La campanella della ricreazione era suonata da cinque minuti, e quasi tutti gli studenti si erano riversati in cortile. Era il momento di mettere in atto il piano.
Si trattava di un piano semplice, ai limiti della stupidità: avevo intenzione di intrufolarmi in classe di Viola per leggere il suo diario e scoprire qualcosa di lei che mi aiutasse a conquistarla.
(Ok, forse i limiti della stupidità erano stati leggermente sorpassati, ma continuate nella lettura, ve ne prego.)
Questa impresa mi esponeva, ovviamente, al rischio della più grande figura di merda della mia vita, ma non avevo intenzione di farmi bloccare da simili considerazioni. Erano mesi che non facevo altro che guardare Viola: dovevo scoprire qualcosa in più di lei, fosse solo per soddisfare il bisogno di renderla un po' più reale e vicina. Avevo preso la mia decisione.
Salii al secondo piano e mi avvicinai circospetto alla porta del primo F. Era aperta. Ci passai davanti facendo il vago e scrutando nella soglia con la coda dell'occhio: vuota.
Ovviamente, pensai. Quelli con un po' di buonsenso a ricreazione scendono a fumarsi una sigaretta e a fare due chiacchiere, non vanno a infilarsi come ladri nelle classi altrui.
Desiderando avere dodici occhi addizionali, mi infilai di soppiatto in classe. Il cuore mi saltò in gola e lì rimase a palpitare, così forte che lo sentivo in ogni parte del corpo. Da quel momento, il rischio di figura di merda era oltre i valori massimi. Non c'era dubbio: se fossi stato scoperto non avrei più avuto il coraggio di presentarmi a scuola, tanto meno di avvicinarmi a Viola.
Sapevo esattamente come appariva la borsa della ragazza dei miei sogni, ma prima dovevo trovarla. Viola mi sembrava una tipa da primi banchi, quindi cominciai la mia ricerca da lì. Con le orecchie tese come antenne, i nervi a fior di pelle e le gambe tremanti, passai in rassegna con lo sguardo gli zaini e le borse abbandonate ai piedi dei banchi. Le mie pulsazioni accelerarono ancora quando vidi la borsa giusta. Inconfondibile, con quello smile giallo cucito su un lato e la lunga tracolla adorna di ghirigori fatti a pennarello.
Gettai uno sguardo all'indietro: nessuno sulla porta. Nessun suono dal corridoio. Mi tuffai sulla borsa, la aprii, ma quando vidi il diario, adagiato lì sul fondo, mi bloccai e rimasi lì fermo, surgelato come un bastoncino Findus.
Vattene subito! mi esortò la mia mente. Non è giusto quello che stai facendo!
Solo un'occhiata! replicai a me stesso (sì, mi capita spesso di litigare con il mio cervello; spero mi passi con l'età). La tentazione era fortissima. Mi resi conto che l'idea di svelare qualche segreto di Viola che potesse aiutarmi a far colpo su di lei era sempre stata una scusa. Volevo solo conoscere qualche piccolo pezzo della sua vita: un commento su una compagna che le stava antipatica, il testo di una canzone che amava. Sapevo ancora così poco di lei...
Ficcai una mano nella borsa e strinsi le dita attorno al diario, ma proprio in quel momento — forse era un riflesso cerebrale incondizionato — la mia mente mi trasmise il pensiero, rapidissimo ma estremamente vivido, di una compagna di classe di Viola che compariva sulla soglia della classe e mi scopriva con le mani nel sacco. Fui attraversato da un brivido di terrore.
Quanto all'idea che fosse proprio Viola a trovarmi lì... la mia stessa immaginazione si rifiutava di spingersi a tanto.
Un suono proveniente dal corridoio mi fece quasi saltare fuori dalla pelle. Mollai il diario, mi appiccicai di lato alla porta, sbirciai fuori con un occhio solo, esteso a mo' di periscopio. Stavo trattenendo il cuore fra i denti.
Un paio di ragazze passarono oltre la porta ed entrarono nella classe accanto.
Presi un respiro profondo, imposi alle mie gambe di muoversi e corsi via come un uomo che fugge da un edificio in fiamme.
*
Passai le successive due ore a rimuginare su quello che avevo fatto, immobile nel mio banco con gli occhi sbarrati e persi nel vuoto. Non rivolsi la parola a nessuno dei miei compagni di classe e le spiegazioni del professore di latino scomparvero nell'aria senza raggiungere le mie orecchie. Nella mente girava, come un video in loop, l'immagine di qualcuno che entrava in primo F e mi sgamava.
Come hai potuto essere così stupido? Ma che pensavi di fare? continuavo a ripetermi.
Mi era andata anche troppo bene. Beh, avevo fatto una cazzata, per qualche miracolo non c'erano state conseguenze, adesso potevo sperare di rimettere la mia vita in carreggiata. Forse, per qualche ignoto processo psicologico, realizzare la stupidità delle mie azioni avrebbe reso la mia ossessione amorosa meno insopportabile. Forse mi sarebbe passata. Forse.
All'uscita mi sentii finalmente leggero. Subito, cercai Viola con lo sguardo: va bene che forse presto mi sarebbe passata, ma per quel giorno non mi era passata di sicuro. Niente pedinamenti, però. Mi sarei messo in un angolo tranquillo del cortile e avrei ammirato la ragazza dei miei sogni fin quando non si fosse allontanata. Poi sarei andato a casa e avrei pensato ad altro, magari a qualcosa di costruttivo, una volta tanto.
Questo ci voleva. Tranquillità, razionalità. Mi sentii molto maturo.
Viola — che quel giorno vestiva un maglione verde e si era legata i capelli in una coda: era bellissima, bellissima come sempre — si fermò più brevemente del solito a salutare le compagne. La seguii con lo sguardo fuori dal cancello principale, la vidi agitare il braccio verso qualcuno e affrettare il passo in quella direzione.
Poi vidi il cristone di un metro e ottanta a cavallo della Hyundai. Giubbotto di pelle, brillantino all'orecchio, mascella ben rasata, capello da pubblicità del Pantene. Lo vidi salutare Viola col mezzo sorriso di chi è abituato ad avere tutto ciò che vuole, lo vidi attirarla a sé, baciarla, porgerle il casco. Li vidi sfrecciare via insieme, rombando, le braccia di Viola intorno alla vita muscolosa di lui.
Una famiglia di granchi cominciò a ballare il tip-tap nel mio stomaco.
Era chiaro che stesse con qualcuno, pensai. Avresti dovuto saperlo. Avresti dovuto rassegnarti a guardarla da lontano e non farti venire idee strane. Invece avevo finito per innamorarmi e, peggio ancora, avevo nutrito una minuscola, infinitesimale speranza che non aveva ragione d'esistere.
Ed ecco quello che ne ricavavo in cambio.
Strascicai i passi verso l'uscita, imbambolato. Da un lato del cortile risuonò la risata fragorosa di Rinaldi, mentre il coro degli splendidi gli faceva da contrappunto. Splendidi, come il fidanzato di Viola: i ragazzi con le pischelle sedute sulle ginocchia, la sigaretta in mano, i vestiti e le scarpe alla moda e il sorriso sempre stampato in faccia. Non avevo più nemmeno la forza di odiarli.
Cercai le cuffie dell'iPod e me le cacciai nelle orecchie. Avevo chiuso bottega e il mondo doveva restare fuori. Feci scorrere la selezione su Alice Cooper, ma non andava bene: in quel momento non potevo riconoscermi nella sua energia sfrontata, nel suo ghigno sanguinario che metteva alla berlina il mondo. Mi venne in mente un ritornello dei Whitesnake, e decisi che era proprio quello che ci voleva.
Ain't no love in the heart of the city
Ain't no love in the heart of town
Ain't no love, sure 'nuff is a pity
Ain't no love 'cause you ain't aroundIl vocione dolente di David Coverdale accompagnò i miei passi. Non c'era amore nel cuore della città. Non quel giorno, non per me. E non riuscivo a vedere un futuro nel quale ce ne sarebbe stato.
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Teen Fiction⭐VINCITRICE WATTYS 2021⭐ Leo ha sedici anni, un migliore amico che deve spesso impegnarsi a tirar su di morale e una vita tranquilla passata tra i film, la musica, il tavolo di Dungeons & Dragons e le birre al pub sotto casa. Questo, naturalmente, f...