28. Thug life, zi'

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Iacopo seguitò a non rispondere ai miei messaggi e non riuscii a rintracciarlo nemmeno durante la ricreazione. La protesta durò un paio d'ore e, alla fine, Carotenuto, Sfrisi e alcuni loro collaboratori stilarono un documento da consegnare in presidenza, nel quale si richiedevano la fine delle visite intimidatorie da parte della polizia e un'attenzione maggiore alle vere problematiche che affliggevano il corpo studenti. Un'assemblea d'istituto venne convocata per la settimana successiva e, verso le dieci, i poliziotti e i loro cani levarono le tende, accompagnati da fischi e parolacce.

Due preoccupazioni differenti si spartivano i miei intestini mentre aspettavo il suono dell'ultima campanella: l'ansia per Iacopo e quella per la mia incolumità fisica. Anche la contentezza per aver parlato a quattr'occhi con Viola era stata guastata.

Il mio migliore amico rispose solo nel primo pomeriggio, per darmi appuntamento sotto casa sua alle sei. Nonostante le mie domande, non volle anticipare nessuna spiegazione.

Inutile dire che mi feci trovare all'appuntamento in perfetto orario.

"Allora, che è successo oggi?" domandai, quasi saltando addosso a Iacopo nel momento in cui lo vedi uscire dal portone e dimenticandomi perfino di salutarlo. "È vero che t'hanno cioccato le guardie con il fumo?"

Iacopo sospirò. "Sì, è vero," ammise. Aveva la faccia più depressa che gli avessi mai visto addosso. "Ancora non ci posso crede alla sfiga che c'ho avuto..."

Lo guardai, incredulo. "E che ci facevi cor fumo a scuola? Te sei messo a spaccia'?"

"Ma che cazzo dici," ribatté lui, con un sussulto d'irritazione. "L'ho comprato prima di entrare. Da Buti, quel deficiente che sta in classe mia. Ci siamo beccati all'angolo di Viale delle Milizie e m'ha venduto du' scudi. Uso personale, tranquillo! Ovviamente, tutto questo doveva succedere proprio il giorno in cui viene la polizia con i cani antidroga."

"Uso personale, a scuola? Ma che te dice la testa?" domandai, sempre più agitato.

"Cazzo Leo, ma che sei, mio padre?" sbottò Iacopo, incrociando le braccia e girando il viso dall'altra parte, come un bambino arrabbiato. "Sei diventato un bacchettone? Non mi posso fare una cannetta, se ho voglia?"

"Ma fatti tutte le canne che te pare!" replicai, alzando la voce e gesticolando esasperato. "Sai che me ne frega? Io sono per la legalizzazione, figurati! Solo magari fattele a casa, o in qualche parchetto, no? Non ti portare il fumo a scuola, dove può sempre arrivare qualche cane poliziotto a sgamarti, grazie alle efficacissime nuove misure antidroga di questo governo. Eddaje, su."

Iacopo si girò nuovamente a guardarmi ed esalò un lungo e pesantissimo respiro. "Volevo farmene una a ricreazione," mormorò, "per rilassarmi. Solo una, cazzo. Poi magari un paio nei prossimi giorni, mentre ascoltavo un po' di musica, prima di andare a dormire. Non è colpa mia se c'ho questa sfiga. Buti si porta quasi tutti i giorni un tòcco di fumo o una busta d'erba da spigne, e l'hanno mai beccato? No, manco per il cazzo. Anche oggi, non si sa come, è riuscito a tagliare la corda prima di arrivare a portata di naso dei cani." Iacopo si interruppe, strinse gli occhi e sulla sua espressione si dipinse la rabbia. "Anzi, lo so come. Io sono andato dritto a scuola dopo che ho comprato il fumo da quello stronzo, lui avrà visto da lontano quello che è successo e ha fatto il vento. So' proprio un cojone."

Gli diedi una confortante pacca sulla spalla. "E dai, Ia'. Oramai è successo. Guarda il lato positivo: ora sei un criminale e lo sa mezza scuola. Rimorchierai tantissimo e verrai ammirato dai quartini! Thug life, zi'."

Il mio tentativo di fare dell'umorismo non sortì nessun effetto.

"Dovevi vedere la faccia dei miei, Leo," disse Iacopo, afflosciandosi contro il muro e guardando verso il cielo che iniziava a farsi scuro. "Mia madre disperata, come se avesse scoperto che mi buco dall'età di dodic'anni. Mio padre che mi ricordava gentilmente della mia inutilità umana e sociale. Ho cercato di spiegare che volevo solamente rilassarmi un po', staccare il cervello per una mezz'ora, ma loro niente, come parlare con due sassi, con due cazzo di muri di pietra. Non ho il diritto di lamentarmi di niente, non ho il diritto di stare in ansia, non ho il diritto di preoccuparmi per cosa mi aspetta nel futuro in questa vita di merda. Devo solo studiare e stare zitto."

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