le faccio un mezzo sorriso ma non sembra neppure vederlo, la cosa mi fa quasi tremare le gambe.

«Ok, difficile capire da dove cominciare» ammette Valeria con un gran sospiro. «Ma immagino sia inutile girarci troppo attorno, quindi vi dico subito che sono qui per raccontarvi quello che è davvero successo dieci anni fa»

Osservo le facce di chi ho di fronte. Anna ha gli occhi sgranati e trattiene il respiro, Angela si copre la mano con la bocca e gli occhi le stanno uscendo dalla testa, si vede che vorrebbe dire qualcosa ma non ha il coraggio di interromperla, forse per educazione o forse perché è rimasta senza parole. Giacomo è un caleidoscopio di sentimenti, ci sono tutti dalla rabbia all'ammirazione, dal sospetto alla rassegnazione. Impossibile prevedere una sua reazione.

«Questa storia la sappiamo solo io e Marco, neanche i miei genitori hanno mai saputo questa versione dei fatti, quindi vi chiedo di non farne parola con nessuno» non aspetta una loro risposta e va avanti.«Quando avevamo sedici anni io e Marco stavamo assieme. Come i due cretini che eravamo all'epoca, ci lasciavamo almeno due volte al mese e poi tornavamo assieme, siamo andati avanti in questo modo per più di due anni. Nel giugno dell'87 io e Marco ci siamo lasciati come al solito. Io ero arrabbiata, confusa, passavo un periodo un po' di ribellione in generale. Avevo cominciato ad uscire con una mia amica di scuola di due anni più grande di me, lei aveva la macchina, andavamo alle feste, in discoteca tutti i sabati sera... e capitava che spesso ci ubriacassimo. Una sera siamo uscite, io ero particolarmente ubriaca e su di giri e ho incontrato un uomo in discoteca con cui ho fatto sesso nella sua macchina, nel parcheggio della discoteca»

Gli occhi dei nostri tre interlocutori sembra che debbano uscire dalle orbite ma nessuno dei tre osa fiatare. Anch'io mi rendo conto che sto trattenendo il respiro. Finalmente dopo dieci anni, posso togliermi il peso di questo segreto dalle spalle... almeno in parte.

«Sono stata talmente cretina da fare sesso non protetto con uno sconosciuto e rimanere incinta. All'epoca ero terrorizzata e quando l'ho detto a Marco lui mi ha proposto di dire che era suo, così i miei genitori non mi avrebbero ucciso e le voci in giro per il paese non mi avrebbero dato della puttana. Ricordo che si è presentato a casa mia con un anello di plastica dicendomi che mi avrebbe sposata, se avessi deciso di tenere il bambino. I miei genitori hanno fatto pressioni perché abortissi e non hanno nemmeno voluto sapere che cosa ne pensasse lui, figuriamoci se dicevo loro che non sapevo nemmeno chi era il padre. Marco ha mantenuto il segreto fino ad oggi... e tecnicamente non ha rotto quella promessa neppure adesso; era disposto a farsi odiare da voi piuttosto che tradire la mia fiducia. Ha preferito che le voci circolassero su di lui piuttosto che qualcuno mi rovinasse la vita dandomi della puttana. Lo so che i miei genitori ve l'hanno dipinto come un mostro che mi ha messa incinta e mi ha abbandonata, ma in realtà è stato l'unico che mi ha salvata in quel periodo. Non so cosa avrei fatto senza Marco, probabilmente sarai scappata di casa perché ero angosciata dal fatto di dover affrontare i miei genitori»

Il mio sguardo cade sul volto di Anna che ha gli occhi lucidi e fatica a deglutire. Io mi sento in imbarazzo perché Valeria mi sta dipingendo come una specie di eroe ma in realtà io ero terrorizzato all'epoca. Ero angosciato dal fatto di ritrovarmi a sedici anni a crescere un figlio che non era neppure mio, ma lei era la persona che più si avvicinava ad una famiglia per me ed ero disposto a fare di tutto pur di tenerla nella mia vita. Eravamo due ragazzini incoscienti ma avevamo solo noi due a tenerci in piedi contro la vita che cercava di abbatterci... già amavo quel ragazzino che cresceva dentro di lei e nella mia testa si era insinuato il tarlo che forse sarebbe stato anche divertente fare il padre.

Nessuno respira dentro la stanza, anche Valeria sembra avere la bocca arsa e la faccia infiammata di vergogna. È Angela a rompere il ghiaccio, ad alzarsi dalla sedia e ad andare a stringere Valeria in un lungo abbraccio. Giacomo non dice nulla ma è evidentemente turbato dalla confessione, mentre Anna abbassa lo sguardo sulle sue gambe mentre con una mano cerca la mia per stringermela... e io mi sento che, finalmente, posso ricominciare a respirare di nuovo dopo dieci anni in apnea.

[COMPLETA]Come in quella vecchia PolaroidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora