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Non siate lettori silenziosi, per piacere.

Giusto perché me lo avete chiesto ecco la mia posizione allo stadio Olimpico: prima fila, difronte al palco a destra.
Ripeto: il mio posto nel mondo.

Scuse

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Scuse.

Continuo a fare facce buffe per la fotocamera che la mia amica ci puntava contro ogni due per tre ma quando il cellulare si abbassava tornavo con la testa tra le nuvole, nemmeno le sentivo parlare e solo quando Azzurra mi pizzicava la gamba io pre...

Oops! Questa immagine non segue le nostre linee guida sui contenuti. Per continuare la pubblicazione, provare a rimuoverlo o caricare un altro.

Continuo a fare facce buffe per la fotocamera che la mia amica ci puntava contro ogni due per tre ma quando il cellulare si abbassava tornavo con la testa tra le nuvole, nemmeno le sentivo parlare e solo quando Azzurra mi pizzicava la gamba io prestavo attenzione ed annuivo al racconto tragico - drammatico della mia amica, di come il suo fidanzato forse la tradiva e lei cercava di capire come fosse possibile, non pensando assolutamente che bloccargli i contatti delle sue amiche e delle cugine sul cellulare gli avesse fatto capire che era pazza. Forse però dovevo bloccare anche io il contatto di Federica sul cellulare di Niccolò, forse avrei potuto evitare tutto. Il mio cellulare era proprio accanto a me, era da due giorni che lo fissavo come una pazza sperando che si illuminasse anche se lo avevo lasciato spento da quella sera. Non avevo ancora avuto il coraggio di ascoltare le sue scuse, di sentire la sua voce, sapevo di essere debole ed avrei ceduto in pochi minuti e non volevo essere la scema della situazione. Da due giorni le domande mi tormentavano la mente, mi prosciugavano il sonno, mi facevano girare come una matta nel letto eppure non riuscivo a trovare nessuna risposta, non avrei saputo dirgli di no e quindi tenevo il cellulare spento.

«Vuoi che ti accompagno a casa?» domanda Azzurra sotto voce così da non interrompere il monologo della ragazza seduta proprio difronte a noi. «Mi invento una scusa.» aggiunge.

«È appena arrivato il mangiare.» commento indicando il piatto ancora pieno davanti ai miei occhi.

«Sei tu che non hai mangiato, noi abbiamo finito.» dice recuperando le sue cose dal tavolo, poi inventa una stupida scusa che sembra anche non interessare alle altre ragazze perché erano troppo prese dal racconto che ci lasciano andare senza ulteriori commenti o domande. «Perché non accendi il cellulare? Non lo vuoi sentire?»

«Lo vorrei sentire ma ho paura che con due semplici parole riesca a farmi cadere tra le sue braccia di nuovo. Sono una scema ad aver creduto che ad uno come lui potessi piacere io, che non sono nulla.» ammetto tra le lacrime e sento Azzurra mettersi davanti a me così da farmi andare contro di lei e subito mi lascia uno schiaffo sulla guancia, come se volesse risvegliarmi da qualche sonno.

«Ma sei scema? Guarda che un qualsiasi altro ragazzo non si sarebbe dannato a cercarti, mi ha contattato in qualsiasi modo. Non sei niente, non devi buttarti giù per questo, per una foto. Lascialo che si spieghi, se va male sai quanti pesci esistono nel mondo?»

«Ma io voglio lui.» sussurro asciugando le lacrime dalle mie guance. «Come devo fare? Non riesco a togliermelo dalla testa, mentre dicevo a lui di andare con calma io già sognavo chissà cosa.»

«Ancor prima di conoscerlo tu non riuscivi a togliertelo dalla testa, quindi non mi sorprende che tu ora pensi solo a quel coso basso.» commenta portando il braccio sulle mie spalle mentre mi spinge verso casa mia. «E dato che tu non hai il coraggio di prendere in mano la situazione ti aiuto io.» mi spiega portando entrambe le mani sulle mie spalle per spingermi.

«In che senso? Dove andiamo?» domando confusa quando riconosco la via dove stavamo andando e non era per niente casa mia. «Dovevamo andare a casa non a Mergellina, puoi spiegarmi che-» mi fermai di scatto appena vidi chiaramente la persona difronte a me: Niccolò. Camminava avanti ed indietro nervosamente mentre stringeva la sigaretta tra le labbra, anche i suoi vestiti erano trasandati e da lontano potevo già vedere le macchie scure sotto i suoi occhi.

«Forza, vattene e fate pace.» sussurra spingendomi lentamente verso di lui che ancora non mi aveva visto. Le alzai il dito medio mentre camminavo verso di lui e la sentii ridere, quella ragazza mi capiva meglio di chiunque sulla faccia della terra, solo lei poteva capire cosa girava nella mia testa e farmi questo.

«Alessia.» sussurra Niccolò appena si gira verso di me, dopo che ho poggiato la mani sulla sua spalla per farlo riprendere dai suoi pensieri. «Non è come pensi, te lo giuro.»

«Allora spiegamelo.» sussurro poggiandomi al muretto, dando le spalle al mare dietro di noi. La luce non era delle migliori, i bar dietro di lui stavano per chiudere ed essendo in settimana la gente era pochissima.

«Mio fratello ha compiuto gli anni ed ha invitato tutti, anche lei perché sono rimasti in contatto. Cosa dovevo fare? Farla sedere di fianco alla fidanzata di mio fratello? L'ho fatta sedere accanto a me.» mi spiega non riuscendo a stare fermo sul suo posto.

«E dopo? Eravate tutti a casa tua oppure solo tu e lei?» domando incrociando le braccia al petto, cercando di mostrarmi forte almeno davanti ai suoi occhi, in realtà avrei tanto voluto aggiustare i suoi stupidi capelli disordinati.

«Eravamo tutti! Mia madre voleva controllare com'era casa mia ed ti ha fatto anche i complimenti per come l'hai sistemata e spostato alcune cose.» risponde sorridendo al ricordo. «Poi sono andati tutti via. Mi credi?»

Tinkerbell; UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora