Agape lasciò che un urlo sfuggisse al suo controllo. Si aggrappò alla prima superficie solida che trovò e cercò di riprendere fiato ma non ci riuscì. Quando sentì quello strumento infernale stringersi ancora di più, quasi gridò: - Basta, per favore! -
- Wa Agape, con tutto il rispetto, avete affrontato cose ben peggiori di un corsetto. Potete resistere... ancora qualche secondo. - la rimproverò Marina, mentre tirava i nastri dell'indumento per farlo aderire al corpo della donna.
- Ho bisogno di poter respirare quando procederò con le trattative con il Re, non di svenire per la mancanza di ossigeno! - rispose, con gli occhi fuori dalle orbite e il viso contratto in una smorfia di fastidio e dolore.
Come se non l'avesse minimamente sentita, la Capo Sarta disse: - Forza ragazze, portate il vestito! Con la biancheria e le sottogonne abbiamo finito. -
Agape cercò di ritrovare l'equilibrio e prese un respiro profondo, tirando il corsetto e allargandolo, cosicché fosse meno letale. Le pareva davvero uno strumento di tortura. La sarta le chiese di alzare le braccia e le infilò l'abito dalla testa. Una volta che l'ebbero sistemato, due delle aiutanti portarono un lungo specchio nella stanza. L'albina rimase a bocca aperta di fronte a quella magnificenza. Non aveva idea di cosa dire, era stupendo. Il velluto rosso era così puro da sembrare sangue, aperto sul davanti, permettendo che il tessuto si vedesse in tutta la sua bellezza. Il resto del vestito era coperto da fine pizzo nero che scendeva oltre le maniche, arrivando a sfiorare le dita della donna. La parte superiore dell'abito era così finemente lavorata da sembrare appartenente a una regina. La scollatura quadrata metteva in risalto i suoi seni, già schiacciati dal corpetto, senza però renderla volgare.
- È... bellissimo Wa Marina, davvero. - si complimentò, senza riuscire a staccare gli occhi da quello spettacolo di abito. La Capo Sarta le passò la maschera e lei se la legò dietro al capo, assumendo un'aria misteriosa e oscura. I capelli erano raccolti in un elegante chignon basso, contornato da diverse trecce. Qualche ciocca sfuggiva all'acconciatura, incorniciandole il viso in maniera armonica, sottolineando i suoi tratti delicati. Sulle labbra le avevano applicato un pigmento rosso, rendendole appariscenti e ancora più carnose di quanto già non fossero.
Scese al piano sottostante, stando attenta a ogni passo che compiva, instabile sui tacchi alti che l'avevano obbligata a indossare. Attraversò l'ingresso reggendo gli innumerevoli strati di tessuto e andò a salutare Radja e Leybet, che l'attendevano di fianco al portone. Keraan la seguì, annusando curioso l'abito che indossava. Salutò le sue ospiti e disse loro: - Vi ringrazio infinitamente per essere qui stasera, non avete idea di quanto io sia sollevata all'idea che sarete voi a occuparvi delle mie Shariwae mentre io sarò a Karua. -
- Non dovete ringraziarci, sappiamo benissimo che voi avreste fatto lo stesso al nostro posto. Come vi avevamo promesso vi abbiamo portato qualcosa per proteggervi quando sarete a Karua. -
L'albina completamente dimentica della loro promessa, rimase di stucco. Radja le porse un ciondolo in pietra dura, dalle sfumature rossastre, percependone l'energia magica.
- Sono andata nella Cava di Labhe per prenderlo. Come sapete i suoi cristalli funzionano perfettamente, io ho solo aggiunto un incantesimo per schermarvi dagli attacchi magici, in caso qualche Shariwa provasse ad attaccarvi. -
Agape ringraziò la Capo Villaggio e indossò il talismano, sentendo una specie di calore diffondersi quando questo toccò la sua pelle.
- Io invece vi dono questo anello: la pietra è removibile e sotto c'è una punta avvelenata. Vi basterà sfiorare una persona e, dopo pochi minuti, quella cadrà a terra, svenuta. State tranquilla, non è mortale. - si affrettò a precisare, notando lo sguardo stupito della Salvatrice. - Stordisce solo per qualche ora. In caso non abbiate altra scelta che usarlo, gli invitati attribuiranno la perdita di sensi a un malore. -
- Vi ringrazio davvero per questi doni, mi sento più tranquilla adesso. -
- Ora andate, è quasi il tramonto. Dovete essere a Corte quando il sole sarà calato. Fate del vostro meglio per sfruttare questa occasione, non ne avremo un'altra. -
L'albina annuì decisa. Avrebbe fatto tutto ciò che era in suo potere per scongiurare quella guerra. O almeno, avrebbe cercato di non renderla troppo disastrosa. Si voltò verso le persone che erano lì presenti e le salutò, sperando di tornare indietro sana e salva e di poterle rivedere. Heylin le si fece incontro, reggendosi a un bastone da passeggio e l'abbracciò, stringendola il più possibile.
- Stai attenta e torna a casa il più presto possibile, per favore. - le sussurrò la giovane all'orecchio.
- Te lo prometto. Tornerò appena il ballo finirà, il che vale a dire tra poche ore. Andrà tutto bene, stai tranquilla. -
- Come posso stare tranquilla dopo quello che ti ha fatto? Come posso stare tranquilla sapendo che andrai in un luogo dove tutti ti odiano e in cui c'è una Shariwa che ti ha già maledetta? -
- Devi fidarti di me Heylin. Vedrai, tornerò tra pochissimo. -
Sciolsero l'abbraccio e Agape si voltò verso Radja.
"Nel caso mi succeda qualcosa, vi prederete voi cura di loro?"
"Certamente Wa Agape, non temete. Dovesse capitare l'impensabile, ci penseremo noi. Teniamoci in contatto però, nel caso dovessimo intervenire."
"Voi non interverrete. Se dovessi venire catturata troverò un modo per liberarmi, non dovete avvicinarvi a Karua per nessun motivo."
Radja la guardò a lungo, con evidente preoccupazione ma annuì. Doveva rispettare le sue volontà e restare al Castello, anche se la situazione fosse degenerata. L'albina si accucciò per quanto il vestito ingombrante glielo permettesse e salutò affettuosamente il suo Famiglio, lasciando che il suo pelo le scorresse tra le dita e si impregnasse del suo odore selvaggio. Poi venne il tempo di andare e la donna evocò il suo scettro, lo batté a terra, e venne trasportata ai cancelli di Karua. Le guardie che lo presidiavano sussultarono per la sorpresa, facendo cadere le lance che tenevano in mano. La guardavano terrorizzati e incapaci di spiccicare parola. Agape si avvicinò ai due uomini, esibendo l'invito che le aveva inviato Damon. I due soldati si guardarono, indecisi sul da farsi. L'albina prese un respiro profondo, cercando di non perdere le staffe davanti a quei due incapaci. Proprio in quel momento, arrivò una carrozza all'ingresso e il cocchiere disse che era lì per lei. A quel punto, le due guardie si decisero ad aprire i cancelli e a farla passare. Salì sul mezzo, trovandolo molto confortevole e cercando di mitigare l'ansia che l'assaliva man mano che si avvicinava al castello. Una volta giunta a destinazione prese un respiro profondo e scese dal calesse, aiutata dall'uomo. Si avvicinò all'ingresso del maniero e vide i soldati scrutarla dall'alto in basso; lei cercò di non degnarli di uno sguardo, tentando di ignorare la sensazione di pericolo che la pervadeva da quando aveva oltrepassato i cancelli del regno.
Venne annunciata alla Corte da un araldo; il silenzio calò sulla sala come un panno. L'unico suono prodotto era il ticchettio delle sue scarpe mentre si avvicinava al Re e alla Regina, senza curarsi degli altri invitati. Aveva gli occhi puntati su Damon, era concentrata su di lui e nessun altro; dopotutto, bisognava fare gli onori al padrone di casa, prima di poter prendere davvero parte alla festa.
Si inchinò leggermente, senza mai distogliere lo sguardo dal sovrano.
- Ben arrivata, Wa Agape, è un piacere avervi qui con noi questa sera. -
- Perdonatemi, ma non posso fare a meno di diffidare dalle vostre parole. Sono certa che per la maggior parte dei nobili qui presenti io sia tutt'altro che una piacevole compagnia. -
Si scambiarono sguardi affilati, attendendo ognuno la prossima mossa dell'altro, finché non intervenne Reanna per alleggerire l'atmosfera, lanciando un'occhiata di avvertimento al marito.
- Wa Agape è davvero una gioia potervi rivedere. Come state? -
- La mia salute è perfetta, vi ringrazio, voi invece come vi sentite? Se non sbaglio manca poco all'arrivo del bambino. -
La sovrana si aprì in un sorriso e si accarezzò il ventre gonfio. - Sì, è questione di poche settimane e questo piccolino verrà alla luce. Spero che possa vivere in un mondo senza odio e senza dolore, anche se so che è un'utopia. -
- Non è mai sbagliato sperare per un mondo migliore per i nostri figli. -
Damon le lanciò un'occhiata enigmatica, osservandole la parte bassa della pancia.
- Anche voi siete in dolce attesa? - le chiese la Regina, stupita. Agape si affrettò a smentire quell'affermazione e si congedò dai sovrani, osservando la breve fila di nobili che si era creata dietro di lei, in attesa di poter conversare con loro. La donna si avvicinò a un tavolo imbandito con le più elaborate pietanze che avesse mai visto. Si avvicinò titubante a delle tortine dall'aspetto invitante, ne prese una e la assaggiò: la pasta sfoglia era croccante e il ripieno era saporito. Lo stomaco si contorse, pretendendone un'altra. Prese un piattino di porcellana tra quelli impilati ordinatamente al lato della tavola e si servì generosamente un po' di tutte le leccornie a disposizione, cercando di ignorare i nobili che la guardavano con evidente stupore.
Con il suo piatto colmo, si sedette in un angolo un po' in disparte godendosi quelle prelibatezze, accettando il calice che un cameriere le aveva offerto da un vassoio con almeno un'altra decina di bicchieri, che reggeva con abile maestria. Una melodia di violini, violoncelli e flauti iniziò a suonare in quel momento, aiutandola a tranquillizzarsi. Notò che alcuni nobili la osservavano, alcuni incuriositi, altri spaventati e nervosi. Inaspettatamente, uno di loro si fece avanti e le chiese di ballare. Agape, avendo la bocca piena, si affrettò a deglutire e cercò di rifiutare il più gentilmente possibile l'invito ma l'uomo insisteva. Le si avvicinò ulteriormente, decisamente troppo per la pubblica decenza e allungò una mano. Nella sua la donna fece apparire una fiamma.
- Vi ho già detto cortesemente di no, se insistete mi costringete a passare alle maniere forti. -
Il nobile indietreggiò in fretta spaventato e se ne tornò in tutta fretta dai suoi compari. L'albina lo guardò andare via, chiedendosi chi sarebbe stato il prossimo sfacciato che si sarebbe proposto per danzare con lei. "Se sono fortunata nessuno mi disturberà fino alla fine del ballo e poi parlerò con Damon; dopodiché tornerò a casa, sperando di non incontrare alcun tipo di resistenza." Così rimase seduta a osservare gli altri ballare attorno al Re e alla Regina: volteggiavano con grazia, quasi come se stessero scivolando sul ghiaccio; i movimenti erano talmente fluidi che sembrava quasi ci fosse in atto un incantesimo.
- Non vi piacciono molto questo tipo di eventi, dico bene Wa Agape? -
La donna si voltò di scatto, osservando l'uomo in piedi vicino a lei. Era vestito in maniera raffinata, molto elegante e aveva un mantello che teneva su una sola spalla, rosso come il sangue. La sua maschera copriva la metà superiore del viso, lasciando vedere solo i suoi occhi chiarissimi. Sembrava quasi non avesse le iridi. Agape se ne sentì inquietata e attratta allo stesso tempo.
- Avete ragione, non sono amante di questo genere di ritrovi sociali, soprattutto se in luoghi in cui non sono una presenza gradita. -
- Forse non ve ne siete resa conto ma tutti gli uomini qui presenti vorrebbero poter danzare con voi, ma siete inarrivabile. Incutete timore e loro non hanno il coraggio di avvicinarvi. Vi percepiscono superiore, con grande disappunto delle loro dame. -
L'albina lo guardò stupita, chiedendosi come facesse a pensare una cosa del genere.
- Vi sbagliate, per loro sono la strega che ogni giorno mette in pericolo le loro famiglie e il loro regno, mi odiano. -
- Non tutti, ve lo posso assicurare. - le confidò, facendole l'occhiolino e passandosi la mano tra i capelli fulvi. In quel momento, ad Agape venne il dubbio che potesse trattarsi del Cavaliere Magico, il loro misterioso alleato. Il cuore iniziò a martellarle nel petto dall'emozione.
- C'è qualche possibilità che noi ci conosciamo già, anche se in modo indiretto? - si azzardò a chiedere, facendo trapelare il proprio nervosismo.
- Ogni cosa è possibile, soprattutto stasera. Con queste maschere possiamo essere chiunque vogliamo, possiamo permetterci di sbilanciarci, di essere davvero chi siamo. Ci offrono una libertà insolita, che molte volte bramiamo ma che abbiamo paura di afferrare davvero. Alla maggior parte dei presenti fate paura per la vostra libertà, per il vostro coraggio di vivere secondo le vostre regole, senza seguire quelle che qualcuno ha imposto secoli addietro. -
- Però non avete risposto alla mia domanda. - gli fece notare la donna.
Il giovane si aprì in un sorriso scaltro.
- Vi risponderò se ballerete con me. Un solo giro di danza, poi vi lascerò in pace a gustare le vostre tartine. -
Non sapeva perché ma sentiva di potersi fidare. Accettò l'invito e, porgendole la mano, il giovane la condusse sulla pista da ballo. Appoggiò le dita sulla sua vita e la Salvatrice posò una mano sulla spalla del suo cavaliere. Iniziarono a muoversi lentamente, cercando il ritmo giusto e seguendo le note della canzone. Iniziarono a danzare per la sala, con tutti gli occhi puntati contro. Agape si guardava intorno, visibilmente a disagio.
- Ignorateli e pensate a divertirvi. - le sussurrò.
Agape non se lo fece ripetere due volte e continuò a danzare, iniziando anche a divertirsi.
- Siete molto abile nella danza, anche nel vostro castello organizzate spesso dei balli? -
- Oh no, no. Ho imparato quando ero ancora una bambina e mia madre mi insegnava come essere una "brava dama di corte". Erano le uniche lezioni che trovassi sopportabili. -
- Quindi facevate parte della nobiltà? Posso sapere il nome della vostra famiglia? Forse posso aiutarvi nel ricongiungervi con loro, se è un vostro desiderio. -
- Vi ringrazio, ma temo non sia possibile. I miei genitori sono morti e con il resto della mia famiglia non vado d'accordo. Voi invece avete buoni rapporti con la vostra famiglia? -
- Sì, sono fortunato. Mio padre è una persona davvero amabile e non mi ha mai fatto mancare il suo supporto quando espressi il desiderio di diventare un soldato, sebbene io non provenga da un lignaggio nobile. Mia madre è invadente e si preoccupa troppo ma fa la migliore torta di mele del regno, ve lo posso assicurare. -
Continuarono a ballare finché i musicisti non conclusero la canzone. I due si scambiarono una riverenza e stavano per riprendere a ballare, quando il Re li interruppe.
- Posso rubarvi la vostra dama per un giro di danza? - chiese al misterioso cavaliere. Lui s'inchinò al cospetto del suo sovrano e acconsentì.
Questa i violinisti iniziarono a suonare una melodia dolce e malinconica, perfettamente in sintonia allo stato d'animo dei due ballerini. Si fissavano negli occhi con curiosità e diffidenza. Quando le loro mani si toccavano entrambi sentivano una corrente elettrica attraversarli, cercavano però di non dare nell'occhio.
- Immagino che tu non abbia accettato il mio invito solo per poter ballare tutta la notte, giusto Agape? -
- Effettivamente no Damon, il divertimento è l'ultimo dei miei pensieri questa sera. -
La fece volteggiare un paio di volte, osservandone l'abito prezioso e il ciondolo che portava al collo.
- Avresti preferito sfidarmi a duello e trafiggermi con la tua spada, cara sorella? -
Il suo tono di voce era provocante, ma lei non abboccò. Doveva mantenere la calma se voleva ottenere qualcosa quella sera. Si riavvicinò al fratello, cercando comunque di mantenere una certa distanza, ma il ballo non lo permise. Si ritrovò schiacciata contro il suo petto, le mani di lui che la toccavano senza malizia, ma lei non riusciva a non pensare a tutte le notti in cui invece l'avevano fatto. Sentì il respiro mancarle e le venne istintivo scostarsi. Lui sembrò preoccupato dallo sguardo che aveva. Gli sembrava un animale in gabbia, desideroso di fuggire.
- Finché sarai qui nessuno dei nobili ti farà del male, te lo prometto. Ma tu evita di fare un altro dei tuoi giochetti di prestigio. -
- Non è dei nobili che mi preoccupo. - gli rispose, lanciandogli uno sguardo eloquente.
Damon sembrò ferito da quell'affermazione, ma continuò a danzare come se niente fosse. Delicatamente la sollevò in aria e la fece volteggiare più volte e ad Agape venne in mente quando lo facevano da bambini durante le lezione che dava loro la madre. Senza riuscire a trattenersi, si lasciò andare a un risata nostalgica, guardando suo fratello come se fossero ancora piccoli. Evidentemente anche lui si abbandonò a qualche ricordo piacevole e le sorrise caldamente, quasi come se non fosse passato nemmeno un secondo da quei momenti. Continuarono a ballare trovando la vecchia sintonia che una volta li aveva uniti così tanto, guardandosi con quello sguardo d'intesa che avevano quando, ancora giovani e incoscienti, ne combinavano una delle loro. "Quanto mi piacerebbe poter tornare a quelle avventure, a quei sogni infantili che ci rendevano così felici."
All'improvviso però, la magia che sembrava averli avvolti e riportati a tempi decisamente più lieti, si spezzò e la realtà tornò più vivida che mai. L'albina si irrigidì, sentendo una pressione sulle tempie e si scostò dal suo cavaliere, sfiorandosi il capo con entrambe le mani. Il fratello le fu accanto, chiedendole cosa ci fosse che non andasse. Poi la vide: una dama vestita di blu, dall'altro lato della sala, aveva gli occhi fissi su Agape e sorrideva maligna. Damon si mise tra lei e il suo obiettivo e la Salvatrice sentì il fastidio svanire; si guardò intorno, cercando la Shariwa che sapeva essere lì insieme a lei. Purtroppo, però, era già svanita nel nulla.
- Va tutto bene? -
La donna alzò lo sguardo sul fratello e lo fissò con furia e freddezza.
- Perdonatemi, ma sono stanca, vorrei andare a sedermi. - fece una breve riverenza e ritornò al suo angolino tranquillo, osservando tutta la sala, in cerca della sua nemica. "Avrei dovuto aspettarmelo, ma almeno ero protetta." pensò, sfiorando con le dita l'amuleto che le aveva fatto Radja. Si chiese se al suo maniero stesse andando tutto bene e provò a mettersi in contatto con lei, senza però riuscirci. O era troppo lontana per riuscire a raggiungerla oppure la Shariwa che aiutava suo fratello aveva fatto un incantesimo per impedirle qualsiasi tipo di comunicazione.
Sospirò pesantemente, pensando a quanto ancora mancasse alla fine della festa perché potesse tornare a casa. Non vedeva l'ora di poter lasciare quel posto e non doversi più preoccupare di se stessa o che capitasse qualcosa alle sue Shariwae. Buttò indietro la testa, cercando di distrarsi dai pensieri negativi che le stavano affollando la mente, insieme alle voci degli Antichi.
"Non saresti dovuta andare!"
"Vattene e torna al Castello!"
"Sei in pericolo, scappa!"
- Basta, state zitti. - sussurrò tra sé, cercando di arginare quei sussurri fastidiosi.
- Wa Agape state bene? -
La donna si voltò con un sussulto, trovandosi davanti Reanna che la guardava con uno sguardo preoccupato.
- Sì non preoccupatevi, sto bene. - mentì. - Dov'è andato Damon? Volevo discutere con lui di alcune questioni... diplomatiche. -
La Regina la guardò attraverso la sua maschera rosa e, intuendo quali fossero le "questioni diplomatiche", le disse: - Non saprei dove trovare il Re ma sembrava arrabbiato e nervoso poco prima di sparire. Credo sia andato a cercare la Shariwa che ha tentato di attaccarvi. -
- Probabilmente per dirle di prendere meglio la mira. - rispose, con un sorriso amaro.
- Non penso, sapete. Ultimamente il Re sembra tormentato, come se dubitasse di ogni decisione presa fino a questo punto. Vedendo il suo esercito dimezzarsi si è chiesto se muovere guerra contro di voi sia stata una mossa saggia. Vi confido che Damon vorrebbe tirarsi indietro ma i suoi consiglieri e quella megera non glielo permettono. Hanno affermato che si è preso un impegno e che deve portarlo fino in fondo, per il bene del suo popolo. L'unico modo che ha trovato per cercare di parlarvi e scongiurare una guerra che porterà solo morte e distruzione è stato invitarvi a questo ballo. -
- Per quale motivo ha cambiato idea così all'improvviso? Per caso lo sapete? -
Agape guardò la donna spiazzata, non comprendendo come suo fratello avesse potuto mutare opinione in maniera così repentina. Che cosa era successo? Come era possibile?
Reanna le sorrise e si accarezzò il pancione, osservandolo in cerca di movimenti.
- Sapete, alcuni uomini quando stanno per diventare padri possono cambiare. Diventano più sentimentali, più protettivi, più ansiosi. A volte riescono anche a dimostrare amore. -
Agape notò il rossore sulle sue guance e si chiese se in quei mesi non ci fossero stati dei cambiamenti di cui lei non era al corrente.
- Perdonatemi Vostra Maestà ma temo di non seguirvi. - le rispose l'albina, confusa da quello strano comportamento.
- Vedete Wa Agape, in tutti questi mesi abbiamo avuto modo di conoscerci in maniera più approfondita e in lui è avvenuto un cambiamento radicale. Non so esattamente che cosa l'abbia spinto a questo mutamento ma... -
- Non lasciatevi ingannare Vostra Maestà. Io so bene com'è Damon, probabilmente è solo uno stratagemma per ottenere ciò che vuole. -
- Forse dovreste dargli il beneficio del dubbio. Tutti possono cambiare. -
La Salvatrice ne dubitava ma non voleva contrariare la Regina. Dopotutto, poteva anche avere ragione; erano anni che non parlava davvero con suo fratello, probabilmente ora lo conosceva meglio Reanna di lei. Stava per diventare zia e nemmeno sapeva come si sarebbe chiamato suo nipote. Se davvero Damon voleva impedire una guerra, c'era la concreta possibilità che in futuro avrebbe dovuto badare al piccolo, magari insieme a Heylin.
- Avete già scelto un nome per il bambino? -
La Regina si accarezzò lievemente la pancia e disse: - Pensavamo a Cedric se fosse maschio, Brianna se invece nascesse una femmina. -
- Sono entrambi nomi stupendi, sono sicura che nascerà in forze e che saprà guidare il ragno in maniera eccellente. -
A quell'affermazione la sovrana sospirò rassegnata.
- Io vorrei che invece vivesse libero come voi, che non dovesse imparare fin da piccolo come governare ed essere privato della propria infanzia. Spero davvero per il suo bene e per quello di tutti che si riesca a trovare la via della pace, cosicché possa passare un po' di tempo anche con sua zia e che si possa vivere senza paura. -
- Sarebbe davvero bellissimo Wa Reanna. -
Agape già si immaginava con quel bambino tra le braccia, che la chiamava zia e le chiedeva di fargli vedere qualche magia. Sorrise tra sé, crogiolandosi per un istante in quella prospettiva dolce.
- Volete provare a sentire il bambino? -
L'albina la guardò stupita poi annuì, avvicinando titubante la mano al ventre della donna. Appoggiò il palmo e sentì dei brevi movimenti superficiali. Sorrise, sentendo quella piccola vita contrarsi per avere un assaggio di mondo, prima di poterlo vedere realmente.
- Ma ciao piccolino... - sussurrò alla creaturina che si agitava contro la sua mano. Scostò il palmo, non volendo disturbare oltre la madre.
- Ancora due lune e nascerà, sono così emozionata all'idea di vederlo e poterlo stringere a me. - disse, guardando il ventre che si sollevava in corrispondenza dei punti in cui il bambino si muoveva.
- Vi piacerebbe essere la sua madrina? -
Agape guardò negli occhi la Regina, chiedendosi se non si fosse immaginata l'ultima frase.
- Dite sul serio? Io? Con tutto quello che sta succedendo in questo momento? -
- Sì, dico sul serio. -
- Io... non so cosa dire... sono davvero onorata dalla vostra proposta... -
- Quindi accetterete? Siete l'unica persona di cui mi fidi. Se dovesse succederci qualcosa, vorrei che questo bambino vivesse con voi; siete sua zia dopotutto, chi meglio della sua famiglia potrebbe prendersi cura di lui? -
Agape ci rifletté un attimo, pensando a tutti i possibili scenari. Sarebbe diventata zia, quasi non ci credeva. La possibilità di creare una relazione con quel piccolo e riprendere i legami con suo fratello la emozionavano e la preoccupavano allo stesso modo. Decise di accettare sia perché voleva con tutto il cuore sperare in un futuro migliore per tutti sia per motivi prettamente diplomatici; se fosse stata la madrina del prossimo erede al trono di Karua, forse, per il popolo del regno sarebbe stato più facile accettare una futura convivenza con le Shariwae.
- Accetto volentieri Wa Reanna, per me sarà un onore potermi prendere cura di questo bambino. -
La donna le prese le mani tra le proprie e la guardò a lungo, sorridendole grata. Poi sussultò, come se qualcosa l'avesse scossa.
- Mi stavo dimenticando di dirvi che... -
La sovrana si bloccò quando sentì un colpo di tosse vicino a loro. Entrambe alzarono gli occhi sull'uomo che le aveva disturbate, fulminandolo con lo sguardo. Avrà avuto circa trent'anni.
- Generale, credevo conosceste meglio le buone maniere, non vi hanno insegnato che è maleducazione interrompere due signore mentre parlano? -
- Chiedo perdono Vostra Maestà ma tra poco tempo la festa finirà e volevo avere l'onore di poter danzare con la vostra ospite. -
Agape guardò Reanna in cerca di supporto; non aveva alcuna intenzione di ballare con quei nobili e la sovrana le venne subito in aiuto.
- Credo proprio che non sarà possibile generale, mia cognata è molto stanca sapete, ha fatto molta strada per arrivare fino a qui. -
Lo sguardo dell'uomo si fece confuso. - Vostra... cognata? - chiese esitante.
- Esattamente, mia cognata signor generale, la sorella di mio marito. Vi pregherei di lasciarci conversare tranquillamente. È molto tempo che non ci vediamo e abbiamo davvero troppe cose di cui discutere. Per cui... - lasciò in sospeso la frase, sperando che l'uomo avesse la decenza di andarsene. Per loro fortuna si allontanò, lasciandole da sole.
Passarono pochi secondi, durante i quali cercò di riprendere il discorso, ma un altro uomo si avvicinò a loro; Agape lo riconobbe come il suo primo cavaliere.
- Perdonate l'interruzione Vostra Maestà ma il Re chiede di voi, temo non si senta bene. - La Regina, notando lo sguardo dell'uomo, si scusò con Agape e si diresse in fretta verso l'ala interna del castello, non prima di aver chiesto all'uomo misterioso di restare con lei. L'albina sentì una fitta di preoccupazione stringerle lo stomaco e si chiese se fosse il caso di accompagnare Reanna e scoprire che cosa stesse succedendo. Sentiva che c'era qualcosa che non quadrava e non aveva alcuna intenzione di farsi trovare impreparata. L'ansia montò nuovamente dentro di lei, schiacciandole lo sterno.
- Che cosa sta succedendo? Potete dirmelo? - chiese al suo "guardiano".
L'uomo si sedette accanto a lei e le rispose che non poteva. - Però, se volete, posso rispondere al quesito di poco fa. -
Agape si fece attenta, finalmente avrebbe scoperto chi fosse il misterioso Cavaliere Magico.
- Io sono colui che nelle lettere si firma con il nome di Cavaliere Magico, è un onore per me incontrarvi Wa Agape. -
- Riguardo al vostro vero nome, cavaliere? Posso saperlo o è un segreto anche quello? -
- Non per offendervi ma preferirei che la mia identità rimanesse celata dietro questa maschera. -
- Come preferite, mio Cavaliere. Comprendo che se il vostro nome venisse associato al mio per voi la situazione potrebbe diventare... spinosa. -
Rimasero a osservarsi in silenzio per un po', poi decisero di prendere parte a un ultimo ballo. Agape voleva assolutamente smaltire la tensione prima di dover parlare con suo fratello a proposito della guerra e muoversi era il modo migliore per farlo. Una dolce melodia risuonava tra le mura e i due danzavano in perfetta sintonia, come se si conoscessero da sempre. Decise di lasciarsi andare, di provare a rilassarsi completamente; la stanza attorno a lei girava e i volti che la guardavano erano indistinti. La danza fu capace di farle scordare l'ansia che l'attanagliava e riuscì quasi a dimenticare come la pelle si stesse arrossando a causa del corpetto e al dolore alla schiena provocato dal peso dei vari strati di gonne che indossava. Non vedeva l'ora di potersi svestire e indossare i suoi abiti comodi. Nel mentre, cercava di scordare tutto che non fosse il ballo e il pensiero che avrebbe voluto danzare con Heylin. Quanto le sarebbe piaciuto averla tra le braccia e farla volteggiare come stava facendo il Cavaliere Magico con lei. La canzone finì e Agape e il suo misterioso alleato si salutarono con un inchino, chiedendosi se avrebbero avuto il piacere di incontrarsi nuovamente entro breve tempo, sperando non fosse a un altro ballo in maschera.
- Potrei invitarvi a casa mia per una fetta di torta. - propose l'uomo, sorridendo affabilmente. Lei stava per rispondere ma venne interrotta prima di poterlo fare.
- Gentili ospiti! - esordì il Re, con un sorriso tirato sul viso. - Io e mia moglie vi ringraziamo per aver presenziato a questo ballo, vi siamo davvero riconoscenti della deliziosa compagnia ma devo annunciarvi che è tempo che questa festa finisca. Vi siamo grati per gli auguri che ci avete rivolto per nostro figlio, che a breve verrà alla luce. -
La Regina gli era accanto e lo guardava preoccupata, anche se cercava di nascondere quell'emozione così fuori luogo. "È successo qualcosa" pensò Agape preoccupata dai loro cambiamenti improvvisi. Lentamente, tutti gli invitati salutarono i sovrani e uscirono, diretti ognuno alla propria dimora. Lei fu una tra le ultime ad andare a salutarli e, quando si inchinò come da protocollo, il fratello le si avvicinò. Il suo primo istinto fu quello di indietreggiare, spinta dall'istinto di sopravvivenza ma cercò di dominarsi.
- Dobbiamo parlare, ma non qui, non sei al sicuro. - lei rimase immobile, come pietrificata, poi Damon continuò.
- Vediamoci al cimitero, lì non ci sarà la sua influenza. - poi le si allontanò, guardandola impassibile, come se non le avesse proposto di incontrarsi in un cimitero deserto, in piena notte, solo loro due. Nonostante le rassicurazione di Reanna, la Salvatrice non riusciva a fidarsi di lui, non poteva fidarsi di suo fratello, non dopo tutto quello che aveva passato per colpa sua e quello che stava passando il suo popolo. Però doveva assolutamente parlare con lui, doveva impedire la guerra a tutti i costi e portare la pace tra Karua e le Shariwae. Per farlo avrebbe messo a repentaglio la sua stessa vita, ma era quello che doveva fare, era il compito che le era stato affidato e lo avrebbe portato a termine. Ringraziò mentalmente Leybet di averle regalato un'arma invisibile. Sentiva che le sarebbe servita. Uscì dal castello, salendo sulla stessa carrozza che l'aveva condotta lì e chiese al cocchiere se avesse potuto portarla al campo santo del regno. Una volta arrivata ai cancelli dell'ingresso, il calesse si fermò e lei scese, inoltrandosi tra le lapidi, alcune nuove e con le incisioni ben leggibili, altre distrutte dal tempo. C'era una leggera nebbiolina, la cui umidità si insinuava attraverso i vestiti, facendo rabbrividire l'albina. Non sapendo cosa fare, iniziò a scrutare attentamente ogni lapide che incontrava, leggendo nomi e date, alcune molto lontane tra loro nei periodi, altre tristemente vicine. Continuò per un buon quarto d'ora, osservando attentamente ogni tomba, finché non si trovò davanti a una in particolare. Era una zona un po' isolata del cimitero, poco curata e piena di piante infestanti. Evidentemente non c'era nessuno disposto a occuparsi di quella parte, così veniva lasciata a se stessa, invasa da rampicanti. Non c'era nessuna iscrizione particolare su quella lapide, solo due parole: Draroímh Shariwa. "Shariwa?" pensò Agape, con sgomento. Una Shariwa. La donna si interrogò a lungo sul perché ci fosse una di loro sepolta in quel cimitero. Forse era la moglie di qualche persona di spicco e aveva voluto che venisse seppellita lì oppure quella tomba era lì da molti anni e nessuno aveva avuto il coraggio di rimuoverla. Se ne sentiva attratta, come se ci fosse una fonte di energia che la stesse chiamando. Quando la sfiorò con le dita, una scossa le attraversò la mano e una strana inquietudine l'avvolse. Si voltò in ogni direzione, sentendosi osservata. Non riuscì a vedere nessuno, così decise di allontanarsi, cercando di togliesi quella sgradevole sensazione di dosso. Tornò verso la parte più affollata del campo santo, sentendo che, lentamente, il peso sul petto svaniva. Appoggiò le mani sulle ginocchia, cercando di riprendere fiato. Qualche ciocca di capelli era sfuggita all'acconciatura e le ricadeva sul viso, oscurandole la visuale. All'improvviso sentì dei passi avvicinarsi e, istintivamente, portò la mano a dove ci sarebbe stata la sua spada, se solo l'avesse avuta con sé. Si voltò verso l'origine del rumore e vide una persona ammantata avvicinarsi.
- Sono io Agape. - disse Damon, cercando di infondere tranquillità nel tono di voce. Lei però non abbassò la guardia. Evocò due fiamme che tenne sulle mani, come un avvertimento.
- Sono qui per parlarti, non per farti del male. -
- Quale valore dovrebbero avere per me le tue parole, dopo tutto quello che è successo? - chiese, con la voce che tremava per la rabbia repressa, mentre il fuoco aumentava il proprio calore e potere distruttivo.
- Lo so che non avrei nemmeno più il diritto di presentarmi così davanti a te, come se non fosse successo nulla, ma ti prego di ascoltarmi. Ti chiedo solo questo. -
L'albina ci pensò per un momento, poi lasciò che il fuoco si spegnesse e che la sua furia si quietasse.
- Va bene, ti ascolto, ma fai in fretta. Devo tornare a casa. -
Il fratello annuì e cercò le parole giuste con cui iniziare.
- Prima di tutto voglio scusarmi per quello che ti ho fatto, da quando i nostri genitori sono morti. Io... non sono stato un buon fratello. -
"Puoi ben dirlo." pensò Agape, ma non lo disse ad alta voce. Era difficile per lei gestire quella situazione. Da una parte voleva ascoltare quello che Damon aveva da dire, dall'altra avrebbe voluto incenerirlo e non dover più pensare a lui, voleva che diventasse solo un ricordo che presto avrebbe dimenticato, ma sapeva che non era possibile. Anche se fosse morto, la sua memoria l'avrebbe sempre tormentata.
- Davvero, Agape, so che non mi credi, ma io sono pentito. Sono stanco di vivere con questo rimorso, con questa colpa che mi mangia da dentro. Ormai non dormo più la notte, non riesco a non pensare ad altro che non sia ciò che ti ho fatto. -
- Perché non lo chiami col suo nome Damon? - gli rinfacciò la donna, contenendo a stento la furia. - Ti fa paura? Ti fa ribrezzo sentire uscire dalla tua stessa bocca le tue colpe? I tuoi peccati, come li chiami, sono troppo orrendi perché tu riesca a nominarli? Mi sorprendi fratello, eppure non ci hai pensato due volte prima di infilarti nel mio letto quando ero una bambina. -
Il Re, in quel momento, non sembrava per niente l'uomo che aveva giurato, appena incoronato, di sterminare le streghe ed eliminarle dal suo regno. Sembrava che avesse perso tutta la sua forza, tutte le sue certezze. Si inginocchiò, avvicinandosi alla sorella e le prese una mano tra le proprie e la appoggiò alla fronte, come se solo lei avesse il potere di assolverlo.
- So che non sono stato un uomo virtuoso in passato ma adesso voglio cambiare. Voglio poter costruire un mondo migliore, voglio poter vedere il sorriso sul volto delle persone che mi stanno a cuore, voglio poter diventare padre in serenità, sapendo di non stare commettendo errori che potrebbero minare il futuro di mio figlio. Vorrei poter essere ricordato come un vero Re.-
La Salvatrice aveva la tentazione di strappare la sua mano da quelle del fratello, ma non lo fece. Si sentiva impietrita, non capiva che cosa lo stesse spingendo a umiliarsi così davanti alla sua nemica.
- Io sono cambiato Agape, devi credermi. Io non voglio più muovere una guerra contro le Shariwae, non voglio che venga sparso altro sangue innocente. -
La sorella non sapeva davvero cosa pensare, così si prese qualche minuto per riflettere, poi disse:
- Non puoi davvero pensare che io ti perdoni solo perché mi chiedi di farlo. Mi dispiace fratellino ma non funziona così. Dopo tutto quello che hai fatto a me e al mio popolo io dovrei accettare le tue scuse? Così, su due piedi, come se il passato fosse cancellabile con un colpo di spugna? Non pensavo fossi così ingenuo. -
- Non sono ingenuo, ripongo speranza nel tuo giudizio, confidando che la rabbia non ti renda cieca. -
L'albina lo guardò a lungo, ancora inginocchiato di fronte a lei. Lo osservò, notando come le rughe si erano imposte con forza sul suo viso, come avessero scavato solchi profondi causati da preoccupazione e ragionamenti contorti. I suoi capelli andavano ingrigendosi, sottili fili argentei comparivano di tanto in tanto in un mare di oro puro. Le sue mani non erano più candide e forti come un tempo, ma avevano iniziato ad essere ruvide e la pelle si stava assottigliando, erano coperte da macchie, segno indelebile degli anni trascorsi.
- La rabbia è stata la mia unica compagna per tanti anni Damon, per me è sempre difficile non cadere preda dei suoi influssi. Ma hai ragione, non mi farò guidare da essa o dal risentimento oggi. Alzati. -
Il sovrano si rimise in piedi e guardò la sorella speranzoso.
- Io sono la Salvatrice, sono destinata a portare la pace tra i nostri popoli e, se questo vuol dire dovermi fidare di te e lasciare che il mio risentimento nei tuoi confronti svanisca, allora ci proverò. Ma a una condizione: devi assicurarmi che non ci sarà nessuna guerra, nessun attacco, nessuna cattura a danni di Shariwae o presunte tali. La Caccia alle Streghe finirà una volta per tutte e non verranno mai più perseguitate. Farai in modo che la Chiesa metta a tacere queste dicerie insensate e che non alimenti questo odio ingiustificato. Solo allora potrò provare qualcosa nei tuoi confronti che non sia disprezzo e potremo provare davvero a costruire un mondo migliore, in pace, convergendo i nostri sforzi. -
Allungò una mano per stringere quella del fratello e suggellare quell'insolita alleanza. Damon la strinse prontamente, cercando di trattenere un sorriso leggero e infantile. Forse tutto sarebbe cambiato, forse sarebbe davvero arrivata la pace. Vide Agape voltarsi e dirigersi verso il fondo del cimitero, verso una tomba in particolare, che Damon riconobbe immediatamente. "Madre..."
Vide la sorella inginocchiarsi e sussurrare qualcosa. Vide crescere sulla tomba fiori di tutti i colori, in omaggio a Selena. Fece la stessa cosa con la tomba affianco, appartenente al padre. Lasciò che qualche lacrima le scorresse sul viso e pregò la Dea; pregò che l'aiutasse in un momento così incerto e difficile, che le desse la forza di continuare su quel percorso tortuoso che aveva intrapreso. Sentì una mano appoggiarsi alla sua spalla, sapeva che era del fratello, ma non la scacciò via. A dispetto di quanto si sarebbe aspettata, quel contatto non la infastidiva ma la confortava. Si alzò e cercò la tomba del padre di Heylin e la ricoprì di fiori, dedicandogli una preghiera silenziosa. Si voltò di lato, notando che il Re era ancora davanti alle due tombe, le osservava come se potessero vederlo, come se gli stessero parlando. Gli si avvicinò e, quasi timidamente, gli disse: - Credo che per me sia arrivato il momento di tornare a casa. -
Lui annuì soltanto e l'accompagnò fino alla sua carrozza e la guardò andare via, sperando di poter mantenere la parola data.
STAI LEGGENDO
Le streghe di Karua
Fantasy~ CONCLUSA ~ ~ DA REVISIONARE ~ Agape è la Strega per eccellenza, la megera che terrorizza Karua; per i suoi abitanti ella non è altro che un essere maligno, senza anima, mandata dal Demonio per distruggerli. Per le Shariwae, invece, rappresenta una...