-Gessica-
Sono arrivata nello studio della psicologa salgo le scale e mi siedo in sala d'attesa.
Nel mentre esce la dottoressa che gentilmente si presenta.
Si chiama Mery, una donna mora alta e snella di una quarantina d'anni con i capelli neri annodati a coda alta e degli occhiali da vista con montatura rossa, mi dice di attendere il mio turno perché al momento è impegnata con un altro paziente.
Io annuisco e mentre aspetto mi leggo il libro di filosofia di Schopenhauer "L'arte di essere felici" in consegna per domani e prevedo un acceso dibattito con il prof e la classe, perché ognuno ha la sua visione di come raggiungere la felicità e questo libro ne ricava molti aspetti.
Sono immersa nella mia lettura quando in direzione delle scale vengo distratta da voci concitate che provengono dall'atrio al piano inferiore, ascolto le voci di una donna che dice a un ragazzo di salire e comportarsi bene e lui con insolenza ripete che ne ha lei bisogno di uno strizza cervelli e la sua risata goliardica mi irrita. "Che impertinente!"
Sento il rumore di passi salire le scale, mi fisso ad osservare chi sta salendo incuriosita e vedo un ragazzo che in modo sfaticato con una sigaretta in bocca spenta alza la testa e incrocia i miei occhi.
Il tipo resta attonito quando mi vede e il suo sguardo magnetico mi fa accapponare la pelle, si blocca a meta scala, ci fissiamo entrambi non so esattamente per quanti secondi ma i suoi occhi, i suoi maledetti occhi mi ricordano qualcuno.
Il mio cuore va in accelerazione per l'ansia di non capire e la situazione è imbarazzante.
Respiro profondamente, i nostri sguardi sono ancora incollati l'uno all'altro, mi faccio coraggio e per rompere il silenzio gli rivolgo un buongiorno educato e sorridente, ma lui alle mie parole cambia all'istante la direzione del suo sguardo e in modo arrogante mi gira le spalle e torna giù senza contraccambiare il mio saluto.
«Che stronzo!» Sbuffo sottovoce e mi rimetto adagiata su un fianco e ritorno alla mia lettura pensando che probabilmente quel tipo non salirà più per la discussione che avevo ascoltato prima in atrio.
Dopo un po' inaspettatamente risento dei passi, una parolaccia detta quasi sottovoce e dalle scale si ripresenta hai miei occhi il ragazzo di prima che con il cappuccio della felpa in testa, mi passa davanti e si siede al lato opposto del mio.
Questa stanza è veramente opprimente: piccola rettangolare senza finestre con quadri di erbe medicinali appesi al muro panna, le porte marroni scuro anni 70, le sedie grigie di plastica una attaccata all'altra e il pavimento in parquet di legno lucido color noce, insomma tutto antico come sono tutti gli edifici qui a Venezia ed io abituata ai grattaceli moderni di Seattle mi sento soffocare da tutto questo vecchiume.
Mi distolgo da questo pensiero soffermandomi ad osservare il ragazzo appena salito, se contraccambia incuriosita il mio saluto mentre lo guardo, ma lui neanche accenna un sorriso, pietrificato, vorrei dirgli "sei ancora nella fase mi piango addosso cos'è che ti turba....!?" Ma non sono io la psicologa e una risatina nascosta mi scappa girandomi nuovamente su un fianco per ritornare al mio libro.
È cominciato tutto con un gioco di sguardi furtivi, lui mi guarda mentre sono immersa nella lettura e io lo fisso sentendomi osservata, ma lui distoglie subito lo sguardo.
Un silenzio assurdo per due ragazzi di quasi la stessa età così la mia curiosità femminile prende il sopravvento e con aria risoluta mi rivolgo a lui.
«Ci conosciamo forse!?»
Lui mi guarda scosta leggermente il cappuccio ma non lo toglie, mi fissa intensamente e i suoi occhi e le sue parole mi spezzano il respiro un'altra volta.
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Niente Nulla Noi
RomancePROLOGO Questa è prima di tutto una storia d'amore. Nel contempo una storia che chiede il perdono di tanti errori passati dove i giovani di questa storia sono le vittime immersi nell'odio famigliare e cercano di estrapolare il meglio dalla loro v...