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Il fuoco divampava intorno a lei, caldo e potente. Con il pensiero e i gesti delle mani riusciva a controllare le fiamme, direzionandole dove voleva. Doveva tenere sott'occhio la loro traiettoria. Il suo non era un elemento malleabile, era pericoloso e se avesse perso il controllo tutto sarebbe stato ridotto in cenere.
Lo fece girare intorno a se stessa sempre più velocemente, finché non si tramutò in un cerchio di energia pura.
- Molto bene! Ora prova a creare dei raggi. -
Agape prese un respiro profondo e concentrò quel fuoco vorticante in un dardo luminoso. Colpì una roccia lì vicino e la ridusse in frantumi.
Chiudendo le mani, il fuoco sparì e la ragazza poggiò le mani sulle ginocchia per reggersi dopo lo sforzo.
- Sei migliorata molto Agape, i tuoi poteri stanno crescendo. -
- Così come la mia Fede. Riesco a sentire la Natura intorno a me, il suo potere, la sua voce! Mi sento così libera e in pace. -
Ed effettivamente era così. Non si era mai sentita così bene, così pacificata con se stessa. Sentiva di aver trovato la sua strada, sentiva di poter davvero diventare la Salvatrice. I suoi poteri crescevano, la sua fiducia in Madre Natura era forte, salda, sapeva che sarebbe sempre stata con lei e la sua Maestra era orgogliosa della sua allieva, lo vedeva in ogni sorriso che le rivolgeva e nello sguardo fiero.
Era pronta ad abbracciare il suo Destino.

- Per diventare la Salvatrice, hai bisogno di un'arma degna di questo nome. -
Lajvika camminava avanti e indietro, mentre Agape la osservava attentamente.
- E dove posso trovarla? -
- Da nessuna parte. -
La ragazza la guardò interrogativa, in attesa di una spiegazione.
- Devi costruirla da sola. -
Strabuzzò gli occhi. Da sola? Non aveva mai tenuto in mano una vera spada e ora la sua Maestra le chiedeva di crearne una?
- Ma io... a malapena so tenere un'arma in mano e voi mi chiedete di costruirne una dal nulla? Come posso riuscirci? -
- Ci sarò io con te. Come ti dissi tempo fa, mio padre era un armaiolo e io ho appreso la sua arte. Ti guiderò io. Non devi avere paura. -
- E comunque, sei molto brava a tirar di spada. Chi ti ha insegnato? So che non sono in molti a voler insegnare a una donna come combattere. -
- Un amico. - tagliò corto Agape. Non aveva voglia di rivangare il passato.
Lajvika non insistette.
- Fammi prendere i miei strumenti e poi partiremo. -
- Per dove? -
- Per la cava più ricca di tutta Karua. Lì troveremo il metallo adatto per la tua spada. -
Si incamminarono dopo aver pranzato. Il bosco le riparava dal caldo del meriggio.
- Maestra, volete una mano con i picconi? -
- No, stai tranquilla. Ce la faccio benissimo da sola. -
- Dove si trova questa cava? -
- Verso nord-est, sul versante del monte Ghlynja. Dovremmo arrivarci in poche ore. -
Intanto che camminavano, Agape ascoltava il bosco e cercava di connettersi con la Natura intorno a lei. Ma il caldo non la lasciava pensare, anzi, le stava causando un leggero mal di testa, che non la aiutava affatto a concentrarsi. Ormai erano nel pieno dell'estate e l'afa si faceva sentire con prepotenza.
- Conosci la storia di Balinda? - le chiese all'improvviso Lajvika.
La ragazza cercò di ricordare se avesse già sentito quel nome tra le storie che le raccontava sua madre. Non le venne in mente nulla, quindi scosse la testa.
- Balinda era una Shariwa guerriera. Il suo dono era l'abilità con le armi. Il suo era un villaggio di guerrieri e guerriere, tutti erano tenuti a saper combattere. -
Agape venne rapita dalle parole della sua Maestra.
- La sua storia inizia a Junifra, un villaggio non molto lontano da queste terre, al di là delle montagne. -
- Quindi ci sono altre Shariwae oltre a quelle di Karua? -
- Oh, certo Agape. Siamo tante, in tutto il mondo. -
- Come stavo dicendo, Junifra era un villaggio oltre queste montagne, e Balinda viveva lì, con la sua famiglia, la sua comunità. -

Ormai l'inverno stava finendo e questo voleva dire tante cose. Ma soprattutto che presto sarebbe diventata capo villaggio. Sua madre ormai era troppo anziana per continuare a dirigerlo, quindi aveva deciso che non appena fosse arrivata la primavera, sua figlia avrebbe preso il suo posto, ma voleva prima essere sicura che fosse all'altezza di tale scopo.
Balinda era una ragazza forte e coraggiosa, ma peccava di presunzione. Pensava che nessuno sarebbe riuscito a batterla, era la guerriera più forte del suo villaggio; ma non aveva mai partecipato a una vera battaglia e non sapeva cosa fosse la guerra. Erano tempi di pace quelli, tempi tranquilli, in cui le Shariwae potevano ancora vivere libere e professare la propria fede senza timore.
L'arte della guerra era una tradizione tramandata da eoni a Junifra, tutti, sia maschi che femmine, dovevano allenarsi duramente per poter venire definiti adulti.
Un rito di passaggio separava i più giovani, dagli adulti: lo Sturdan'lin. Nella Lingua Antica voleva dire "danza delle spade". Ogni ragazzo che avesse compiuto i diciassette anni doveva dimostrare la propria abilità con le spade gemelle, armi tradizionali tramandate da tempi antichi, più lontani di quanto gli anziani ricordassero.
Balinda si allenava da quando era bambina per quel momento. Avrebbe dimostrato a tutti di essere la più forte, una vera guida.
La sera prima della prova si chiuse nella sua capanna, con la luce delle candele a rischiarare il buio e delle foglie aromatiche messe a bruciare per purificare l'ambiente. La ragazza respirò a fondo e pregò Madre Natura affinché la prova andasse a buon termine. Voleva fare colpo su sua madre e sugli anziani, in modo che le dessero la loro benedizione e potesse diventare capo villaggio. Si sentiva pronta per guidare la sua gente, sentiva di avere dalla sua parte Madre Natura e gli spiriti degli Antenati.
Il giorno dopo passò velocemente e la sera arrivò in un battito di ciglia. Tutti gli abitanti erano riuniti al centro del villaggio, intorno al fuoco. I ragazzi che avrebbero compiuto la prova avevano i visi dipinti di colori scuri, sulle loro braccia erano disegnati simboli intricati: alcuni di buon auspicio, altri di protezione e in mezzo alla fronte il simbolo rituale della Dea, la mezzaluna.
Il suono dei tamburi riempì l'aria immobile della notte. La luna era piena e vegliava sui ragazzi, li guardava dall'alto. Le ragazze più giovani iniziarono a intonare un canto alla Madre, per far sì che quella notte fosse loro propizia.
"Mala, fondem cora." [*]
La sua preghiera silenziosa si era persa nell'aria e nel groviglio dei suoi pensieri. A dispetto di ciò che si aspettava, era nervosa, tesa. Non aveva mai sperimentato un tale nervosismo. Sentiva le mani tremare e il cuore batterle furioso nel petto. "Si sente così un soldato prima di andare in battaglia?" si chiese per distrarsi. Doveva riprendere il controllo sulle sue emozioni. Non potevano giocarle brutti scherzi, non durante una serata così importante.
Quando gli anziani chiamarono il suo nome, Balinda si alzò senza accorgersene. Era come se il suo corpo si muovesse da solo; le ronzava la testa e i suoni le arrivavano ovattati. Le mani le tremavano incontrollabilmente. A ridarle stabilità fu lo sguardo sicuro di sua madre. Si fissarono negli occhi per un millesimo di secondo, ma a Balinda bastò. Impugnò senza esitazione le spade gemelle e iniziò a combattere. Ma non era solo battersi, il suo. Danzava al ritmo dei tamburi e seguendo i canti delle ragazze. Le spade le scivolavano sul corpo senza lasciare il minimo segno, seguivano tutte le sue forme, come se si adattassero al suo fisico, come se riuscissero a sentire una voce che dicesse loro esattamente come muoversi. In realtà era l'abilità di Balinda che quella notte si mostrava in tutta la sua forza. Non si stava risparmiando. Se voleva fare colpo sugli Anziani, quella era la notte giusta; per farlo aveva bisogno di ricorrere a tutte le sue capacità.
Il ritmo dei tamburi aumentò e i canti delle ragazza si fecero più alti e tonanti. Balinda sentì scorrere un'energia nuova dentro di sé, un'energia che non riusciva a spiegare, ma che sapeva provenire dalla Dea Madre. Decise così di fare un azzardo. Lanciò in aria le spade gemelle. Facendo forza sulle gambe e sulle braccia fece un salto all'indietro. Intanto ascoltava i rumori del vento, il suono prodotto dalle lame che vendevano l'aria. Sapeva esattamente quando avrebbe dovuto riprenderle. Non appena fu di nuovo in posizione eretta, allargò le braccia e, con fare sicuro, chiuse i palmi, riuscendo a recuperare le spade.
Tutti i presenti avevano gli occhi puntati su di lei. Nessuno fiatava. Per Balinda era una conferma. Rimase seria, aspettando che qualcuno parlasse. Ma il silenzio permaneva. Finché qualcuno non iniziò a battere le mani e così tutto il villaggio. Istintivamente cercò lo sguardo di sua madre. La guardava dal centro del cerchio, con sguardo fiero.
Quando il clamore si spense, sua madre Vananda prese la parola: - Questa sera tutti voi avete dimostrato il vostro valore come guerrieri. Ci avete offerto lo spettacolo delle vostra forza, del vostro talento, della vostra dedizione e del vostro coraggio. Sono fiera di poter dire che questa sera il nostro villaggio ha guadagnato nuovi guerrieri e guerriere degni di questo nome. -
Gli Anziani annuirono convinti.
- Inoltre, ho un annuncio da fare. -
Balinda sentì il cuore accelerare. Ecco che arrivava il suo momento.
- Come i nostri saggi ben sanno, e come potete vedere anche voi, tutti voi, i miei anni sono aumentati. I capelli grigi hanno iniziato a spuntare sulla mia testa come il polline in primavera, le rughe stanno lentamente coprendo la mia pelle e la stanchezza inizia ad essere pesante. Per questo ho deciso che a breve, quando celebreremo l'equinozio di primavera, a Ostara, mai figlia, Balinda, prenderà ufficialmente il mio posto come capovillaggio. -
Balinda guardò sua madre, poi gli Anziani e infine il resto del villaggio. L'adrenalina scorreva ancora veloce nelle sue vene.
- Io, Balinda di Junifra, giuro davanti a voi e alla Dea che proteggere questo villaggio con tutte le mie forze. Cercherò di essere una brava leader, di fare le scelte migliori e di portare prosperità e lustro al villaggio. Prometto di fare del mio meglio perché Junifra possa sempre vivere in pace! -

- Eccoci arrivate. -
Agape si riscosse e guardò dritto davanti a sé. Il versante di un monte si stagliava proprio di fronte a lei. Gli alberi ne ricoprivano la maggior parte della superficie, ma riuscì a intravedere un piccolo sentiero lungo la parete.
- Maestra, una volta finito qui, continuerete a raccontarmi di Balinda? Mi piacerebbe sapere come finisce la sua storia. -
Lajvika la guardò sorridendo. - Certamente Agape. Adesso però dobbiamo risparmiare il fiato per l'arrampicata che ci attende. Quel sentiero è tutt'altro che facile da percorrere. Mano a mano che si procede diventa più ripido e bisogna fare molta attenzione a dove metti i piedi, se non vuoi ritrovarti a valle col collo spezzato ed essere cibo per Orsali. -
- Intendevate orsi? -
- No, no, Agape. Orsali. Sono simili agli orsi, benché questi siano due volte più grandi. Ti consiglio si non avvicinarti mai a loro. Specialmente se sono con dei cuccioli o in letargo. -
Agape si guardò indietro, osservò il bosco e si chiese ancora quante altre creature minacciose potesse ospitare. Decisamente, erano molte più di quante ne conoscesse. E non teneva assolutamente a incontrarle.
Si affrettò dietro la sua Maestra, iniziando a scalare quel monte e chiedendosi come sarebbe stata la sua spada.

[*] Madre, infondimi coraggio.

Le streghe di KaruaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora