Capitolo 31

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<<Quanto manca?>> Urlò dal sedile posteriore.

Come tutte le volte in cui io e Tom siamo usciti, lui non accetta di utilizzare un mezzo diverso dalla sua moto.

Non ho mai azzardato pronunciare la parola autista.

Per tutto il tragitto ho continuato a pregare di non volare via. Sto iniziando a pensare che Tom guidi a velocità troppo elevate.

Mi terrorizza anche se ormai sarà la decima volta in cui ci salgo.

<<Cinque minuti>> Urla di rimando.

In risposta lo stringo dalla vita leggermente.

<<Per poco non respiro più>> Sento che aggiunge.

D'istinto mi viene da allentare la presa.

<<Stavo scherzando credulona>> Lo sento ridacchiare.

<<Cretino, ti faccio soffocare allora>> Mormoro tornando a stringerlo più forte.

Poco dopo svolta e inizia a rallentare.
Parcheggia vicino ad una quercia.
Somiglia al posto dove ci siamo baciati la prima volta ma di certo non è lo stesso.

Ne sono abbastanza sicura.

Si toglie il casco e lo mette sottobraccio. <<Oggi conoscerai qualcos'altro in più di me.>> Esclama.

Mi si avvicina e senza chiedere il permesso mi ruba un bacio e poi mi abbraccia. <<Non mi sei mancata per niente>>Sussurra mentre cerca di nuovo il bacio.

<<Ah sì? Lo vedo>> Dico mentre gli tiro leggermente i capelli.

<<Questi non si toccano>> Mormora con un sospiro indicando i suoi capelli.

<<Io faccio quello che voglio>> Dico mentre faccio qualche passo avanti.

Mi raggiunge facendo un solo passo e mi prende per mano. La pace mi pervade per la seconda volta, come la prima solo con più consapevolezza.

<<Venivo spesso qui da piccolo, sai? Lily era nata da poco quando è successo>> Inizia Tom con un enorme sospiro.

Decido di non dire nulla, di restare in silenzio ad ascoltare. Adoro quando mi parla di lui e la sua sincerità è disarmante. La sua fiducia in me, pure.

<<Dopo scuola, correvo per queste strade. A volte in bici e a volte a piedi, dipendeva dai giorni. La mia uscita da scuola coincideva con la pausa pranzo di mio padre.>> Sibila.

Oh, il padre.
Chissà com'era.

<<Era il momento della giornata in cui stavamo insieme. Mi facevo bastare quei 15 minuti perché sapevo che non poteva dedicarne altri. Non perché non volesse, tornava a casa a notte fonda. Avevo 16 anni quando morì. Un incendio, in questa fabbrica>> Dice con voce tremante alzando il braccio.

Indica un edificio diroccato e si ferma.
Come se qualcosa lo impedisse di andare oltre.

Cerco di abbracciarlo ma il suo sguardo è dritto verso quello che era una volta un edificio.

Lo stringo più forte come per fargli capire che io sono lì e, vorrei tanto portargli indietro suo padre.

E mi vengono in mente anche i miei genitori.

<<Vic..io credo di..sei importante. Tanto>> Mi sussurra mentre stringe i miei capelli con una mano.

<<Anche tu lo sei.>> Replico subito.

DopotuttoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora