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Era mattina presto e Agape si trovava negli orti dietro il palazzo. Per qualche strano motivo quell'anno le piante non erano cresciute come di consueto e alcuni contadini erano venuti da lei preoccupati per l'imminente raccolto. La donna allora era accorsa subito sul posto, per verificare quale fosse la situazione. Si ritrovò davanti un intero appezzamento pieno di piante acerbe, malnutrite e, alcune, morenti. Gli uomini e le donne erano disperati: il duro lavoro di tanti mesi era quasi andato perduto.
La Salvatrice li guardò e sorrise. Poggiò le mani sul suolo e ve le immerse. Sentì l'umidità della terra sulla pelle e il freddo penetrarle nelle ossa. Un brivido le corse lungo la schiena, ma non ritirò gli arti. Chiuse gli occhi e attinse alla propria energia, a quel fuoco che aveva nel petto e che bruciava in continuazione. Irradiò quel calore alle piante che avvertiva attorno a sé finché non le percepì forti e sane. Si rialzò e osservò il proprio operato, soddisfatta. Le girava un po' la testa, ma era sicura che fosse solo un effetto collaterale dell'aver utilizzato i suoi poteri. I contadini la ringraziarono di cuore e si affrettarono a raccogliere le verdure mature.
Agape rientrò al Castello, sentendo la testa pesante e dei brividi percorrerla da capo a piedi. Decise che avrebbe riposato un paio d'ore, così da essere in forze per la lezione di scherma che aveva quel pomeriggio. Keraan la raggiunse nella sua stanza, poggiando il muso sulla sua gamba e guardando la sua compagna con preoccupazione.
- Stai tranquillo amico mio, devo solo dormire un po' e dopo starò bene. -
Si svestì e indossò una camicia da notte, sciolse i lunghi capelli bianchi massaggiandosi la cute e si coricò a letto, cercando si scacciare quei tremori che la pervadevano. Il lupo le si mise affianco, trasmettendole il proprio calore. Il suo sonno fu agitato, pieno di immagini raccapriccianti, la cui maggioranza conteneva suo fratello che rideva di lei, mentre il Castello delle Shariwae andava a fuoco.

Si svegliò ancora più stanca di prima e si accorse subito che nell'aria c'era un profumo diverso. Non era il suo solito sacchettino di lavanda a spargere quella fragranza. Qualcuno era entrato nella sua stanza mentre dormiva e, notò, le aveva portato il pranzo su un vassoio d'argento. Agape si alzò lentamente, notando di essere sudata fradicia. Si avvicinò al pasto e trangugiò l'acqua come se non bevesse da giorni. Se ne versò dell'altra e anche quel bicchiere sparì in pochi secondi. Però, al pensiero di mangiare, le venne la nausea e sbocconcellò solo la pagnotta che le avevano portato, lasciando completamente perdere il piatto di verdure. Inspirò a pieni polmoni quel profumo che aleggiava nella stanza, chiedendosi a chi appartenesse. Sapeva di vaniglia e gelsomino.
Si toccò la fronte con un palmo e sentì che era calda, molto calda.
"Non è possibile, non posso avere la febbre. Non sono mai stata malata..."
Non capiva come potesse essere successo: il Fuoco che aveva dentro l'aveva sempre protetta dai malanni normali. Inoltre, il gelo che sentiva non era normale, non aveva mai sofferto il freddo in vita sua, a parte quando si immergeva nell'acqua del lago. Quello era l'unico luogo in cui aveva mai percepito il rigore della temperatura invernale.
Sentì la necessità di coprirsi. Prima, però, guardò fuori dalla finestra. "Dannazione! Sono in ritardo per la lezione!". Si vestì in fretta e furia, coprendosi bene per allontanare quella nuova sensazione immensamente sgradevole. Si diresse verso la Sala degli allenamenti ed entrò dalla porta superiore. Prima di palesare la sua presenza, osservò dall'alto i giovani che erano lì radunati in sua attesa. I ragazzi guardavano divertiti le loro compagne, le quali cercavano di abituarsi ai vestiti maschili che erano costrette a indossare per potersi esercitare con le armi. Molte di loro erano evidentemente a disagio in quelle vesti, altre invece le sfoggiavano con orgoglio; altre ancora imitavano i ragazzi gonfiando il petto e muovendosi rigidamente, facendo ridere tutti i presenti, compresa Agape.
- Vedo con piacere che vi state abituando a questi nuovi costumi. - disse loro sorridendo. Le giovani arrossirono e scoppiarono in risolini nervosi. Tra loro riconobbe Lyla, Heylin e un altro paio di ragazze a cui aveva insegnato i rudimenti della magia.
- Bene, pronti per la lezione di oggi? - chiese, nonostante le girasse la testa e sentisse il viso in fiamme.
- Ripasseremo quello che abbiamo imparato la volta scorsa, poi vi metterete a coppie e proverete da soli con il vostro compagno. -
La donna si guardò intorno per un momento, notando che mancava una ragazza.
- Qualcuno sa che fine ha fatto Kayla? E' già la seconda lezione che salta questa settimana. -
- A me ha riferito che doveva cercare delle erbe mediche, penso sia ancora nel bosco. - le disse una ragazza con lunghe trecce chiare.
Agape annuì, appuntandosi mentalmente di andare a trovarla più tardi, per accertarsi che stesse bene. Non le sembrava plausibile che mancasse di nuovo, per lo stesso motivo dell'allenamento precedente, per giunta.
Riprovarono i movimenti e le posizioni della volta scorsa. Agape era di fronte ai ragazzi e loro copiavano le sue mosse. Dopo circa mezz'ora, la Maestra - come la chiamavano i suoi allievi – disse di dividersi in coppie e provare da soli. La donna, nel mentre, si sedette sulle scalinate e prese un respiro profondo, per calmare il tremore che le aveva preso le mani. Le sfregò tra loro, cercando quel calore che l'aveva sempre caratterizzata, ma che adesso sembrava averla abbandonata.
"Questa maledetta nausea non ne vuole sapere di andare via..." pensò disperata. Era la prima volta che sperimentava un malessere fisico così forte. Odiava sentirsi debole. Era come se il suo stomaco non ne volesse sapere di stare al suo posto, continuava a darle l'impressione che si stesse muovendo.
Inspirò profondamente, cercando di scacciare quella sensazione sgradevole e sentì di nuovo quel profumo di gelsomino e vaniglia. Notò che di fronte a sé c'erano due piedi di donna che si toccavano l'un l'altro. Alzò lo sguardo e vide a chi appartenevano: Heylin.
- Mi dispiace se vi disturbo, ma... ecco... tutti hanno un compagno tranne me e mi chiedevo se mi potessi allenare con voi, sempre che non stiate troppo male per aiutarmi... -
Agape si alzò in piedi e le disse che non c'era assolutamente alcun problema, poteva allenarla tranquillamente, sebbene si sentisse come se il suo corpo la stesse tradendo. Cercò di ritrovare l'equilibrio, sorridendo alla ragazza. Si misero una di fronte all'altra e alzarono la guardia della spada. In quel momento la donna non seppe più se il dolore allo stomaco fosse per il malessere o per la presenza della giovane. A ogni movimento sentiva il ventre contrarsi e lei cercava di non dare a vedere il dolore che la trapassava. Heylin però doveva essersi accorta di qualcosa, perché ogni tre o quattro minuti le chiedeva se non preferisse fermarsi per riposare. Agape continuava a dire che stava bene e che non aveva nulla di cui preoccuparsi.
Le due stavano esercitandosi in alcuni attacchi quando, per una fitta più dolorosa delle altre, l'albina si piegò lateralmente Non riuscì a parare l'attacco dell'allieva, che la colpì al fianco destro, strappandole un gemito carico di sofferenza. Heylin si coprì la bocca con una mano, facendo cadere la spada di legno e accorrendo dalla sua mentore.
- Mi dispiace molto, Wa Agape, non volevo farvi male... -
- Non ti preoccupare Heylin, sto bene... è stato solo un colpetto... - cercò di sdrammatizzare la donna, ma poco dopo iniziò ad avvertire un bruciore al ventre. Si tenne lo stomaco con le braccia, cercando di far passare quella sofferenza, ma non accennava a diminuire, anzi, continuava ad aumentare. Dalle sue labbra fuoriuscirono gemiti carichi di dolore e tutti i ragazzi si erano voltati verso la donna, preoccupati. Due di loro uscirono dalla Sala e andarono a cercare aiuto, mentre gli altri restavano a guardare impotenti quello spettacolo macabro.
Ad un tratto, Agape aprì la bocca, non riuscendo a respirare e un conato la scosse nel profondo, bruciandole la gola. Sentì l'urlo terrorizzato di molte ragazze e ragazzi. Quando aprì gli occhi, tra le lacrime, vide ciò che era fuoriuscito dal suo corpo: denso sangue scuro. Lo sentiva colare lungo il mento e sporcare le vesti che indossava. Rigettò ancora, sentendo nuovamente il sapore metallico e acido sulla lingua.
La porta si spalancò di getto ed entrò Jakala, seguita dai due ragazzi che erano andati a cercarla.
- Dov'è Kayla? E' lei la guaritrice del Castello! - chiese la nuova venuta, tra l'arrabbiato e il preoccupato. Le ragazze le risposero che non lo sapevano, erano solo a conoscenza del fatto che fosse andata nel bosco in cerca di erbe officinali. Ordinò a due giovani di andare a cercarla e poi si diresse correndo verso Agape. La sciamana si piegò sulla donna, chiedendole se riuscisse a parlare, ma Agape perse i sensi poco dopo, accasciandosi al suolo sorretta solamente da Heylin.
- Signori, aiutatemi a spostarla e a portarla nelle mie stanze, subito! -
I ragazzi non se lo fecero ripetere e obbedirono, consci che la situazione era grave.
Ben presto la notizia circolò nel Maniero e l'aria si fece pesante, piena di presagi maligni.
Agape venne depositata nelle stanze di Jakala, dove la donna la stava esaminando; nel mentre attendeva l'arrivo di Kayla. I minuti passavano e la Salvatrice peggiorava di secondo in secondo.
"Cosa diamine ti è successo Agape? Non sei mai stata male da quando ti conosco..." pensava la sciamana preoccupata. Provò a somministrarle qualche pozione che conosceva curassero i sintomi influenzali, ma puntualmente le rigettava. La fronte era bollente e la sua pelle si faceva via via più pallida. Uscì dalla stanza come un uragano e urlò: - Allora si può sapere dov'è la curatrice? -
Kayla non era ancora arrivata e Jakala non riusciva più a gestire l'attesa. Se non fosse arrivata al più presto, Agape sarebbe morta dissanguata e lei non poteva permetterlo. Decise che per il momento avrebbe fatto a meno di lei.
Chiuse gli occhi, si concentrò, fece appello al proprio fulcro e vi attinse. Con un incantesimo cercò di trovare il problema, ma sembrava esserci una forza a respingerla. Stava cercando di aggirare quella specie di barriera attorno ad Agape, quando Kayla fece il suo ingresso nella stanza.
- Eccoti finalmente. Non servono più le tue piante, vieni a darmi una mano, muoviti! - le disse Jakala dura. La ragazza non se lo fece ripetere due volte e si avvicinò alla donna; fece vagare lo sguardo sul corpo della sua Maestra sofferente, sentendo la preoccupazione montare alla vista del sangue. Non appena cercò di individuare il male che affliggeva la sua mentore, percepì qualcosa che le impediva di arrivare all'origine del problema.
- Non riesco a capire cosa sia... è come se ci fosse qualcosa che ci blocca. - disse a Jakala.
- Va' a chiamare tutte le Shariwae in grado di darci una mano. Di' loro di sbrigarsi, non abbiamo molto tempo. -
- Voi avete capito di cosa si tratta? - chiese la ragazza, con una nota di ansia nella voce.
- Sì. E' una maledizione, dobbiamo agire in fretta. -
Kayla corse fuori dalla stanza a rotta di collo, cercando in tutti i modi di fare il più velocemente possibile. Tornò poco dopo, con al seguito una trentina di ragazze e donne.
- Accendete una candela nera per ogni Shariwa presente nella stanza e poi mettevi in cerchio prendendovi per mano. -
Le ragazze obbedirono e, infine, si presero per mano.
- Molto bene, ora confluite la vostra energia su Agape e cercate di abbattere il muro magico che avvertirete. -
Le donne lo fecero, mentre Jakala pronunciava una litania antica, rivolta alla Dea Madre, chiedendo il suo aiuto. Anche le altre fecero ricorso alla preghiera, invocando l'aiuto della Natura. Dopo alcuni infiniti minuti in cui sembrò non accadere nulla, la barriera iniziò a creparsi e ben presto, Jakala e le Shariwae riuscirono a vedere che cosa stesse provocando così tanto dolore alla Salvatrice. Sembrava uno spillo ed era conficcato nel suo stomaco; premeva per dirigersi altrove.
- Molto bene ragazze. Non perdete la concentrazione, ora dobbiamo estrarre quel dannato ferro. Cercate di muoverlo con la vostra energia ma mi raccomando, niente movimenti azzardati, o potremmo peggiorare la situazione. -
Con quell'enorme responsabilità a gravare su di loro, le donne iniziarono a far muovere lo spillo incriminato molto lentamente. Quando lo mossero, però, Agape iniziò a urlare e contorcersi, in preda al dolore.
- Ian! Sanas! Venite a darci una mano! - urlò Jakala a due ragazzi che si trovavano fuori dalla stanza. - Tenetela il più ferma possibile! -
I due giovani obbedirono e cercarono di immobilizzare l'albina, facendo una fatica bestiale. Sembrava posseduta da una forza disumana. Le urla che uscivano dalla sua gola fecero gelare tutti sul posto, alcune ragazze persero la concentrazione e l'indovina percepì l'ago affondare molto di più nelle carni della donna che urlò ancora, inarcando la schiena in preda al dolore.
- Concentratevi o morirà! - urlò quasi sull'orlo della disperazione.
Le Shariwae cercarono nuovamente di estrarre lo spillo dal corpo della Salvatrice, tentando di mantenere alta la concentrazione. Le loro fronti erano imperlate di sudore e i loro visi erano distorti in espressioni di sofferenza. Alcune sembravano sul punto di collassare a terra per lo sfinimento, ma resistettero. Dovevano assolutamente spezzare la maledizione.
- Avanti signore, un ultimo sforzo e ci siamo quasi. - le incitò la sciamana.
Le donne fecero appello alle proprie forze residue e, finalmente, riuscirono ad estrarre quel dannatissimo spillo dal corpo della donna. Agape si agitò e spalancò la bocca quando sentì l'ago passare attraverso la laringe. L'oggetto maledetto fuoriuscì e Jakala fu veloce a prenderlo e a sigillarlo dentro un cofanetto incantato che aveva preparato precedentemente. Sentì Agape tossire e parlare.
- Ja... kala... - la sua voce era roca e debole. Le Shariwae gridarono di gioia e i due baldi giovani che aveva trattenuto la donna poterono tirare un sospiro di sollievo. Lei si guardò intorno smarrita, chiedendosi cosa ci facessero lì tutte quelle donne, perché ci fossero le candele nere accese e, soprattutto, che cosa le fosse successo.
- Sei stata maledetta. -
La donna si mise a sedere, sentendo che il freddo percepito fino a poco prima stava lentamente retrocedendo. Le sue mani furono nuovamente calde e il dolore allo stomaco stava svanendo.
- Cosa? In che modo? -
Jakala si voltò a guardarla e, vedendola così spaventata e vulnerabile, si sentì in colpa per non avere la risposta.
- Non lo so, Agape, non ne ho la minima idea. Potresti avere toccato qualcosa di stregato con della Magia Nera, oppure... -
D'un tratto, il suo sguardo si illuminò di comprensione e fissò intensamente ciò che teneva tra le mani, come a cercare conferma alla sua ipotesi.
- Oppure? - la incalzò l'albina.
- Un Feto della Discordia. -
Agape e le altre donne lì presenti la guardarono come se fosse appena scesa giù dal cielo con un paio di ali di corvo.
- E' una maledizione molto antica, la sua creazione risale a tanti secoli fa. Alcune Shariwae la utilizzavano per vendicarsi di torti subiti. Viene utilizzato il feto ancora caldo di un maiale, si incide il nome della persona che si vuole maledire sulla sua pelle e poi si pronuncia una formula segreta. Dopodiché si inseriscono uno o più spilli nel feto, in corrispondenza dei vari organi, uccidendo così la persona designata.
Per spezzare la maledizione bisogna estrarre tutti gli spilli e poi bruciarli. -
Mostrò il cofanetto ad Agape e la guardò in modo significativo. La donna lo prese tra le mani e, con i suoi poteri, lo incendiò. Le fiamme, da rosse, divennero nere e lasciarono sulle mani dell'albina una sostanza scura, collosa e dall'odore nauseabondo. L'indovina le passò un panno e lei si pulì i palmi, cercando di togliere quella sostanza disgustosa.
Nel mentre, le Shariwae si congedarono per andare a riposarsi; era stato uno sforzo sovrumano e, per molte, quello era stato il primo incantesimo mai compiuto. Rimasero solo la sciamana e l'albina.
- Chi può essere stato? -
- Beh, Agape, non mi sembra così difficile da immaginare. Hai solo un nemico giurato qui a Karua. Indubbiamente è stato Damon. -
La Salvatrice la guardò, un po' dubbiosa. Poi disse:
- Già ma non può averla lanciata da solo, qualcuno deve averlo aiutato. E non una persona qualsiasi. -
Le due donne si guardarono in maniera eloquente e Jakala mise a voce le loro preoccupazioni:
- C'è una Shariwa al servizio del Re e non abbiamo idea di chi possa essere. -
- Ed è anche molto potente, da quello che abbiamo visto oggi. - aggiunse Agape preoccupata.
Entrambe fissarono la sostanza nera sul fazzoletto, chiedendosi chi potesse essere la loro nuova pericolosa nemica.

Evelyn guardò il feto bruciare tra le mani e sentì Damon urlare di frustrazione.
- Avevate detto che con questo Agape sarebbe stata inoffensiva! Avevate detto che l'avremmo annientata una volta per tutte! -
La donna sorrise, guardando il Re di traverso. Una breve risata si levò nell'aria quando vide l'espressione corrucciata del sovrano.
- Non capisco cosa ci troviate di così divertente. -
- Oh, caro, avresti dovuto vedere la tua faccia in questo momento, ecco perché rido. E comunque, ricorda: ogni piano fallito è un'informazione in più sui tuoi nemici. Quello che non funziona oggi, è un'importante lezione per domani. -
A Damon non sembrava che quel discorso avesse senso, ma d'altronde era anche lei una strega, pensava forse di poter comprendere appieno ciò che le passava per la testa? "No, decisamente no. Non ho questa presunzione."
L'uomo continuò a camminare in circolo, massaggiandosi la barba, perso nei propri pensieri. Sentirono un rumore dietro la porta, come qualcosa che veniva urtato e cadeva a terra. L'uomo fece segno a Evelyn di stare ferma e non fare rumore. Il Re uscì dalla stanza in cui si erano rifugiati lui e la megera. Una volta fuori vide la Regina andare verso le scale che portavano alle voliere dei piccioni viaggiatori. Insospettito, la seguì di soppiatto, vedendo che teneva stretto in mano un biglietto.
Reanna continuò la sua corsa verso la torre, assicurandosi di non essere seguita. Strinse il messaggio come se fosse un'ancora di salvezza, mentre il suo cuore batteva impazzito. Era terrorizzata all'idea di venire scoperta. Arrivata in cima, si avvicinò a una gabbia in cui era rinchiuso un falchetto, con un nastrino bianco annodato a una zampa. La donna legò quella minuscola lettera al volatile e lo liberò, affinché potesse consegnarlo a chi era destinato. Sentì un fischio nell'aria e, dopo un gemito di dolore, vide l'uccello abbattersi al suolo. Un bruciore alla guancia la fece voltare di scatto e si ritrovò a fissare gli occhi infuriati di Damon, sentendo il terrore montare dentro di lei come un'onda. Il Re la prese per il collo e Reanna temette di stare per morire. In realtà quella prospettiva non la spaventava come aveva creduto; a farle davvero paura era l'idea di dover essere continuamente vittima di sevizie da parte sua e non poter fuggire. Vista la situazione in cui si trovava, la morte era un'alternativa decisamente più allettante.
- Non ti torcerò un capello solo perché porti in grembo mio figlio. Ma tu prova a tradirmi un'altra volta e implorerai perché la morte venga a prenderti. -
La lasciò andare e Reanna poté tornare a respirare di nuovo, non sapendo per quanto ancora le sarebbe stato concesso. 

Le streghe di KaruaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora