Capitolo 19 (ANNA)

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Buongiorno! Altro capitolo con Anna! Fatemi sapere cosa ne pensate con un commento, stellina... quello che più vi piace! :)

Buona lettura!


Venerdì, 13 giugno 1997 (Anna, 18 anni)

«Spiegami la concezione che Keats ha di arte e bellezza»

La prof di inglese e quella di italiano hanno gli occhi puntati su di me. Si aspettano una mia risposta corposa, ragionata e sicura. Ho studiato Keats, l'ho fatto fino alla nausea, l'ho fatto per i compiti che sono stati assegnati durante l'anno, l'ho fatto per questa maledettissima interrogazione di recupero per riportare i miei voti ad un livello decente per essere ammessa agli esami senza problemi. Mi basta un sei e mezzo, un maledettissimo sei e mezzo per alzare la media dei voti, visto che inglese è anche materia d'esame, nonostante non la porti come prima materia.

«Keats» è l'unica cosa che mi esce dalla bocca prima che la lingua cada in uno stato di torpore e il mio cervello diventi come una fantastica tavola bianca, senza nessuna parvenza di risposta scritta sopra. In questo momento mi accontenterei di una risposta vaga e pressapochista, qualsiasi cosa piuttosto che l'ennesimo silenzio.

È l'ottava o la nona domanda, ho perso il conto, l'aula vuota e i miei compagni che gridano in corridoio, festeggiando l'ultimo giorno di scuola, non aiutano la mia concentrazione. Sono stanca, l'interrogazione è partita male e sta finendo anche peggio, se arrivo al sei tirato è solo perché la faccia speranzosa della prof di inglese mi fa capire che lei ci spera ancora in un mio recupero... peccato che ci creda solo lei. La faccia della prof di italiano, incastrata qua dentro nel suo ultimo giorno di insegnamento prima delle ferie, mi fa capire che, se fosse per lei, manco ci arriverei agli esami di maturità.

Il panico mi assale e non riesco a spiccicare parola, le lacrime premono per uscire e fatico a tenere la colazione nello stomaco. È mezzogiorno e l'unica cosa che vorrei fare è andare assieme agli altri in aula magna a lanciare gavettoni dalla finestra su quelli che stanno in cortile... ma sono incastrata in questa interrogazione che mi sta facendo sprofondare nell'abisso della paura di non essere neppure ammessa.

«Anna, sapevi che saresti stata interrogata per recuperare, perché non hai studiato?»

Non rispondo, abbasso lo sguardo sulle mie mani, sulla pedana della cattedra che si estende sotto i miei piedi, sulle mie scarpe ma evito in tutti i modi quello arrabbiato della prof di inglese.

«Dovresti impegnarti un po' di più, devi fare la maturità ed è chiaro che tu non sia per niente pronta ad affrontarla. Come pensi di andare lì e non sapere queste cose? Per facilitarti la cosa ti ho pure fatto l'interrogazione in italiano così non dovevi neanche preoccuparti di parlare inglese. Cosa pensi di fare se il girono prima dell'orale ti cambiano la materia d'esame? Lo so che non hai portato inglese ma potrebbero cambiarti materia, è già capitato altre volte. Non puoi presentarti e fare un'interrogazione del genere, non è neanche lontanamente sufficiente. Hai capito?»

Annuisco soltanto perché se rispondessi a parole scoppierei a piangere. Lo so che mi sta dicendo queste cose per spronarmi ma con me non funziona, non l'ha mai capito in cinque anni di liceo e anche questa volta non si smentisce, non riesce a capire che più usa i mezzi brutali, più io mi chiudo in uno stato di panico e angoscia da cui non riesco ad uscire. Non sono mai stata brava a gestire la tensione di questi momenti e mettermi pressione addosso è il modo migliore per farmi crollare del tutto.

«Posso darti al massimo un sei meno ma solo perché sono estremamente generosa» afferma dopo una pausa che sembra infinita.

Quando sento il voto tutta la tensione che ho accumulato fino a questo momento si libera in un misto di paura, sollievo, ansia e liberazione; sentimenti talmente contrastanti che fatico a gestire. Mi mordo il labbro e alzo gli occhi verso il soffitto per trattenere le lacrime prima di rimettere gli occhi su di lei.

«Adesso vai con i tuoi compagni di classe, non ti trattengo di più» aggiunge quasi esasperata quando vede che non mi muovo di un solo millimetro.

«Come faccio con la media?» Riesco a chiederle in un sussurro prima di uscire.

La mia preoccupazione, a questo punto, è che non riesca neppure ad arrivarci alla maturità. Nella mia testa si affollano una marea di scenari nel caso non riuscissi a diplomarmi, a partire da come dirlo ai miei genitori, la delusione sui loro volti, alla presa in giro delle mie compagne di classe; già me le vedo Marta e Michela che mi mettono alla gogna davanti a tutti. Penso ai ragazzi del quarto anno, a chi mi ritroverei in classe se dovessi rifare la quinta in questo istituto. Nessuna delle immagini che mi affollano in questo momento la testa mi regalano sensazioni positive, anzi, virano di più sull'umiliazione e la vergogna.

«A questo punto la decisione verrà presa dopo aver discusso con gli altri insegnanti, non spetta più solo a me decidere. Matematicamente sei sotto la sufficienza in inglese»

La suarisposta è una doccia gelata che mi investe e mi chiude la gola quasi a strangolarmi.

«Ho capito, grazie. Buona giornata»

Le parole mi escono strozzate e confuse mentre mi giro ed esco quasi di corsa dalla classe, con le lacrime che mi scendono sulle guance.

«Anna! Anna fermati. L'interrogazione?» Mi domanda preoccupata Elisa, prendendomi per un braccio e facendomi girare, mi stava aspettando fuori dall'aula.

«Una merda, ecco, ho fatto un'interrogazione di merda» singhiozzo mentre vado verso i bagni del piano di sopra che spero essere vuoti.

Elisa entra con me e ci chiudiamo la porta a chiave alle spalle.

«È andata proprio così male?» Mi domanda dispiaciuta.

Annuisco e cerco di smettere di piangere per evitare di sembrare un rospo, con gli occhi gonfi e rossi, quando uscirò da questo bagno. Faccio dei respiri profondi e cerco di calmare i singhiozzi.

«Mi ha dato sei meno, sono sotto la sufficienza in inglese, non so neanche se mi ammetteranno agli esami» sussurro vergognandomi della mia sconfitta.

Elisa mi prende con due dita sotto il mento e mi fa alzare gli occhi fino a incontrare i suoi.

«Che non ti ammettano per una sola misera insufficienza è impossibile, dai, non devi neanche pensarla una cazzata del genere. Che poi, fosse un'insufficienza grave lo capirei, ma un cinque e mezzo non è una tragedia»

Tutto quello che dice ha senso ma nella mia testa si è insinuato il tarlo che dovrò ripetere l'anno e ci resterà finché non vedrò il tabellone con i risultati.

«Sciacquati la faccia che poi andiamo a tirare i gavettoni a Marta e Michela che sono venute truccate di tutto punto questa mattina»

Il suo tentativo di tirarmi su di morale funziona perché non riesco a trattenere una risata all'idea di quanto grideranno quelle due quando il trucco colerà dalle loro facce.

«Solo loro possono venire truccate l'ultimo giorno di scuola. L'unica cosa che facciamo tutti i sacrosanti anni sono i gavettoni e loro imperterrite continuano a fare le offese quando si trovano con il mascara colato nelle mutande» alzo gli occhi al cielo e mi rinfresco la faccia, cercando di farla tornare normale.

Lancio uno sguardo ad Elisa e mi sta sorridendo, nonostante sia evidente che sia preoccupata per me e per i miei esami. Le sorrido di rimando, facendole capire che sto bene, che non piangerò più anche se lo so già che resterò con il cuore in gola finché non usciranno quei maledettissimi risultati. Mi succede ogni anno di questo periodo, ma quest'anno la paura è reale più che mai.

[COMPLETA]Come in quella vecchia PolaroidDove le storie prendono vita. Scoprilo ora