Prologo ("Scendi?")

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"Scendi? Sto qua sotto."­­­­

Queste quattro parole furono tutto ciò che il mio amico si degnò di pronunciare, prima di interrompere la chiamata. Restai seduto a guardare il cellulare, come per aspettare il seguito di quel messaggio: ma il telefono restò muto.

Sospirai. Iacopo non era nuovo a quel genere di comunicazione stringata. Mi passò per la testa di ignorarlo, ma poi il senso di responsabilità verso gli amici che conosci dai tempi delle medie tornò a farsi sentire; e poi, sapevo benissimo che lui per me sarebbe sceso di corsa, anche se fossi stato, per assurda ipotesi, così stronzo da chiederglielo in quel modo.

Mi affacciai alla finestra: Iacopo era lì sotto, con le mani nelle tasche degli shorts e la faccia malmostosa delle occasioni peggiori. Gettai uno sguardo all'orologio: le dieci e quarantuno. Non avrei visto il letto prima di mezzanotte passata e avrei dovuto interrompere la visione di Nightmare 4, che avevo illegalmente scaricato sul mio pc (nessun rimorso) e mi stavo godendo alla grande. Ma del resto, a cosa serve l'estate se non a far tardi la sera? E a cosa servono gli amici, se non a tirarti su quando sei talmente scoglionato che pronunciare più di quattro parole al telefono diventa una fatica insopportabile? Rimuginando questi profondi quesiti filosofici, mi infilai le scarpe, annunciai ai miei che uscivo e presi le scale.

Fuori di casa, l'aria era dolce e tiepida, come sa essere a Roma nelle notti di giugno, prima che arrivi l'afa, quella pesante. Nel cielo sereno stava poggiata una mezza luna tirata a lucido e le cicale cantavano senza sosta fra le aiuole del condominio. Difficile pensare che qualcuno potesse essere di cattivo umore in una serata come quella; eppure, vista da vicino, la faccia di Iacopo era ancora più funebre di quanto mi fosse apparsa dalla finestra.

"Bella!" esclamai, sperando che il mio gran sorriso comunicasse un entusiasmo maggiore di quello che provavo.

"Bella Leo," rispose Iacopo, storcendo appena un angolo della bocca, la testa incassata tra le spalle come quella di una tartaruga introversa.

"Allora, a cosa devo quest'improvvisata?" chiesi.

"Te dovevo parla', Leo, ma sul serio, altrimenti uscivo de capoccia stasera," affermò Iacopo. Fece una lunga pausa, molleggiandosi sulle Converse e guardando in aria, per seguire con gli occhi un pipistrello intento a cacciare moscerini. Presi nota di un gatto che attraversava il cortile, ignorandoci. Da una finestra aperta al primo piano arrivava la telecronaca di una partita di calcio. Iacopo sospirò dal naso.

"Sai che ti dico, zi'? Affanculo la mia vita," sbottò infine. "Ecco, l'ho detto. Af-fan-CULO la mia vita!"

Ed eccoci qua: Iacopo di nuovo col mondo di traverso e il buon Leo ad essere l'amico comprensivo e solidale. Gli volevo bene, Dio se gliene volevo, ma certe volte era da prenderlo a sberle. Sberle affettuose, non sia mai. Avevo sperato che con la fine della scuola e l'arrivo dell'estate il temperamento ombroso del mio amico potesse registrare dei miglioramenti, ed in effetti così era stato... fino a quella sera. Mi complimentai mentalmente con lui: il suo buonumore aveva resistito ben due settimane.

"Che è successo, Ia'?" chiesi. "Daje, facciamo due passi."

Sapevo che a Iacopo passeggiare senza meta per i giardinetti di Villa Riccio, dove ho la fortuna di abitare, piaceva molto. Il verde lo rilassava, e a quell'ora girava poca gente e c'era sempre una panchina su cui stravaccarsi. Ci incamminammo per un vialetto.

"Niente, è successo che stasera tutti fanno a gara a farmi girare di più le palle," borbottò Iacopo. "Alla fine ho dovuto andarmene da casa, era una cosa assurda. Per prima cosa, mio padre se ne è uscito così, dal nulla, incazzandosi perché ieri gli ho chiesto i soldi per andare al cinema, che stavo a secco. Ma allora perché ieri me li hai dati tutto tranquillo, e poi ti incazzi in differita? Non me li dare e non ti incazzare!"

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