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Non siate lettori silenziosi, per piacere.

Tranquillità.

Tirai il freno a mano ed uscii di corsa dall'auto, facendomi quasi investire mentre attraversavo la strada

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Tirai il freno a mano ed uscii di corsa dall'auto, facendomi quasi investire mentre attraversavo la strada. Ero in enorme ritardo ed Alessia era sicuramente già arrivata, io ero fermo da due ore nel traffico per colpa della partita. Appena arrivai davanti il tabellone non trovai il suo aereo, corsi così verso gli arrivi sperando di vederla tra la folla. Quando non riuscii a trovarla decisi di mandarle un messaggio su Instagram, che però non le arrivò.

@ultimopeterpan:
Dove sei? Sono arrivato ora.

Continuai a girare per l'aeroporto, sperando di vedere i suoi capelli scombinati tra la folla ma vedevo solo persone che si sorprendono quando mi riconoscevano, facendomi capire che a breve sarei stato sommerso dalle fan e dovevo trovarla il prima possibile.

@ultimopeterpan:
Dove sei?

Mandai un nuovo messaggio e mi fermai vicino al muro, difronte all'uscita degli arrivi. Aspettai altri cinque minuti poi tornai a guardarmi intorno appena la folla sembrò calmarsi. Mentre camminavo verso l'uscita sbuffando, la vidi fuori con il cellulare tra le mani. Mi avvicinai velocemente, toccandole la spalla appena arrivai affianco a lei, facendola girare di scatto.

«Sono rimasto nel traffico, fermo come un cretino.» ammisi appena mi abbracciò. «La tua amica?»

«Ho preso l'aereo da sola.» rispose stringendo la maglia tra le sue mani e sorrisi, pensando al fatto che aveva affrontato una sua paura solo per trascorrere del tempo con me. «Voglio andare a casa, buttarmi sul divano e mangiare.»

«Già ho preparato tutto, anche perché c'è la partita ora, se facciamo preso riesco a vedere il secondo tempo.» dissi, prendendo la sua valigia e la sua mano, così da portarla alla mia auto. Salimmo velocemente e ringraziai che nessuno mi aveva fermato, volevo andare a casa e godermi la tranquillità che lei mi dava. Fortunatamente il traffico era passato ed arrivammo a casa in poco tempo, così da poter vedere anche la fine del primo tempo, mentre lei faceva la doccia, poi si sistemò sul divano accanto a me, dove avevo preparato le schifezze che lei amava.

«Ti voglio bene.» sussurrò interrompendo il silenzio che si era creato, lasciandomi un bacio sulla guancia. «Grazie.»

«Ti voglio bene anche io.» ammisi sorridendo portando il braccio sulle sue spalle. Il silenzio che ci circondava, interrotto solamente dalla televisione, prima mi avrebbe messo in imbarazzo creando milioni di film nella mia mente pensando a cosa non andasse con la persona che avevo affianco, eppure con lei tutto ciò che prima era certezza ora diventava il contrario. Mi sentivo bene, mi sentivo tranquillo e sapevo che non avevamo bisogno di dirci nulla in questo momento, guardavamo la televisione ed ero sicuro che stavamo bene, la sua mano sul mio braccio mentre tracciava i contorni dei miei tatuaggi era ancora meglio di una camomilla.

«Non hai da nessuna parte campanellino, mi sento offesa.» commentò alla fine del secondo tempo della partita e risi, portando lo sguardo sul mio braccio.

«Giuro che la aggiungerò.» ammisi lasciandole un altro bacio sulla guancia. «Ti va di accompagnarmi?»

«Certo, devo sottoscrivere ogni tuo tatuaggio da oggi in poi, altrimenti crei altri guai.» disse ridendo portando la testa sulla mia spalla.

«Che guai avrei combinato?» chiesi curioso, pensando che i miei tatuaggi le piacessero.

«Questo sul collo, è troppo vicino a quest'altro e mi da fastidio.» rispose, portando la mano sul mio collo, tracciando i contorni anche di quest'ultimo.

«Pensavo ti piacesse.» commentai ridendo. «Pensavo piacesse a tutti, in realtà. Ho avuto pure un sacco di mi piace su Instagram.»

«Vabbè un sacco di mi piace perché nella foto sei bono come il pane mica per il tatuaggio, illuso.» aggiunse lei ridendo.

«Bono come il pane?» domandai ripetendo le sue parole, facendola imbarazzare tanto da farla subito allontanare, alzando il dito medio. «Dove vai? Dove fuggi?» continuai appena la vidi alzarsi dal divano, dopo che cercai di tirarla verso di me.

«Sistemo, altrimenti chi sistema questo casino?» disse ridendo mentre riordinava tutto. Decisi di lasciarla andare, godendomi la visuale che mi si presentava mentre si muoveva nella mia maglia larga, lasciandole le gambe scoperte.

Tinkerbell; UltimoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora