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Come si erano promesse, Agape e Sylvie si rividero il giorno successivo e quello dopo ancora. In poco tempo strinsero un legame davvero forte. Passavano tutto il giorno insieme, da mattina fino a sera. Agape era davvero felice di aver trovato un'amica. Finalmente aveva qualcuno con cui giocare, qualcuno con cui passare i pomeriggi a fantasticare. Non si era mai sentita così felice.
Un giorno stavano giocando tranquillamente con le bambole, quando Sylvie disse:
- Perché non andiamo a giocare in piazza? Lì ci sono altri bambini e potremmo divertirci di più. -
Agape la guardò fisso per un attimo prima di rispondere.
- Se vuoi andarci, vai da sola. Io con gli altri bambini non mi trovo bene a giocare. -
- Ma non saranno maschi, giocheremo con le femmine. Sono più simpatiche e non ti prenderanno in giro. -
- E poi ci sono io con te. Ti difendo io se qualcuno ti dice una cosa brutta -
Agape non sembrava ancora molto convinta ma per Sylvie ci avrebbe provato. Per una volta voleva provare a essere una bambina normale, come tutte le altre.
- Va bene. Aspettami qui. -
Corse in casa e si fiondò in camera sua. Prese una mantella leggera ma che l'avrebbe coperta bene. La indossò, tirò il cappuccio sopra la testa e si guardò allo specchio. I suoi capelli erano nascosti e il resto del suo corpo era protetto dal sole. Ora poteva tornare da Sylvie.
Quando la raggiunse, l'amica le chiese come mai si fosse conciata in quel modo.
- Ho la pelle sensibile al sole, mi devo coprire per poi non stare male. -
La bambina annuì e le passò la sua bambola. Prese per mano Agape e insieme si infilarono nel passaggio in mezzo alle siepi. Prima di farlo, però, Agape si assicurò che nessuna domestica o guardia le stesse controllando. Una volta sicura che nessuno la vedesse, si infilò nel passaggio. I rametti le si impigliavano nel mantello, rendendole i movimenti più difficili. Una volta fuori, si tolse le foglie di dosso e si sistemò meglio il cappuccio. Non voleva assolutamente che qualcuno la riconoscesse.
Camminarono mano nella mano mentre attraversavano la città. Agape si fermava ogni tanto per guardarsi intorno, cercando di imprimersi nella memoria ogni particolare che suscitava la sua curiosità, così da poter chiedere spiegazioni a sua madre una volta tornata a casa. Oltre alla curiosità, però, il sentimento che prevaleva in lei era la paura.
Aveva davvero paura che l'incontro con le bambine finisse come l'ultima volta. Solo che in quell'occasione c'era stata sua madre a difenderla, ora era sola. Strinse la sua bambola per farsi coraggio.
Non era completamente sola. C'era Sylvie con lei e sapeva di poter contare sul suo aiuto in caso di bisogno. Le strinse di più la mano, notando che erano quasi arrivate.
- Eccoci qua. Pronta per fare amicizia? Io alcune bambine le conosco e non sono cattive. Vedrai che andrà tutto bene. -
Agape annuì, più per farla contenta che per convinzione. Sentiva il cuore batterle furiosamente nel petto e stava tremando tanto, come se fosse inverno.
Sylvie salutò un paio di bambine. Agape le guardò, restando in disparte. Si vedeva che facevano parte dell'alta nobiltà. I vestiti erano molto vaporosi e riccamente decorati. Troppo perché potessero giocare liberamente. Lì intorno vide solo delle domestiche, nessun genitore. Sylvie la prese per mano e la portò dalle bambine, che iniziarono a guardarla con curiosità.
- Lei è Agape, una mia amica. -
Una delle bambine si fece avanti e allungò una mano per salutare la nuova arrivata.
- Ciao Agape, io sono Julie. -
- Ciao... -
Agape sbirciava da sotto il mantello la bambina che aveva di fronte, coi riccioli biondi, occhi grandi e verdi.
- Come mai non togli il mantello? Non fa così freddo. - le chiese un'altra bambina.
Agape sentì il cuore accelerare e scosse la testa, tenendo il cappuccio stretto.
- Ho... ho freddo. Mia madre mi ha detto di coprirmi perché ho avuto il raffreddore pochi giorni fa. -
- Ma potrai almeno scoprirti la testa. - insistette un'altra bambina.
- No, non posso. -
- E perché? -
Vide che le bambine si stavano avvicinando incuriosite, e tutti gli altri si erano girati verso di lei e la guardavano. Una di loro le si mise alle spalle, senza che se ne accorgesse, e le tolse il mantello.
Agape per un attimo rimase accecata dalla luce e si coprì gli occhi con le mani. Quando li riaprì vide che la maggior parte dei bambini la guardava con timore. Si girò ma in ogni direzione vedeva quegli occhi che la fissavano con paura e disgusto.
- Sylvie ha portato una strega! - gridò Julie spaventata.
- Lei non è una strega! -
Intanto Agape stava cercando di recuperare il mantello ma la bambina che lo aveva correva per la piazza e voleva evitare di dare spettacolo.
- Sì che lo è invece! Me lo ha detto la mia mamma. -
- Allora la tua mamma è una stupida! Se da ascolto ai pettegolezzi come se fossero sempre la verità è solo scema! -
A quelle parole, sulla piazza calò un silenzio di tomba. Tutti lì conoscevano la madre di Julie. Era la contessa Samantha, moglie del Generale della Prima Divisione.
- Stai attenta a quello che dici Sylvie. Se non vuoi diventare una strega anche tu, dovresti evitare di frequentare certa gente. -
- L'unica strega che vedo qui sei tu. -
Uno schiaffo potente si abbatté sul viso di Sylvie prima che potesse fare un passo.
La bambina alzò lo sguardo e si trovò a fissare il volto arcigno della contessa.
- Stai attenta bambina, altrimenti dovrò lamentarmi coi tuoi genitori e far sì che ti insegnino le buone maniere come si deve. -
Agape fissò le scena inorridita. Nella sua brevissima vita, non aveva mai visto un adulto picchiare un bambino. I suoi genitori non avevano mai alzato le mani su di lei o suo fratello. Al massimo se proprio li facevano arrabbiare li mettevano in punizione, ma non avevano mai alzato un dito.
- Prima di insegnare a me l'educazione, dovreste imparare cosa sia davvero contessa. - le rispose sfrontata e per nulla impaurita.
Agape rimase scioccata da quelle parole. Non aveva mai sentito nessun bambino rivolgersi così a un adulto; le avevano sempre insegnato a portare rispetto a qualcuno più grande e con un grado più alto di potere rispetto a lei. Pensò che la contessa le avrebbe tirato un altro schiaffo e invece prese Sylvie per un braccio e la tirò su da terra con forza, dicendole:
- Penso proprio che farò una chiacchierata coi tuoi genitori e mi assicurerò che tu riceva la punizione che meriti. -
Almeno quella volta l'amica ebbe il buonsenso di stare zitta. La contessa si voltò verso Agape e la guardò con disprezzo. La piccola si sentì congelare sotto quello sguardo carico d'odio. Troppo da sopportare per una bambina così piccola.
- Vedi di tornare da dove sei venuta e non farti più vedere in giro, strega. -
Agape sentì un colpo al cuore e lacrime salate presero a scorrere lungo le sue guance. Strappò dalle mani della bimba il mantello che le aveva rubato, se lo mise indosso e corse via. Attraversò si nuovo il regno e ne oltrepassò i confini, dirigendosi sempre di più verso il bosco. Non ne aveva paura, sua madre le raccontava di come fosse bello e magico. Si inoltrò nella fitta vegetazione, cercando di andare il più lontano possibile da quel luogo che sembrava odiarla.

Le streghe di KaruaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora