Prima della battaglia

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Agape sedeva sul suo trono con la spada al fianco, nera come la pece. La osservò, estraendola dal fodero e ripensò a quanti tentativi le ci fossero voluti per ottenere quel risultato. Ci aveva lavorato per due giorni interi, sotto lo sguardo vigile e attento della sua Maestra.
"È anche per voi che oggi combatterò" pensò, fissando il riflesso dei suoi occhi sul nero della lama.
L'enorme vetrata a rosone alle sue spalle faceva entrare la luce fredda e bianca del sole di dicembre; ruotò la sua arma, producendo sul pavimento una miriade di bagliori violacei.
Sentì qualcosa – o meglio, qualcuno – toccarle il gomito con una leggera insistenza. Un grande lupo grigio era seduto al suo fianco e la osservava coi suoi saggi occhi azzurri. Alla donna sembrava che scrutassero i recessi più reconditi del suo essere.
«Percepisci il mio nervosismo Keraan? Riesci a sentire il mio cuore battere all'impazzata sotto questa cotta di maglia?»
L'animale strusciò il muso contro la sua mano e lei iniziò ad accarezzarlo, osservando il compagno con cui aveva condiviso tutto; iniziò a perdersi tra i ricordi: alcuni erano piacevoli e dolci, altri invece erano tristi e dolorosi. La sua mente, involontariamente, iniziò a concentrarsi su quelli più cupi, aumentando il suo nervosismo.
Gli Antichi iniziarono a manifestarsi nella sua testa, riempiendole le orecchie con le loro suppliche.
"Agape, vendicaci, vendicaci!"
"No, non ora, tacete! Basta!"
«Basta, state zitti! Non adesso, non prima della Battaglia...»
Si tenne il capo con le mani, cercando di arginare i ricordi che le affollavano la mente; momenti che aveva cercato di sotterrare con tutte le sue forze le si presentavano davanti agli occhi, come se stesse rivivendo tutto in quel preciso istante. La spada di cristallo cadde a terra tintinnando e Keraan si mise di fronte a lei, uggiolando e tentando a modo suo di riportarla alla realtà.
Il respiro della donna era affrettato e le sue membra tremavano in maniera incontrollabile, ma era nella sua testa che la vera tempesta stava infuriando. Serrò gli occhi, cercando di riprendere il controllo.
Quando il suo Famiglio le leccò la guancia, Agape tornò presente a se stessa; lentamente, le voci si spensero e nella sua mente tornò la calma. Si asciugò le lacrime e cercò di ricomporsi; non poteva farsi vedere in quello stato dai suoi compagni. A breve sarebbero arrivati a informarla riguardo le ultime modifiche sulla disposizione dei soldati; rinfoderò la sua spada e disse a Keraan di tornare seduto accanto a lei.
Il lupo la scrutò per un lungo momento negli occhi prima di eseguire l'ordine. La donna alzò la mano destra e la osservò tremare; poggiò il capo allo schienale e chiuse gli occhi, tentando di allentare un po' della tensione che aveva accumulato nel corso di quegli ultimi giorni. Si sentiva stanca, debole; avvertiva una spossatezza che la sfibrava fin nelle ossa.
Sentì bussare al portone e si prese un momento per nascondere il nervosismo sotto una maschera di compostezza e finta calma.
«Avanti» la sua voce risuonò forte e salda.
Fecero il loro ingresso tre donne e due uomini, tutti in tenuta da battaglia, con la decisione dipinta sul viso e impressa negli occhi; i loro sguardi, rivolti a lei, erano fiduciosi. Riponevano una fede assoluta nella loro Regina. Aveva fatto molto per loro, ora era giunto il momento di ricambiare.
Vedendo la sicurezza dei suoi Generali si sentì rinvigorita: un sorriso lieve aleggiò sulle sue labbra e, raddrizzando le spalle, chiese loro di aggiornarla riguardo le ultime novità sull'esercito.
«I soldati sono quasi pronti Vostra Maestà: attendiamo i contingenti da Junifra e da Tarnik; dopodiché saremo pronti a partire.»
La donna annuì, soddisfatta.
«Ci raggiungeranno a metà strada, non temete. Fate gli ultimi controlli e poi potremo andare.»
I suoi comandanti annuirono e uscirono.
Agape rilassò i muscoli e sospirò, sentendosi svuotata di ogni energia. Distese le gambe e si lasciò scivolare in avanti. Keraan le mise il muso in grembo guardandola con apprensione.
«È tutto a posto Keraan, è tutto a posto...» disse con voce stanca, posando una mano sulle tempie mentre l'altra era intenta ad accarezzare il lupo.
Rimase in quella posizione per alcuni minuti poi, all'improvviso, sentì due mani posarsi sulle spalle e iniziare a massaggiarle delicatamente.
«Mia amata, sento che sei molto tesa. Vedrai che andrà tutto bene, sono sicura. La Dea è dalla nostra parte.»
La Regina si voltò e si trovò a guardare il viso della donna più bella e coraggiosa che conosceva. Heylin la osservò a sua volta, intensamente, incatenando i suoi occhi a quelli dell'albina, rossi come pozzi ricolmi di lava incandescente che le trasmettevano lo stesso calore. Le guance della giovane s'imporporarono e distolse lo sguardo, imbarazzata. Ad un tratto, le sue spalle s'incurvarono e sul suo viso iniziarono a cadere gocce salate di paura.
«Anche tu sembri angosciata... avanti, vieni qui.»
Le porse una mano e la ragazza vi si aggrappò con forza, come se fosse l'unico appiglio a cui poteva tenersi per non crollare. Agape si alzò in piedi e abbracciò la giovane, stringendola a sé per un tempo indefinito, ma che le parve troppo breve. Tentò di tranquillizzarla e, allo stesso tempo, di calmare se stessa.
«Heylin, tesoro mio, non disperare, ti prego.»
«Perdonami... sono venuta qui con l'intento di sollevarti il morale e invece sto solo aumentando la tua preoccupazione.» Provò a trattenere i singhiozzi ma non ci riuscì. «Come potrei non disperarmi sapendo che potrebbe essere il nostro ultimo abbraccio? L'ultima volta che sento la tua voce? L'ultima volta che i tuoi occhi mi guarderanno ricolmi di amore?»
La donna le sfiorò una guancia con la mano guantata, sentendo il calore della sua pelle passare attraverso la stoffa. Tentò di sorriderle, ma non dovette riuscirle molto bene, perché la compagna la strinse tra le braccia con forza inaudita.
«Non sarà l'ultima volta che ci vedremo amore mio, ne sono sicura.» le parlava con tono calmo e rassicurante, accarezzandole la schiena per calmare il tremito che la scuoteva «Torneremo entrambe dalla battaglia, sane e salve. Come hai detto tu la Dea è dalla nostra parte e sono sicura che ascolterà le nostre preghiere, come ha sempre fatto. Ti amo Heylin, non permetterò che ti accada nulla durante lo scontro e ti prometto che torneremo a casa insieme, mano nella mano.»
«Giuramelo.»
«Te lo giuro, Heylin, jo gula. [*]»
La giovane continuò a tenerla stretta, dando sfogo alla sua preoccupazione e Agape le sussurrava parole dolci all'orecchio, inebriandosi del suo dolce profumo di vaniglia, lo stesso che l'aveva fatta innamorare...
«Devo terminare di prepararmi, vuoi assistermi?»
La ragazza acconsentì e l'aiutò a indossare l'armatura. Era nera come l'abisso più buio.
La osservò ammirata: sembrava così forte e potente. Quando l'albina si voltò a guardarla, tremò sotto quello sguardo. I suoi occhi parevano rifulgere di un fuoco inestinguibile, una luce sinistra che aveva scorto raramente. Con l'elmo sottobraccio le porse la mano libera e, quando ella vi posò la sua, Agape le baciò il dorso. Si avviò fuori dal Castello e raggiunse il suo esercito.
Il gelo dell'inverno la travolse, togliendole il fiato per un momento; la neve ricopriva il terreno, attutendo i rumori, facendola sentire come se fosse all'interno di un sogno.
Guardò i volti dei suoi compagni e li impresse nella propria memoria, perché non ne scordasse nemmeno uno durante lo scontro. Erano la sua ragione di vita, la sua motivazione più profonda: coloro che l'avevano proclamata Regina. La salutarono mentre passava, affiancata dalla sua compagna e da Keraan, e raggiunse il suo destriero.
Kayla, la Guaritrice, le porse le redini. I loro sguardi s'incrociarono per un momento e negli occhi della curatrice si accese un lampo di desiderio e apprensione, represso quasi immediatamente. Agape non se ne curò; aveva già chiarito la situazione e non aveva tempo per preoccuparsi, doveva restare concentrata: ne andava della vita della sua gente.
Salì in groppa al suo cavallo e iniziò ad avanzare, facendo segno ai suoi di seguirla, mentre il sole s'innalzava pallido e freddo nel cielo.

Erano ormai a metà percorso, entro poco tempo sarebbero arrivati al confine. Il nervosismo di Agape non accennava a diminuire, anzi: accresceva sempre di più man mano che si avvicinava al Regno. Del resto del suo esercito non v'era traccia.
"Maledizione! Dove sono finte Radja e Leybet? Che abbiano trovato degli ostacoli?"
I suoi pensieri si fecero sempre più cupi e i suoi occhi si riempirono di preoccupazione, ma la sua postura rimase salda e il suo viso impassibile. Stava per chiedere a qualcuno di andare in ricognizione in cerca delle sue alleate, quando sentì il terreno tremare sotto gli zoccoli del suo stallone e seppe che erano arrivate.
«Regina Agape!»
"Ecco Radja! E con lei ci sarà sicuramente anche Leybet." pensò l'albina.
Una donna imponente e dalla pelle scura quanto l'ebano affiancò la sovrana, in sella a un animale talmente magnifico quanto bizzarro: alto come un equino normale ma dotato di sei zampe, era glabro, aveva la sua pelle lucida e sudata, i muscoli al di sotto erano tesi e pulsanti, potenti come la sua cavallerizza. I capelli acconciati in quelle che parevano centinaia di piccole trecce le battevano ritmicamente sulla schiena, scandendo il ritmo della marcia. Radja faceva parte di una stirpe guerriera, combatteva da tutta la vita e, quel giorno, si sarebbe battuta al fianco delle sue sorelle per la libertà.
Leybet era al fianco sinistro di Agape ed era più minuta rispetto alle altre due. A differenza loro, lei non possedeva poteri magici ma era dotata di una mente acuta e scaltra, ed era in grado di creare filtri di ogni tipo. L'albina era certa che tutte le armi dei suoi compagni fossero intrise di veleno. Sorrise, pensando che non avrebbe potuto desiderare alleati migliori in quella guerra.
Lentamente, videro il confine avvicinarsi. La Regina si fermò appena prima di varcarlo e si voltò. Alzò le mani al cielo e pregò Madre Natura che la battaglia andasse a buon fine. Pregò affinché le sue compagne e i suoi compagni potessero tornare indietro sani e salvi e che il limitare del bosco non potesse essere varcato dai suoi nemici in caso di sconfitta. Pregò che quel luogo restasse sicuro per quelle come lei e le sue sorelle. Poi, in segno di gratitudine, lanciò un incantesimo per fortificare le difese magiche della foresta.
"Grazie per avermi accolta quando ne avevo bisogno, grazie di essere stata così premurosa con me Madre, di avermi protetta e aiutata. Se tornerò da vincitrice renderò queste terre ancora più floride e rigogliose, se invece perderò tornerò a far parte del grande Ciclo della Vita."
«Andiamo» disse.
Il confine fu oltrepassato e Agape diede gli ultimi ordini.
«Disponetevi come vi hanno spiegato i Generali. Partiremo al mio segnale.» guardò le donne e gli uomini lì riuniti, decisi come non mai.
«Prima che sia troppo tardi, voglio ringraziarvi tutti, dal primo all'ultimo. Vi ringrazio per il sostegno che mi avete dato in questi anni, per la fiducia che avete riposto in me, per le gioie e i dolori condivisi insieme. Vi ringrazio dal più profondo della mia anima.
Quest'oggi vi sto chiedendo molto, forse fin troppo: vi sto chiedendo di combattere per un'ideale di libertà e giustizia che, quando le nostre strade si sono incrociate, avete deciso di fare vostro; vi sto chiedendo di mettere a rischio la vostra vita perché a Karua torni la pace. Molti di voi in questi anni si sono creati una famiglia, hanno ricostruito la propria esistenza da zero perché li ho accolti e so che oggi, su questa terra, su questo campo, potreste non farcela, potreste morire. Così come potrei morire io. Per cui, se qualcheduno di voi volesse tornare indietro, sarebbe libero di andare. Non ho intenzione di costringervi a combattere, se non è ciò che desiderate. Il bosco sarà sempre casa vostra e il mio Castello potrà sempre essere un rifugio, anche in caso io non sopravviva.»
Nessuno si mosse o disse nulla. Non avevano bisogno di altre parole: sapevano che Agape era pronta a morire per loro e questo bastava a mantenerli saldi nei loro propositi. Lei sorrise e, mentre si voltava ad osservare il nemico, disse: «Se vinceremo, i festeggiamenti saranno leggendari.»
Respirò profondamente, cercando di frenare i battiti del suo cuore che scalpitava impazzito. Gli avversari erano numericamente maggiori rispetto a loro, ma la Regina e i suoi alleati avevano la magia e la Dea dalla loro parte, avevano la forza degli Antichi.
Mentre si infilava l'elmo, pensava a tutto quello che aveva fatto fino a quel momento. Mentre si apprestava a dare l'ordine di attaccare, pensava alle persone che amava e che aveva perso. Mentre scendeva sul campo di battaglia come una furia nera dagli occhi di fiamma, ripensava a come tutto fosse iniziato. Al bruciante desiderio di vendetta che la pervadeva ormai da troppi anni e che presto avrebbe soddisfatto.
"A noi due, fratello."

[*] "io giuro" nell'Antica Lingua: veniva usata a Karua secoli addietro e le Shariwae l'hanno fatta propria.

Le streghe di KaruaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora