Certi giorni di primavera, a Roma, sembra che il mondo sia stato creato solo per te.
Sono i giorni nei quali puoi concederti le maniche corte, ma il caldo soffocante dell'estate è ancora lontano; i giorni in cui piccole nuvole soffici vagano nel cielo come pecore al pascolo e la brezza scuote i platani, facendo volteggiare sciami di pollini bianchi (e qui, in effetti, sarebbe meglio godere della fortuna di non esservi allergici). Sono i giorni nei quali hai tempo da perdere, i tuoi assilli quotidiani ti sembrano un ricordo sbiadito e se devi andare da qualche parte ti puoi concedere una passeggiata, invece di usare la macchina o i mezzi pubblici e rischiare di finire in un ingorgo. Sono giorni in cui le persone che incroci sul tuo cammino ti sembrano felici come te di stare al mondo.
Mentre uscivo da uno dei cancelli di Villa Riccio e mi avviavo verso casa di Iacopo risalendo Viale del Vignola, pensai che era proprio uno di quei giorni. Molleggiandomi sulle scarpe e riempiendomi i polmoni di quell'aria dolce, presi il telefono e chiamai il mio migliore amico.
"Ahò, bella zi'," rispose la sua voce. "Che me dici?"
"Niente, Ia', te volevo solo chiede che fai," replicai. "Ti va ti prendere un caffè al bar? Ho appena finito di studiare e con una giornata così, come si fa a stare a casa?" Al solo nominare la squisita bevanda calda, mi sembrava di sentirne il profumo nelle narici.
"Io stavo cazzeggiando," disse Iacopo, con il sorriso nella voce, "ci vengo volentieri a prende un caffè, figurati! Comunque," aggiunse, "da quando telefoni invece di mandare messaggi?"
"Ahò, non ce posso ave' voglia de senti' la voce dell'amico mio?" esclamai. Quel giorno sentivo di voler bene a tutti, ma a Iacopo in particolare.
Allungai il passo mentre superavo la targa in memoria di Saverio Tunetti, all'altezza del civico 73, e alzai una mano per indirizzare un saluto alla signora Russo, una nostra vicina, intenta ad accompagnare il suo spinone peloso nel consueto giro dell'isolato con annesse pisciatine sugli alberi.
"Sei veramente pieno d'amore oggi," mi canzonò affettuosamente Iacopo. "È perché sei uscito con Lara l'altro giorno?"
"Frena, zi'! Siamo solo andati alle Discoteche Laziali..." mi schermii subito. "Trovare qualcuno che compra ancora i cd è cosa rara, di questi tempi! Tu, piuttosto, con Francesca? Qui stiamo tutti in ansia, ti rendi conto che abbiamo iniziato a fare le scommesse?"
Iacopo, ormai, non fingeva più che il suo interesse verso l'amica di Lara fosse puramente platonico. "Non lo so, Leo..." disse. "A me sembra che lei ricambi, ma se poi mi sbaglio? Se poi mi sto facendo i film?"
"Ma de che!" esclamai. "È ora che fai la tua mossa, Iacopo: ti devi mettere il cuore in mano e il culo in faccia!"
"Questa l'ho già sentita... a proposito, con Viola c'hai più parlato?"
Fui sorpreso da come la menzione di quel nome non suscitasse in me nessuna delle turbolente reazioni emotive al quale lo avevo associato nei mesi precedenti. Avevo davvero speso tutte quelle ore, tutti quei giorni pensando a Viola? Ripercorrendo ogni suo minimo gesto e ascoltando canzoni sentimentali con lo stomaco in subbuglio, struggendomi dal desiderio per lei? Sembrava assurdo. O meglio, sembrava qualcosa che era successo a un'altra persona.
"Sì, m'ha mandato un messaggio. Mi ha chiesto come stava Aureliano, se avrebbe sporto denuncia. Io le ho chiesto se Ricci si era più fatto vivo."
"E...?"
"Scomparso nel nulla. Pare che non l'abbiano manco più visto a Piazza Cavour."
"Ha! Si caga sotto, il bellimbusto! Un'altra grande vittoria per l'Alleanza, zi'," gongolò Iacopo. "Comunque, Aureliano m'ha detto che i suoi hanno sporto denuncia. Dice che lui manco voleva, ma loro non hanno sentito ragioni. Se la sono un po' presa che qualcuno gli ha bucherellato il figlio, chissà perché."
"Speriamo che quel pezzo di merda dell'amico di Ricci l'abbia inquadrato qualche telecamera."
"Speriamo sì!"
Attraversai l'incrocio con Via Stern. Dall'altro lato della strada transitò il bus numero 910, che arrivava in orario solo quando non mi serviva prenderlo.
"Senti, ma se stasera je facessimo una sorpresa, ad Aureliano?" propose Iacopo. "Poraccio, ormai studia tutto il giorno. Pure adesso starà tappato in casa a smadonna' sui libri. Gli farà piacere se lo chiamiamo in serata e lo invitiamo al Newcastle per staccare un po' la spina..."
"Avoja! Chiamiamo pure gli altri?"
"È regolare, zi'."
Dopo qualche minuto di cammino sbucai in Piazza Melozzo, passando accanto all'officina meccanica di Oreste detto Er Colombia e respirando una fugace e non sgradevole zaffata di olio per motori. In quella giornata di sole, la piazza — amabile come sempre, con i vecchi palazzi che l'abbracciavano su tre lati, senza opprimerla, e gli alti cipressi protesi verso il cobalto del cielo — era diventata un parco giochi: bambini di tutte le età correvano avanti e indietro sui pattini e le bici, scalciavano il pallone, si attaccavano alla canna della fontanella infradiciandosi scarpe e magliette, facevano la spola fra i loro amici e le mamme e i papà e i nonni seduti sulle panchine a sorvegliarli. Mi sentii invadere da una languida, piacevole nostalgia al pensiero dei tempi in cui ero, come loro, un nanetto iperattivo con le ginocchia sbucciate, e i pomeriggi di scorribande nei cortiletti di Villa Riccio sembravano durare un'eternità.
"Stai ancora lì, zio?" domandò Iacopo.
Mi riscossi dal mio rimuginare. "Sì, scusa, m'ero solo distratto."
"Me n'ero accorto. Comunque, sono troppo contento che hai chiamato. Hai ragione te, oggi non era giornata da stare a casa. Ma ci pensi che tra poco sarà estate? Per tre mesi potemo fa' quello che ce pare!"
"Se i tuoi non s'accollano..." lo punzecchiai.
"Ma de che!" ribatté Iacopo. "Quest'anno niente debiti. Mi sto trasformando in uno studente modello, che te credi? E l'erboristeria mi fa pure fare volantinaggio. Ok, è un lavoro demmerda, ma so' soldi."
"Concordo, pecunia non olet."
"E soprattutto, i miei non romperanno più il cazzo! Quest'estate dovrà essere perfetta, zi'. Speriamo che Aureliano non lo steccano!"
"Si sta facendo il culo come una capanna. Vedrai che lo promuovono."
In una giornata come quella, era impossibile essere pessimisti. Ero sicuro che, di lì a poche settimane, avremmo festeggiato la fine della scuola e la salvezza di Aureliano; il gruppo avrebbe ricominciato a provare e, forse, a suonare dal vivo; le nostre avventure a Dungeons & Dragons sarebbero proseguite. Avremmo tirato tardi ogni sera fra birra, musica e film e scorrazzato per Roma, come cani sciolti, fino a settembre. Il solo pensiero di quella selvaggia libertà ormai imminente mi faceva vibrare il cuore come una corda di chitarra.
"Ahò, io le scarpe me le so' messe," annunciò Iacopo. "Stai arrivando?"
Coprii di corsa gli ultimi metri che mi separavano dal suo portone e schiacciai il tasto del citofono che avevo già premuto centinaia di volte.
"Sto qua sotto. Scendi?"
Bearwood
8 luglio 2019 — 29 giugno 2020
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Scendi, sto qua sotto!
Novela Juvenil⭐VINCITRICE WATTYS 2021⭐ Leo ha sedici anni, un migliore amico che deve spesso impegnarsi a tirar su di morale e una vita tranquilla passata tra i film, la musica, il tavolo di Dungeons & Dragons e le birre al pub sotto casa. Questo, naturalmente, f...