In Rerum Veritas

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Entity si girò verso di loro, gli occhi pieni di furia, i suoi piedi che si spostavano in aria con facilità, senza barcollare come prima. -Sporche impurità...- Persino il suo modo di parlare era tornato al principio, freddo, lacerante, come il veleno c'è ti penetra dalle orecchie.

Sollevò un braccio, poi l'altro, e dei rintocchi si formarono più forti, sempre più forti man mano che le sue braccia si muovevano a scatti, come le lancette dell'orologio. Astrale si guardò le mani, che diventarono man mano più vitree. -Merda, un punto cruciale...!-

-Adesso le vostre azioni modificheranno per sempre la vostra storia. Dosatele con cautela, perché noi non potremo più aiutarvi.- Spiegò Fabb, prima che gli ultimi rimasti del mondo di Wattpad ed EFP scompaiano. Lyon non riusciva più a concentrarsi su niente, veniva ferito, le preoccupazioni si ammassavano nella sua testa come sacchi di farina o balle di fieno, ma solo una cosa la sua mente affollata non fece a meno di notare: Herobrine.

Hero infatti si era piazzato davanti ad Entity, ormai a metà del giro, e con le dita tracciava im aria caratteri latini. -In rerum veritas.- L'incantesimo si illuminò, i caratteri si trasformarono in stringhe e legarono Entity, che si dimenava, cercando di liberarsi. -Come osi ribellarti a me, al tempo, tu lurida impurità?! Liberami... LIBERAMI!- Ma fu tutto vano. In un ultimo urlo, calò il silenzio. I due erano entrati in una specie di trans.

Lyon riuscì a riprendere il controllo della propria testa, ordinando agli altri di mettersi a cerchio attorno ai due, in modo da proteggerli. Poi, dopo lunghi minuti, Raycow scese da terra, poggiando prima un piede, poi l'altro. Fissava Lyon con i suoi occhi nascosti dalla maschera.

Ricordati chi sei...

Entity si scuoteva nel vuoto, non riusciva ad aprire gli occhi, qualcosa lo teneva stretto, incapace di muoversi.

Non riesco... Non riesco...!

È questa la tua maledizione.

Poi, i suoi occhi si aprirono. La vista era pallida, bianchiccia, tutti i colori risultavano più chiari, più sfumati, come in un sogno. Vedeva i suoi fratelli, li riconosceva, li guardava negli occhi. Loro ridevano, giocavano, correvano.

Voglio correre anch'io con loro!

Non puoi.

Ma sembrano divertirsi...

Non puoi.

Perché...? Cosa ho fatto...?

Sei nato.

Era da tempo immemore che quella voce lo torturava. Lo reprimeva, controllava il suo corpo al posto della sua mente o del suo cuore, era come se qualcuno lo sigillasse con delle catene. Uno dei suoi fratelli si avvicinò a lui, intento a giocare con la sabbia da solo. Era diventato bravo, le sue costruzioni diventavano sempre più complesse.

Gli occhi rossi come i suoi, i capelli neri come i suoi, ma la pelle, i tratti, erano ben diversi da quelli degli altri suoi fratelli.

M458 era il più grande di loro, il loro... "Capobanda", più o meno, seguivano quello che diceva lui, anche se sbagliato, perché loro, così piccoli, ancora non la riconoscevano la differenza fra ciò che è sbagliato e fra ciò che non lo è. L'unica condizione che si ponevano, era se M458 la faceva oppure no.

Non distinse le parole, ma il fratello finì per distruggere quel suo meraviglioso castello che aveva costruito. Sentì un peso nel cuore, ma non si lamentava. Sapeva che era solo una cavolata, ma era il gesto dietro che lo faceva stare così male. Suo fratello aveva appena demolito qualcosa a cui teneva, qualcosa per cui aveva faticato.

Ed ancora quella sensazione si fece strada nel suo petto, quando aveva scoperto che quel fratello che tanto sperava cambiasse l'aveva condannato a quella vita di catene. Iniziò ad urlare, un urlo represso da anni ed anni, fino a quando tutto non si fermò, e fu di nuovo buio.

Il Ritorno di Herobrine//Watty's 2018Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora