10. La diva della comitiva degli splendidi

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Seduto su una panca, nello spogliatoio, maledissi l'imbecillità dei Tre Stronzi e il fatto che tutta quella scena si fosse svolta sotto gli occhi delle ragazze di primo F. Sperai che, almeno, Viola fosse stata così presa dalla sua musica da non vedermi tirare quel pallone addosso a Santarelli. Magari mi aveva visto solo incassare il colpo: in quel modo, avrei fatto solo la figura del sacco da punch ball umano, invece di quella dello psicopatico furioso. Ma perché non potevo semplicemente sfanculare Santarelli e andarmene?

Mi tastai cautamente l'occhio, sibilando fra i denti un verso di dolore. Avrei avuto un bel ricordino dell'accaduto da sfoggiare nei giorni successivi, poco ma sicuro.

"Come va?" cinguettò Liliana, entrando tutta sorridente. "Ti ho portato il ghiaccio!"

La mia compagna di classe sbottonò il cappotto e lo appese al gancio di un appendiabiti, poi si avvicinò con una borsa di plastica bianca. Allungai la mano per prenderla, ma con mia sorpresa, Liliana si chinò — doveva abbassarsi parecchio per farlo, era una ragazza alta, più alta di me — e me la premette sulla faccia, ridendo quando emisi un verso di sorpresa e sollievo.

"Meglio, vero?" disse. Annuii. "Bel cartone in faccia ti sei preso."

"E lui la mia pallonata l'ha parata," replicai. "Non c'è giustizia al mondo."

Liliana rise ancora, un suono a dir poco piacevole. Era curva su di me e la generosa scollatura del suo top ondeggiava davanti ai miei occhi: potevo vedere la leggera pelle d'oca che copriva la parte superiore dei suoi seni. Presi un respiro e le mie narici si riempirono di un profumo dolciastro. Il Piccolo Leo che tenevo fra le gambe fu richiamato all'attenzione e iniziò a drizzarsi. Spostai subito lo sguardo al muro: dopo la figura dello psicopatico, mi mancava solo quella del depravato.

"Non ti facevo così portato alla violenza," proseguì Liliana, sedendosi accanto a me e lasciandomi reggere la borsa del ghiaccio. "Dov'è finito il Leonardo tranquillo e sereno che conoscevamo fino a oggi?"

"È sempre lì, almeno finché Santarelli non gli fa girare le palle un'altra volta," risposi, voltandomi verso di lei. Liliana mi guardava, senza che dalle sue labbra scomparisse quel suo sorriso un po' di scherno, un po' di simpatia. Teneva la testa inclinata e le onde dei suoi lunghissimi capelli castani ricadevano come un sipario. I suoi occhi erano due laghi scuri sotto le sopracciglia ben delineate.

Malgrado la forza della mia infatuazione verso Viola, non potevo che desiderare che la mia compagna rimanesse seduta con me il più a lungo possibile.

Liliana sospirò e gettò la sua chioma oltre una spalla, raddrizzando la testa. "Eh, bisogna avere pazienza con Roberto," disse, con il tono di chi parla di un bambino dell'asilo. "È fatto così. Diciamola tutta, non è proprio una cima. Ma che ti ha detto per farti arrabbiare in quella maniera?"

"Niente, solo cazzate perché avevo perso un paio di palle," mentii. Solo Iacopo sapeva di Viola, e avevo tutto l'interesse che le cose andassero avanti così.

"Non c'entra proprio niente il fatto che ti piace una di primo F, vero?" insinuò Liliana, sorridendo come lo Stregatto. Dietro le sue labbra carnose i denti erano di un bianco accecante, allineati in due file perfette.

Cazzo, ha già parlato con tutti quelli che hanno assistito alla scena. Figurati.

"No," ribattei, alzandomi e dandole le spalle perché non vedesse che arrossivo. "Non c'entra niente. Erano solo cazzate."

"Ehi, aspetta, dove vai?" rise Liliana, venendomi dietro. "Cavolo, Leo, io mica ti capisco, sai?"

Mi arrischiai a voltarmi di tre quarti nella sua direzione. "Che cosa c'è da capire?" domandai, incuriosito ma non senza una punta d'irritazione. Avevo il sospetto che Liliana stesse giocando con me.

Lei fece spallucce. "Tu, Leo," rispose, con semplicità. "Voglio dire, in classe te ne stai sempre per i cavoli tuoi, a ricreazione sempre con quelle cuffiette ad ascoltare quella musica caciarona che — senza offesa — piace solo a te..."

Non ci posso fare niente se la musica di oggi fa così schifo, pensai, ma mi trattenni dall'esternare quel pensiero. Non volevo suonare spocchioso.

"Poi all'uscita ti vedi con il tuo amico, quello ancora più metallaro di te," proseguì Liliana, alludendo ovviamente a Iacopo, "e sparite per il resto della giornata, immagino per realizzare qualche piano malefico che noi comuni mortali possiamo solo immaginare." Liliana fece risuonare ancora la sua risata melodiosa, un suono che addolcì la sua presa in giro.

"Poi ti chiedo una cosa tranquillissima, tipo se ti piace qualcuna, e fai un salto come se ti avesse punto una vespa. Insomma, magari dopo due anni e mezzo passati insieme a scuola, qualcuno vorrebbe conoscerti meglio, visto che sembri una persona intelligente, quelle due volte che ti degni di aprire bocca," concluse la mia compagna, aprendo le braccia e alzando le mani come chi dice tutto qui.

Sentii che stavo arrossendo di nuovo. Da dove veniva tutto quell'interesse di Liliana — Liliana, la superstar della nostra classe, la diva della comitiva degli splendidi! — nei miei confronti? Mi sentivo lusingato e sospettoso allo stesso tempo e decisi di battere in ritirata, questa volta sul serio.

"Ora devo proprio andare," annunciai. "La prof vuole spedire me e Santarelli dal preside. Un appuntamento che non posso mancare, purtroppo..."

"Ma che stronza," esclamò Liliana. "Perché vuole mandarvi dal preside? Non è successo niente!"

"Non è che il mio occhio sia molto d'accordo con la tua ultima affermazione," commentai, sforzandomi di sorridere. Presi la porta.

"Sabato prossimo faccio una festa, per il mio compleanno," disse Liliana, affiancandomi e uscendo insieme a me. "A casa mia. I miei sono fuori Roma, possiamo fare quanto casino ci pare. Ti va di venire?"

Questa era proprio una sorpresa. Le feste di Liliana, come quelle di tutti gli appartenenti alla comitiva degli splendidi, erano degli eventi piuttosto esclusivi. Nessuno di loro mi aveva mai invitato.

"Ehm... non so," risposi, titubante. Uscimmo dalla palestra e il freddo di gennaio ci azzannò. Un sole di ghiaccio era riuscito a cacciar via le nubi. "Vedrò. Mi sembra di non avere da fare sabato prossimo, ma... insomma, capita che mi scordi degli impegni. Ti faccio sapere, ok?"

Ovviamente, sapevo già di non avere proprio nulla da fare quel sabato sera, così come tutti i sabati sera della mia vita.

"Ok! Ci conto," sorrise Liliana, accarezzandomi un braccio con le dita affusolate. Poi, con un'ultima scrollata della sua chioma sontuosa, si allontanò da me per dirigersi verso le amiche. "Puoi portare qualcuno, se vuoi," aggiunse, parlando da sopra la spalla. "Ah, per tua informazione: ci saranno un sacco di ragazze di primo F!"

Il suo sorriso acuminato brillò ancora una volta nella mia direzione, prima che Liliana raggiungesse le nostre compagne di classe, sicuramente ansiose di ricevere aggiornamenti.

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