8. La celebrazione del nostro trionfo (un flashback in due parti - II)

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Tornai in classe con il sospetto di aver sognato quello che mi era appena successo. Troppo assurdo. Due anni passati da invisibile, per poi incontrare dei perfetti sconosciuti che mi salvano da Spadoni e fanno amicizia con me? Degli sconosciuti che dicono di volersi mettere contro la cricca di La Torre e che non hanno paura di lui e dei suoi amici? Per giunta, Davide e Casey erano fidanzati! Ero convinto che, a scuola, solo i ragazzi dei gruppi più popolari si mettessero con le ragazze.

Mi irrigidii quando Garella mi passò vicino, ma il bullo non disse niente, neppure mi guardò. Il resto del pomeriggio passò rapido. Non feci attenzione alle spiegazioni dei prof, ero troppo emozionato al pensiero di incontrare di nuovo Aureliano, Davide e Casey e di continuare la conversazione interrotta. Mi dimenticai anche di guardarmi sempre le spalle e di controllare periodicamente se qualcuno mi aveva rubato qualcosa. Sembrava che niente potesse rompere quel senso di eccitazione che mi palpitava dentro. Ricordo che a un certo punto, la professoressa mi fece una domanda alla quale non seppi rispondere e nella classe risuonò qualche risatina; tuttavia, non persi nemmeno tempo a sentirmi in imbarazzo. Se mi fosse successo quella stessa mattina, sarei sprofondato dalla vergogna.

Al suono della campanella, trovai i miei nuovi amici fuori dal portone ad aspettarmi. Prendemmo un pezzo di pizza all'angolo, andammo al parco davanti scuola e parlammo fitto per un'ora. Loro tre avevano fondato l'Alleanza quell'estate, mi spiegarono, perché erano stanchi del pugno di ferro di La Torre e dei suoi compari nella nostra scuola e volevano far vedere a tutti che non bisognava sempre e solo subire e che i bulli non erano intoccabili. Altri ragazzi, che mi avrebbero presentato nei giorni successivi, facevano parte dell'Alleanza; per giunta, avevamo l'appoggio esterno del fratello maggiore di Aureliano, Sabatino, che aveva ventuno anni e mi venne descritto come una specie di semidio, capace delle imprese più mirabolanti. Ci scambiammo i numeri di cellulare e ci ripromettemmo di aggiungerci su Facebook in giornata (erano anni, quelli, in cui noi giovincelli eravamo ancora iscritti a Facebook, prima che il social network di Zucky venisse invaso da personaggi dell'età dei nostri genitori e nonni, intenti a scambiarsi i loro buongiornissimo kaffèèè??? e condividi se sei indignato!!! e ad augurare la morte al capro espiatorio o l'avversario politico di turno; la preistoria, insomma). Io nemmeno avevo Facebook fino a quel giorno—avevo troppa paura che nessuno mi aggiungesse agli amici.

Tornai a casa così euforico e sorridente, che mia madre, abituata a vedermi strascicare i piedi in casa e mugugnare, mi chiese cosa fosse successo. "Niente," le risposi, ancora sogghignando. Andai a prendere una Coca in frigo e la bevvi ruttando a tutto spiano, mentre aprivo un profilo su Facebook. Solo negli anni successivi avrei capito davvero quanto la mia vita era cambiata, in un tempo così breve.

Quella giornata di novembre doveva essere davvero segnata dal destino, perché la mattina seguente la professoressa di italiano annunciò, tra le lamentele generali, un cambio di posti per spezzare alcune coppie troppo chiacchierone. Vissi dei minuti di terrore autentico — se fossi finito al banco con Garella non avrei avuto il coraggio di tornare a scuola — ma alla fine tutto si risolse per il meglio: fui sistemato in seconda fila laterale, a fianco di un ragazzo taciturno come me, che aveva cambiato scuola all'inizio dell'anno e ancora non aveva legato con nessuno.

Il suo nome era Iacopo (proprio lui) e una settimana dopo era il mio migliore amico. Lo presentai all'Alleanza e, naturalmente, entrò anche lui a farne parte. Entrambi dovemmo prestare giuramento: un'idea di Aureliano per rendere solenne l'ingresso dei membri nel gruppo. Con una mano alzata e l'altra sul cuore, recitammo i tre punti del Giuramento dell'Alleanza: combattere i bulli tutti insieme, fino all'ultimo respiro; non fare mai finta di niente, quando un bullo se la prendeva con te o con un amico; e infine non bullizzare mai gli altri, ma passare il resto della vita (o, almeno, dell'anno scolastico) a lottare per la giusta causa dell'Alleanza.

(Ad Aureliano, sempre più convinto che la sua vita fosse una grande saga epica, brillarono gli occhi nel sentirci declamare quel giuramento, e nel rispondere alle nostre parole con le sue; immagino che in quel frangente si sentisse come un Aragorn o un Conan, o come l'imperatore romano del quale portava il nome.)

Fu così che io e Iacopo diventammo membri dell'Alleanza. Insieme a Davide, Aureliano, Casey e pochi altri ragazzi e ragazze ci vedevamo durante la ricreazione e all'uscita da scuola; pianificavamo elaborate vendette su La Torre e i suoi sgherri, nessuna delle quali, ovviamente, si concretizzò mai. Il nostro "combattere" contro i bulli consisteva principalmente nel prenderli per il culo quando eravamo fra noi e ogni tanto sfotterli faccia a faccia, purché fossimo in un gruppo compatto e i professori fossero a portata d'occhio. Loro continuavano a tiranneggiare la scuola, noi eravamo sempre gli sfigati.

Eppure qualcosa cominciò a cambiare, alla scuola media Achille Mauri. Non eravamo popolari o fighi, ma eravamo una banda unita e solidale, ed eravamo originali in quel deserto di conformismo che sono le medie; i nostri compagni di scuola cominciavano a accorgersi di noi, fosse anche solo per segnarci a dito e dire che eravamo dei pazzi a metterci contro i bulli. Gli studenti delle prime e seconde classi, vittime designate dei più grandi, ci presero in simpatia; presto cominciarono ad adottare le nostre tattiche, e quando La Torre si beccò tre giorni di sospensione per aver rotto il naso a un ragazzino particolarmente insolente, i suoi compari dovettero abbassare la cresta sotto lo sguardo vigile dei professori. Gioimmo per quella punizione come se avessimo vinto una battaglia e Aureliano proclamò il dodicenne dal naso rotto "Eroe dell'Alleanza", alla presenza di tutti i membri plaudenti.

A maggio, Garella e Spadoni furono a loro volta sospesi, per essersi picchiati a sangue fra di loro durante la ricreazione; nemmeno ricordo per quale stupido motivo lo avessero fatto. Come piranha voraci, rimasti intrappolati in un lago troppo piccolo e con troppe poche prede, i bulli si erano ridotti a mordersi l'uno con l'altro. Garella non tornò più a scuola: voci di corridoio ripetevano che i genitori, stanchi del suo inesistente rendimento scolastico, lo avessero spedito a lavorare.

Le ultime settimane di scuola furono la celebrazione del nostro trionfo. Da soli eravamo stati dei perdenti, ai quali il primo bulletto di mezza tacca poteva mettere i piedi in testa indisturbato; ma quando andavamo in giro tutti insieme, dicendo cazzate e ridendo, ripetendo le battute dei nostri film preferiti e sparando la nostra musica dai cellulari, eravamo la compagnia più figa che un ragazzo potesse desiderare. La paura aveva smesso di perseguitarmi ogni mattina, soffiandomi sul collo il suo fiato freddo. Qualche volta, addirittura, ero contento di andare a scuola per ritrovare i miei nuovi amici, ai quali, nel giro di pochi mesi, mi ero affezionato come se li avessi conosciuti da sempre. Alcuni li persi di vista dopo l'esame di terza, ma Iacopo, Davide e Aureliano andarono a formare il cuore della comitiva di amici che frequentavo ai tempi in cui venni travolto dal ciclone Viola.

Fino al momento in cui incontrai l'Alleanza, ero sempre stato convinto di essere io quello sbagliato: debole, inutile, scansato da tutti. Furono i miei amici a farmi capire che ero solo diverso, che lo eravamo tutti, e che diverso non significa peggiore. I mesi della terza media mi lasciarono con l'incrollabile convinzione che comportarsi come La Torre e la sua cricca non è mai accettabile e che non ci sono scuse per essere una testa di cazzo: se metti i piedi in testa a qualcuno, lo sfotti, lo tratti male, prima o poi devi pagarne le conseguenze.

Una convinzione che, il lunedì successivo a quella birra bevuta con Iacopo, mi procurò la prima sospensione della mia immacolata, se non brillante, carriera scolastica.

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