Non siate lettori silenziosi, per piacere.
Backstage.
«Penso tu debba aspettare qua.» disse Elisa indicando il pass al mio collo. Annuisco, guardandomi intorno. Salutai le ragazze, dopo aver preso il loro numero per rimanere in contatto.
«Hei, tu! Vieni.» urlò un signore della sicurezza e mentre mi avvicinavo mi domandavo perché erano sempre così scortesi, come se non li pagassero per lavorare. «Forza, non farmi perdere tempo, scavalca.» disse indicando le transenne ed io lo guardai confusa, erano quasi alte come me, come diamine facevo? «Ti muovi?» domandò di nuovo mentre si allontanava ed io mi arresi alla mia impresa, che fortunatamente mi riuscì senza troppe figure di merda. Seguii il signore in silenzio e un altro ragazzo controllò il pass al mio collo, cosa che ritenevo inutile dato che trentamila persone avevano visto Niccolò darmelo.
«Aspetta qua.» mi informò il secondo ragazzo e annuii, prendendo il mio cellulare per informare mia madre che il concerto era finito, poi le mandai la foto del pass.
«Immagino tu abbia fame.» disse Niccolò mentre camminava verso di me. Si era già cambiato ed indossava una felpa militare con il jeans. «Come ti chiami?»
«Alessia e vorrei prima lavarmi.» dissi ridendo, indicando ormai il body che da nero aveva delle macchie di polvere bianca, dovute alle transenne. Lui annuì e mi disse di seguirlo.
«Hai dei lividi dietro la schiena.» mi informò quando entrai nel suo camerino e subito mi avvicinai allo specchio per controllare.
«C'erano due ragazze che si sono poggiate a me prima, non immaginavo mi lasciassero dei lividi.» dissi sbuffando, poi tornai a guardare lui. «Hai una felpa da prestarmi? Ho un'altra maglia scollata nello zaino.» dissi e lui subito annuì, indicandomi le altre due felpe che aveva portato.
«Ti aspetto fuori.» mi informò uscendo ed io presi la cose dal mio zaino, per lavarmi. La cosa che odiavo di più dei concerti erano i lividi che sempre mi facevo, l'ultima volta ho avuto un livido sotto il seno per ben tre settimane perché mi avevano letteralmente spinta contro le transenne, ora toccava alla mia schiena. Mi infilai la felpa di Niccolò e sciolsi i capelli cercando di dargli un senso, anche se un senso non avevano. Li legai in una coda sistemata e sembrai quasi una ragazza diversa da come ero entrata.
«Tadan.» dissi uscendo dal camerino, notando che lui era interessato al cellulare e non si era reso conto della mia presenza. Alzò subito lo sguardo e sorrise, infilando il telefono nella tasca dei jeans.
«Ora sembri una ragazza normale, prima sembravi veramente una scappata di casa.» commentò iniziando a camminare dal lato opposto a dove ero entrata io. Prese la mia cartella dalle mie mani e la mise sulle sue spalle, così da non peggiorare i miei lividi. «Che mangiamo, una pizza?»
«Se permetti te la offro io una pizza, ma a Napoli.» lo interruppi poggiando la testa contro il finestrino dell'auto appena mise in moto. «Non ho più l'eta per fare queste stronzate.»
«Allora chiamo il ristorante sotto casa mia e mangiamo, cucinerei io ma sto peggio di te.» ammise aprendo il finestrino per fumare. Portai lo sguardo su di lui, cercando di fargli capire che non avrebbe dovuto. «Ti da fastidio?» domanda dopo aver fatto il primo tiro e scossi la testa.
«Dovrei iniziare a prenotare il treno per domani.» dico prendendo di nuovo il cellulare, poi dopo pochi secondi lo infilai di nuovo nella tasca e poggiai la testa sulla sua spalla. «Sono vecchia.»
«Addirittura, per due dolori?» domandò ironico ed annuii, cercando di alzare il braccio per spingerlo, ma non ci riuscii. «Ma quanti anni hai?»
«Tra un mese ne faccio venti, proprio la vecchiaia che si avvicina.» risposi tenendo gli occhi chiusi. «Mi piace il profumo che indossi.» sussurrai spontaneamente quando portò il braccio sulle mie spalle.
«Siamo arrivati principessa.» disse aprendo la porta dell'auto. Sbuffai, aprendo gli occhi e scesi, seguendolo. La sua mano si poggiò sulla mia schiena e sorrisi lasciandogli un bacio sulla guancia quando si fermò ad aprire la porta di casa. «Benvenuta nella mia umile dimora.»
«Io attendo qua.» sussurrai stendendomi sul divano mentre lui mi avvisò che sarebbe andato a prendere qualcosa da mangiare. Rimasi immobile appena chiuse la porta e, diamine, anche il divano era la cosa più comoda del mondo ora. Cercai di non addormentarmi, e mi aiutò molto il mio stomaco che richiamava a gran voce del cibo, ma soprattutto il cellulare che iniziò a squillare di nuovo.
«Chiunque tu sia, già ti odio.» dissi rispondendo, portando il cellulare contro il mio orecchio.
«Voglio solo sapere se mia figlia è viva.» mi informò mia madre, urlando al mio orecchio. «Se ti ha scaricato in un aeroporto fa bene.»
«Mi ha scaricato sul divano e non potrei essere più felice di così.» sussurrai, sistemando il cuscino sotto la mia testa. «Sono viva, tra poco mangio.»
«Secondo me tu ancora ti devi rendere conto.» sussurrò mia madre, come se si aspettasse che prima o poi uscissi pazza, ed era quello che mi aspettavo anche io sinceramente, ma ora ero troppo stanca anche per respirare.
«Ti giuro che prima che me ne vado me ne renderò conto e piangerò.» dissi ridendo, mentre sentivo che la porta veniva chiusa di nuovo. «Mamma devo mangiare, ciao.» conclusi, buttando il telefono lontano da me mentre mi alzavo.
«Tua madre si preoccupa molto.» disse sedendosi al tavolo. Trovai già i piatti davanti a me e mi misi seduta senza fare altri commenti.
«Si preoccupa veramente troppo, troppo, troppo.» commentai sedendomi proprio accanto a lui. «Più che altro è preoccupata che io non abbia ancora dato di matto o cose simili.»
«Penso che tu sia troppo stanca anche per pensare e rendertene conto, domani riprenderai le forze.» disse ironico, mentre si sfilava la felpa per rimanere in canotta.
«Vabbè ho sonno mica sono drogata, anche meno.» dissi indicando la sua canotta, facendolo scoppiare a ridere.
STAI LEGGENDO
Tinkerbell; Ultimo
FanfictionCampanellino è la fata di Peter Pan. Viene descritta come una comune fatina che aggiusta pentole e bollitori da qui il suo nome "Tinker Bell". Qualche volta si dimostra maleducata e vendicativa soprattutto nei confronti di Wendy, gelosa delle speci...