Capitolo 34 // Parte Prima

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«A dir la verità, Michael... » un bisbiglio. «... Io da te non voglio più nulla. Neanche l'averti qui.»

Chiunque, se fosse stato lì a vedere quella scena dall'esterno, si sarebbe reso conto di quelle insolite sfumature  tramontare negli occhi di Joanna: qualcosa aveva cominciato a cambiare, e non era di certo il colore delle sue iridi.
E nulla si era rotto, ma, a dirla tutta, ogni cosa non voleva più essere la stessa di prima.

Lei, forse l'unica a saperlo per certo, era cosciente di quanto ci fosse dietro quelle parole appena pronunciate.
Michael, all'oscuro di ogni suo pensiero, apparve giustamente instabile, corrugando la fronte; strinse i pugni perché non poteva fare nient'altro.
O almeno, lui così credeva.

I suoi occhi fissi su di lei, il respiro mozzato improvvisamente, in lui.

Joanna non era mai stata una ragazza facile con cui convivere; si erano sentite scomode persino le tarantole che aveva in testa e che spesso si erano sbizzarrite andando contro ogni suo buon principio, sbattendo su ogni parete e senza mai decidere su quale cominciare a tessere il proprio filo, porre delle radici... da qualche parte.
Sempre irrequieta, ma mai indecisa, quella volta si ritrovò ad aggrappare qualcosa di simile alla determinazione, ed ebbe modo di ripercorrere i suoi passi; passi che anche Michael aveva deciso di riprendere in considerazione, sollevandosi da terra senza guardare nessuno in faccia, sentendosi estremamente pesante. Ogni suo movimento verso la porta della stanza di Joanna, sulle scale di casa, e fuori di casa furono un macigno nuovo sulle spalle del proprio cuore indebolito.

Lo sguardo smarrito mentre attraversava la porta di casa e l'odore pungente dell'erba fresca cominciava a pizzicargli le narici, così come il fastidio irrimediabile del pizzicare degli occhi, fragili e stanchi, nel lucidarsi.
Joanna restò adagiata a terra, palmi sul pavimento che adesso si sollevavano indulgenti in grembo, iridi perse su un parquet che non aveva più l'odore di un buon legno. Ogni cosa perdeva la propria essenza, attorno a lei, mentre Joanna percepiva di star solo immergendosi in acque territoriali; le proprie, per la prima volta.

Lo sguardo si sollevò sulla parete, il suo torace riprese a muoversi al bilanciarsi del respiro, tornando normale.
Nell'aria percepì un rubinetto gocciolare, e fece una smorfia pensando non fossero le proprie lacrime.

Non aveva perso nulla, dopotutto. Essere realisti non pensava potesse interessarle mai come quel giorno; Joanna era una persona frettolosa. Troppo precipitosa nel rincorrere una conclusione solo per avere la sensazione di avere qualcosa fra le mani, la situazione sotto controllo.

Avrebbe mai potuto, il non essere a conoscenza delle vere e istintive reazioni, parole, di qualcuno come Michael, o anche solo il non conoscere affatto chi lui fosse... essere una certezza, per lei?
Aveva mai avuto un senso quell'attrazione avuta nei suoi confronti, era stata basata su qualcosa di logico e solido?

Joanna gli si era avvicinata poiché persona estremamente curiosa.
Una persona curiosa di conoscere sempre altri modi per mettersi all'opera e fare del bene per gli altri, ricorrere a soluzioni da lei meditate affinché qualcuno, un giorno, potesse ricordarsi del suo impegno, e cosicché nessuno attorno a  lei soffrisse.
Di buon cuore, si era fatta ingannare.

Non da Michael, che ben poco aveva combinato, ma da lei stessa: l'unica a sapersi manipolare davvero, l'unica a conoscere nel profondo le proprie debolezze. E quel senso di incompletezza che le aveva provocato, lo stare ferma di fronte una storia come quella di Michael, che le si era presentata davanti piena di lacune da colmare, non le aveva fatto bene.
Per questo aveva agito. Per questo motivo si era ritrovata davanti a lui, a cercare di togliersi ogni dubbio, con i quali non si era mai ritenuta effettivamente in grado di convivere, e a farsi ammaliare ed incantare da uno sguardo che ben poche intenzioni, aveva, di far trapelare qualcosa.

Si era presa una cotta a fior di labbra, e l'aveva trasformata come la più grande emozione che il suo corpo avesse mai provato: aveva vissuto una breve fantasia che galleggiava solo nell'acqua del fiume presente nel Paese delle Meraviglie di Alice. E lo aveva fatto senza prendere in considerazione quante verità crude ci fossero dietro ogni albero di quei boschi.
Aveva aperto gli occhi e si era ritrovata davanti ad uno specchio: e Joanna era bellissima, era forte e non era più spaesata.

I suoi occhi avevano voglia di brillare a differenza del tramonto che stava per svanire fuori dalla sua finestra, abbandonandola del tutto. Fra sé e sé, e quei pensieri che le ricordavano quanto fosse okay continuare ad essere la ragazza della porta accanto, senza pretendere troppo da se stessa.
Senza sforzarsi di mostrare agli altri che avesse motivo di essere ascoltata o anche solo notata, accettata, supportata.
Molti erano i motivi per cui non avrebbe dovuto attendere nessuno che la cercasse solo ad un suo stesso richiamo; desiderava imparare a riconoscere ciò che la faceva star bene. Ma bene dentro, e non solo fuori, dove tutto è costruito e nessuno conosce il vero, proprio, posto.

E lei conosceva qualcuno che la faceva stare bene. Qualcuno che non la costringeva a sforzarsi in nessuna maniera, e non si sentiva minimamente costretta a dover cercare una qualche soluzione, perché non voleva più avere problemi, incertezze, il buio attorno a sé.
Aveva bisogno di un abbraccio e delle mani calde che sapessero di affetto vero, su di sé.
Voleva solo la luce, e pensandoci ebbe solo un'immagine ben chiara nella testa: un certo Lukey.

Sì sollevò da terra.
Sì infilò a sguardo basso una felpa verde scuro, anche troppo larga a dir la verità, ed un pantalone scuro, il primo trovato.
Scarpe ed uscì.

Sì incamminò lungo le strade di Perth.
Joanna lo sapeva, forse lo aveva sempre saputo... che era così che le cose sarebbero dovute andare.
Perché l'amore che percepiva nei confronti di Michael era difettoso, e lei si era scoperta troppo tardi incapace di trovare le soluzioni ad ogni cosa che la circondava.

Ciao a tutti/e.
Quanto tempo, eh? Approfitto per augurarvi una buona Pasqua e Pasquetta.
Spero ognuno di voi se la stia passando bene, convivendo serenamente in quarantena, e che abbiate ricevuto un ovetto. Tutti lo meritano.

Fa un po' strano tornare su Wattpad, ma per quanto le cose possano cambiare, ed il tempo possa trascorrere, mi ritrovo sempre sopraffatta da mille emozioni diverse.
Come un paio di giorni fa: sono entrata qui, ho letto alcuni vecchi commenti lasciati su questa vecchia storia incompleta (sono una persona nostalgica, non è la prima volta che accade) , mi son commossa e ho avuto il bisogno di scrivere.

Come avrete notato, se siete arrivate fin qui (grazie mille), è più sul riflessivo che altro.

Ho riletto in un giorno un po' tutti i capitoli, non ricordavo molto.
Il capitolo si dividerà in più parti, penso 3.
E non saranno molto lunghi, un po' come questo.

Spero a qualcuno possa far piacere/ possa anche solo prendere in considerazione questa mia ricomparsa.

Iniziai a scrivere Silent a 14/15 anni.. adesso ne ho 20.
E tutto questo è sempre rimasto nel mio cuoricino. Voi siete sempre rimaste/i.
Eravate il mio tutto, poi mi son persa durante il cammino... ma immagino dovesse andare così, per permettermi di essere chi io sono, effettivamente, oggi.

Prima o poi ci si ritrova sempre lungo la strada verso casa, dico bene?

Pubblicherò la seconda parte in questi giorni, al massimo sabato o domenica, penso.
Ho intenzione di finirla come promesso.

Sono le 04:57 del mattino ed io dovevo proprio pubblicare, anche se penso vi siate dimenticate tutto, giustamente...
Mi domando chi stia leggendo? Sarebbe bellissimo avere un vostro saluto, tanto per farmi sapere stiate bene.

Resterò sempre affezionata a voi. Sempre, anche a chi non c'è più. Anche chi avrà eliminato l'app da chissà quanto tempo, buttandomi nel dimenticatoio assieme a tutte le mie parole.

Anche a chi non si ricorda più di me...

... Lukey_96

Silent || Michael CliffordDove le storie prendono vita. Scoprilo ora