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- Molto bene, adesso fai ruotare il polso in questo modo -
Agape copiò il movimento che le aveva appena fatto vedere Alan. I loro occhi si incrociarono e Agape arrossì. Non era mai stata così a contatto con un uomo, a parte suo fratello. Ma non voleva pensare a lui in quel momento.
Quei pomeriggi erano solo per l'allenamento. Per potersi difendere da Damon. Non doveva distrarsi.
Alan si mise di fronte a lei, in posizione di guardia. Agape fece lo stesso.
- Pronta? -
Sentiva le ginocchia che tremavano e la presa sul bastone non era salda. Avrebbero cominciato con qualche attacco; sarebbe stato come un vero combattimento e Agape aveva paura. Deglutì a fatica e annuì.
Alan fu talmente fulmineo che la ragazza non si accorse nemmeno del pezzo di legno che le sfuggiva dalle mani. Guardò stupita il ragazzo che le sorrise e le disse: - Non devi avere paura di me. Non sono qui per farti del male ma per insegnarti come difenderti da chi lo fa. -
Agape sentì il cuore accelerare. Ricordava il periodo in cui non si era presentata agli allenamenti perché suo fratello aveva intuito qualcosa e allora aveva preferito stare a casa per un po', per sviare Damon.
Purtroppo non bastava ad evitare la sua rabbia. Evidentemente la sua carriera in quel periodo non sembrava andare come aveva progettato e si sfogava su di lei, sia con le botte che con il sesso. Agape non riusciva più a guardarsi allo specchio e ogni volta attendeva con immensa ansia l'arrivo delle mestruazioni. Il terrore di rimanere incinta non la faceva dormire di notte. Quando si svegliava in quel periodo del mese e trovava la consueta macchia rossa sulle cosce, sentiva un peso sollevarsi dal suo animo.
Dopo quel fatidico giorno in cui aveva provato a chiedergli il perché delle sue azioni non era più tornata sull'argomento, anche se il suo bisogno di sapere si faceva sempre più pressante ogni giorno che passava. Si chiedeva costantemente "perché?". Perché suo fratello, sangue del suo sangue, le stava facendo una cosa del genere? Non lo sapeva e forse, inconsciamente, non voleva una risposta. Il giorno e la notte sembravano non appartenere alla stessa realtà. Erano due mondi separati, dove nel primo aveva uno scopo, una ragione per andare avanti e la sua vita tornava ad avere un senso, mentre il secondo era solo dolore e disperazione, non aveva forze per reagire e il peso di tutti quegli anni iniziava a farsi sentire.
C'erano alcuni momenti in cui si ritrovava a fissare il vuoto oppure il respiro iniziava a mancarle e si rannicchiava in un angolo della sua stanza, in attesa. Non sapeva di cosa, voleva solo che tutto quel dolore finisse al più presto.
Rivoleva la sua vita di prima, rivoleva la spensieratezza dell'infanzia, le risa euforiche, l'innocenza che le era stata strappata via con troppa violenza.
- Agape! -
La ragazza si riscosse dai suoi pensieri quando sentì Alan chiamarla e vide il bastone abbattersi su di lei. Quando arrivò il dolore giorno e notte si confusero. Si rannicchiò a terra e iniziò a piangere, tremante.
- Agape? -
Alan rimase immobile. Non sapeva cosa fare. Provò ad avvicinarsi lentamente e si inginocchiò alla sua altezza. Le sfiorò un braccio ma Agape si ritrasse terrorizzata e gridò:
- No, ti prego! Non farmi del male! Non picchiarmi un'altra volta! -
Alan sentì un macigno sullo stomaco. Capì che il perché la ragazza aveva chiesto il suo aiuto era molto più serio di quanto avesse osato immaginare. Si inginocchiò di fronte a lei e cercò di farla calmare.
- Agape, guardami. Non ti farò del male, sono io Alan. -
Ma dalla ragazza provenivano solo singhiozzi terrorizzati e gemiti di dolore.
- Ti prego, ti prego... - continuava a ripetere.
Si dondolava avanti e indietro, con lo sguardo fisso a terra e le mani sulle orecchie. Le pupille erano dilatate allo spasimo e il suo corpo tremava, in preda a spasmi nervosi.
- Agape -
Il ragazzo si mise di fronte a lei e cercò delicatamente di farle alzare il volto. I loro sguardi si incontrarono e Alan non vide gli occhi di una donna ma quelli di un animale braccato, pronto alla fuga non appena ne avesse avuta l'occasione.
- Agape, Agape guardami. Respira insieme a me. -
Lei lo guardava, senza riuscire a capire se la mani che la stavano toccando fossero quelle di Alan o di Damon. Se stessero cercando di aiutarla o di farle di nuovo del male. Non capiva cosa fosse reale e cosa non lo fosse. Se fosse giorno o notte, se fosse sul prato o nel suo letto, se fosse vestita e pronta a combattere o nuda e fragile, impotente, debole.
Urlò, urlò con quanto fiato aveva in gola. Il terrore si era completamente imposto su di lei, senza che potesse fare niente per contrastarlo. Il suo cervello le mandava messaggi contrastanti, le sue percezioni erano confuse e indistinte, la sua vista sembrava non funzionare.
"No, no, no... Non è così che deve andare. Sono io la padrona di me stessa."
Pensando ciò cercò di riprendere il controllo della sua mente e del suo corpo. Lentamente il mondo riprese i suoi contorni e riuscì a capire che davanti a sé c'era un Alan decisamente preoccupato.
- Alan... -
Il ragazzo la abbracciò di slancio. Lei rimase immobile, senza sapere cosa fare. Per un momento quella sensazione fu piacevole, poi si fece soffocante, intollerabile e sciolse il contatto.
"Nessuno deve più toccarmi."
Alan si sentì ferito dal suo comportamento, però la capiva. Aveva bisogno dei suoi spazi, del suo tempo. Attese di fianco a lei che si calmasse, che il respiro tornasse normale e che il tremore passasse.
- Scusami. -
- Non devi preoccuparti. Non è colpa tua. -
- Invece sì. -
Il ragazzo la guardò, cercò i suoi occhi da cui si sentiva terribilmente attratto, ma vi trovò davanti una cortina di capelli candidi. Ormai aveva capito che le storie che raccontavano su di lei erano solo enormi bugie, che non era il Diavolo o altre sciocchezze simili. I suoi modi di fare decisi ma innocenti, il suo sguardo profondo e tormentato, le sue labbra pallide e carnose lo avevano irretito in una moltitudine di sensazioni a cui non sapeva dare un nome. Era dolce e amara allo stesso tempo. Eppure non riusciva a farne a meno.
- Perché dici così? -
Agape lo guardò in viso, con gli occhi colmi di lacrime che minacciavano di sfuggire. Ma tutto era fuori dal suo controllo, lei non aveva niente in mano. Non la sua vita, non il suo corpo e adesso nemmeno la sua mente.
- Tu non hai colpe Agape, non devi prendertela con te stessa. -
La rabbia divampò violenta, per tutto quello che le era successo fino a quel momento. Si alzò in piedi di scatto, decisa ad andarsene. Si voltò, prese il suo mantello e se lo mise indosso. Stava per incamminarsi quando sentì una mano chiudersi attorno al suo polso e bloccarla.
"Basta mani su di me. Basta."
Si voltò a guardare Alan negli occhi e il ragazzo sentì lo stesso brivido di quando era tornata. La rabbia le incendiava l'animo e bruciava tutto intorno a lei. Sentì una forza sconosciuta intorno a sé, un potere immane, imponente, senza fine. Il ragazzo lasciò Agape come se scottasse e la guardò andare via, con la sensazione che quella forza avrebbe potuto uccidere chiunque. Forse avrebbe potuto distruggere tutta Karua.

Tornò a casa e non si preoccupò di non farsi sentire. Voleva distruggere tutto, la rabbia la stava divorando dall'interno.
- Agape! -
Guardò suo fratello irritata. Ancora quel tono, ancora quello sguardo. Lo odiava. Odiava tutto di lui. Odiava il suo sorriso malizioso, i suoi capelli sempre in ordine, le sue mani quando si
posavano su di lei. Avrebbe voluto picchiarlo.
- Che cosa vuoi? -
Damon restò stupito dalla risposta della sorella. Di solito era sempre così mite, invece adesso sembrava che avesse il Diavolo in corpo. Sentiva una strana energia emanare dalla sorella, ma non ci fece caso. Guardò come era vestita, in che stato fossero i suoi capelli.
- Come diamine ti sei conciata? Che cosa sei andata fare fuori? Lo sai che non voglio, non sei al sicuro... -
- È in questa casa che non sono al sicuro, non fuori. -
I loro sguardi di incrociarono. Fuoco e ghiaccio che si scontravano.
- E comunque, non sono fatti tuoi fratellino. -
A quel punto, Damon si imbufalì. Con passi larghi si avvicinò alla sorella e la prese per un braccio.
- Come ti permetti di rispondermi in quel modo? Sono tuo fratello e dovresti portarmi rispetto. -
- Tu non me ne hai mai portato da quando i nostri genitori sono morti. Hai sempre approfittato di me, ma adesso basta. -
Lo disse con un tale impeto che Damon si sentì preso a schiaffi da quelle parole.
- Non ti permetterò più di toccarmi, non farai più quello che vuoi con me e il mio corpo. Io non sono una tua proprietà! -
- E invece farai quello che ti dico. -
La presa sui polsi di Agape si fece più stretta e li sentì scricchiolare. La ragazza cadde in ginocchio, vinta dal dolore.
- Lasciami! - urlò disperata. Tutta la determinazione e la furia che l'avevano animata fino a quel momento erano spariti lasciando spazio al dolore e alla paura. Per quanto avesse cercato di ricacciarla in un punto lontano dai suoi pensieri era sempre lì, sempre pronta a ghermirla con il suo potere. La paralizzava e le annebbiava i pensieri. Mentre la rabbia la animava, la paura la destabilizzava.
Si ritrovò in ginocchio, con le guance umide di lacrime. Uno schiaffo si abbatté sul suo viso e la mandò a terra. Come cercò di rialzarsi un altro le arrivò incontro e sentì la guancia calda e bruciante.
- Allora? Dove eri andata? -
Si impose di restare in silenzio, di non urlare dal dolore. Lo guardò dritto negli occhi, con tenacia. Damon la prese per i capelli e lei cercò di sottrarsi alla sua presa ma senza risultato. Quando la strattonò, Agape urlò con quanto fiato aveva in gola.
- Lasciami! Maledetto, lasciami! - 
All'improvviso Damon sentì la mano bruciare come se avesse tenuto un tizzone ardente. Lasciò andare la presa e si guardò stupito la mano. Nessun segno di bruciatura o altro.
Guardò sua sorella che si era rannicchiata contro la parete e respirava forte cercando di calmarsi. Si inginocchiò alla sua altezza, ma la ragazza si alzò di scatto e si diresse verso la sua camera. Damon la prese per un braccio ma Agape si divincolò, guardandolo come se potesse fargli prendere fuoco solo con un pensiero.
- Non toccarmi. Non azzardarti mai più a toccarmi. -
Damon sentì una forza sconosciuta spingerlo lontano e fu costretto a lasciare la presa sul polso dell'albina. Lei rimase a guardarlo quando venne sbalzato lontano e andò a sbattere contro la parete di casa. L'impatto gli mozzò il respiro e restò sul pavimento, boccheggiante.
Agape andò in camera sua e si chiuse a chiave dentro. Si sedette sul suo letto e rifletté. Cos'era quella forza che aveva avvertito prima, sia con Alan che con Damon? Da dove veniva?
Ne era spaventata, eppure sentiva che per lei non era pericolosa, che non era sua nemica.
Si stese sul letto e si infilò sotto alle coperte, massaggiandosi il cuoio capelluto dove le mani di Damon aveva infierito ancora una volta.
Mentre pensava a cosa potesse essere quella forza sovrannaturale, sentì qualcuno bussare alla sua porta.
- Agape! Agape fammi entrare, ti prego! -
Lei restò in silenzio, fingendo di dormire, ma i suoi sensi erano all'erta. Se Damon fosse entrato in camera, lo avrebbe cacciato via. Il suo corpo era e doveva rimanere solo suo. Non gli avrebbe più permesso di toccarla con un solo dito.
Se ci avesse provato un'altra volta non sapeva come sarebbe finita. Ma di certo non si sarebbe fatta prendere dal terrore come era successo poco prima. Doveva imparare a controllare le proprie emozioni.
Venne cullata nel sonno pensando ad Alan che veniva da lei e la rassicurava, che le diceva che sarebbe andato tutto bene e che non doveva avere paura. Sapeva che era solo una bugia, che avrebbe dovuto contare solo su se stessa, ma quella piccola fantasia era così dolce che la assecondò, finché non sprofondò nel mondo dei sogni.

Le streghe di KaruaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora