Capitolo 10 - FUGGIRE

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Si dice che i ricordi siano come dei sogni.

Sbiadiscono con il tempo, e la linea che li divide diventa un filo sottile che può facilmente spezzarsi. Nel caso di Ginevra, non c'erano più bei ricordi, e nemmeno sogni – c'era solo una voce dentro la sua testa che le diceva che non poteva fuggire. Era in trappola.

Ovunque si voltasse c'era sempre qualcosa che le complicava la vita, che le impediva di passare oltre.

Per quanto ci provasse a nascondere la cicatrice con un incantesimo di occultamento, non poteva evitare di soffrire ad ogni movimento che doveva compiere ogni giorno; impugnare le posate per mangiare, scrivere rotoli e rotoli di pergamena... Insomma non poteva provare a fare qualcosa senza passare qualche attimo di agonia.

"Devo portare rispetto".

Ginevra aveva fissato per ore e ore quella maledetta scritta sul dorso della sua mano. Ogni sera era stata costretta a tornare nell'ufficio della professoressa Umbridge a scontare quella maledetta punizione, ma per sua fortuna, come per Paul, Katie e Harry, quella sarebbe stata l'ultima.

"Solo un altro po'... che sarà mai un altro po' di dolore?", fu il suo amaro pensiero mentre praticava l'incantesimo.

Inclinò la testa all'indietro e con gli occhi socchiusi emise un verso di frustrazione.

Sentì un picchiettare impaziente alla porta e l'urlo di Angelina la obbligò ad abbandonare quel breve istante di tranquillità.

Black! Il bagno serve anche a noi!

Prima di accontentare la richiesta della ragazza, Ginevra guardò un ultima volta il dorso della sua mano dove adesso la cicatrice era sparita. "Solo un altro po'..."

Com'è stata la punizione con la Umbridge?

Harry fissò Ron ed esitò per una frazione di secondo, poi rispose: - Ci ha fatto scrivere delle frasi.

- Non è così male, allora, eh? - disse Ron.

Harry si sforzò di sorridere almeno un po'. "Se solo sapessi, Ron...".

Erano nella Sala Grande, seduti al tavolo di Grifondoro, che si gustavano la loro colazione prima delle lezioni; o meglio, Ron mangiava con foga mentre Harry punzecchiava le sue uova strapazzate con la forchetta.

La giornata passò in un'istante. Era stata pessima, come tutte le altre d'altronde. Harry dovette rinunciare al pranzo per completare il disegno dell'Asticello e tanti altri compiti che gli insegnanti avevano assegnato per il giorno dopo. Le punizioni con la Umbridge non gli avevano permesso di dedicare un po' di tempo allo studio. L'unica sua fortuna era essere ambidestro. Sua sorella, invece, era mancina. Lui poteva scrivere e svolgere ogni attività anche con la mano destra anziché soffrire non appena piegava un dito, ma non poteva gioire di questo, anzi ne era dispiaciuto e odiava il fatto che sua sorella soffrisse. Entrambi ne avevano già passate tante... "Ci mancava solo la Umbridge!".

Il bigliettino tra le dita di Hermione parlava chiaro: "Vieni al settimo piano, vicino all'arazzo di Barnaba il Babbeo e i troll in calzamaglia. Passa davanti alla parete che avrai davanti per tre volte. Dobbiamo parlare".

La grifona sentiva l'ansia che le attanagliava lo stomaco. Draco le aveva consegnato quel messaggio in gran segreto, dandole un bacio leggero sulle labbra, quasi distratto. E prima di sparire le sussurrò soltanto: "È importante".

Del perché di tutto questo mistero, Hermione, ne era all'oscuro.

Seguì le indicazioni sul bigliettino parola per parola e quando si trovò davanti al muro di pietra passò per tre volte davanti a esso. Ma non accadde nulla. Si sentiva una stupida... cosa sarebbe dovuto succedere?

Light and Darkness《THE BLACK CHRONICLES》Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora