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Era notte fonda e Damon non riusciva a prendere sonno. Continuava a chiedersi quale sarebbe stata la sua prossima mossa. Avrebbe dovuto provare a muovere l'esercito contro le streghe? No, sarebbe stato troppo azzardato. Avrebbe rischiato solo di attirare l'ira di Agape contro di sé e il suo regno ed era qualcosa che voleva assolutamente evitare. Per il momento avrebbe atteso.
Sospirò pesantemente, guardando la luna nel cielo: ormai era al culmine del suo ciclo. Cosa doveva fare? Qual era la cosa migliore per il suo popolo e per compiacere il suo Dio? Non sapeva rispondersi. Non aveva la più pallida idea su come avrebbe dovuto comportarsi. Nascose il viso tra le mani, cercando conforto nella preghiera silenziosa e solitaria. Pregò il Padre Celeste di aiutarlo a vedere chiaramente, di mostrargli quale strada fosse la migliore, quale fosse il Suo volere. Ma non ricevette risposta. Sentì le lacrime salirgli agli occhi e un senso di smarrimento schiacciarlo a terra. Si accasciò contro la balaustra, singhiozzante e con il cuore pesante, colmo di dubbi e paura. Si addormentò sul balcone della camera da letto reale, mentre la luna procedeva col suo cammino notturno, incurante di fronte al dolore del Re.
Il mattino dopo venne svegliato dal rumore dei passi affrettati di sua moglie, che si dirigeva correndo verso il bagno. Preoccupato per le condizioni della Regina, Damon si precipitò al suo seguito, vedendola china sulla tazza del bagno a vomitare bile acida e saliva.
- Reanna, mia Regina, stai male? - le chiese, avvicinandosi e toccandole una spalla. A quel contatto i conati sembrarono aumentare e la giovane donna si piegò ulteriormente sulla porcellana, sentendosi soffocare.
Si rialzò lentamente, tremante e con il mento bagnato. Si affrettò a pulirsi in un asciugamano e cercò di rassicurare il Re dicendogli che stava bene, probabilmente non aveva digerito la cena della sera prima. Damon, però, non ne era del tutto convinto e decise di chiamare i medici di corte, per accertarsi delle condizioni di salute della consorte. Quando gli uomini finirono di esaminarla, si guardarono e annuirono. Presero un bicchiere posato sul comodino e chiesero alla sovrana di urinarvi dentro. La donna fece come le era stato richiesto e, in cuor suo, sapeva già cosa stava per succedere, ma volle negarlo fino all'ultimo momento. Vide i curatori mettere una strana polvere dentro al recipiente, attesero qualche minuto e poi si scambiarono sguardi eloquenti. Reanna cercò in tutti i modi di negare a se stessa quella terribile verità, ma non ci fu verso. La notizia venne comunicata a Damon, che stava aspettando fuori dalla stanza. Vide l'uomo entrare precipitosamente e venire verso di lei con uno sorriso che non gli aveva mai visto. Era felice.
La abbracciò stretta, passando le mani sui suoi capelli e dicendole che sarebbe stata una madre fantastica. Reanna iniziò a piangere, ma non di gioia come pensava Damon. Pianse di disperazione, per quella vita che stava crescendo dentro di lei, quel minuscolo essere che si era insinuato nel suo ventre senza fare rumore. Pensò che avrebbe voluto strapparsi l'utero lei stessa, piuttosto che permettere al suo seme di crescere e spargere altro dolore nel mondo.

Al Castello delle Shariwae i preparativi erano quasi ultimati e Agape stava finendo di ripassare la formula cerimoniale. Era veramente nervosa per quello che sarebbe successo a breve. Non aveva mai assistito a un matrimonio e non aveva idea di come dovesse comportarsi. Sentì qualcuno entrare nella stanza; si voltò e vide che di fronte a lei c'era Jakala.
- Allora? Sei pronta? -
La Salvatrice la guardò e disse: - No, non mi sento proprio pronta. -
La donna le si avvicinò, le prese la pergamena che teneva in mano e la aiutò a ricordare le parole.
- Questa è una cerimonia molto antica, si tramanda da generazioni. Ha unito i tuoi genitori, sai? - le disse Jakala inaspettatamente.
Agape la guardò con tanto d'occhi. No, non lo sapeva, non aveva avuto la possibilità di scoprirlo e farselo raccontare da sua madre.
- Io c'ero e credimi se ti dico che tua madre era davvero al settimo cielo e tuo padre la guardava come se avesse avuto una visione. Avevamo celebrato in segreto, il giorno prima del matrimonio ufficiale in chiesa. Selena ci teneva tanto e Neithan aveva accettato con piacere a prenderne parte. Tua nonna aveva creato un vestito meraviglioso per tua madre: sembrava una Dea. Si sono uniti il giorno di Beltane e, dopo essersi scambiati le Corone dell'Unione di fronte alla Dea e alle Shariwae, hanno saltato il Falò della Dea. Avevano consacrato il loro matrimonio ed eravamo tutti sicuri che il futuro per loro sarebbe stato rigoglioso e felice, invece... -
Jakala aveva le lacrime agli occhi, ma le scacciò subito.
- Perdonami, non dovrei raccontare avvenimenti tristi in un giorno così pieno di gioia. -
- Non preoccuparti, ora ho un ricordo in più di mia madre e mio padre. Ti ringrazio Jakala. - le disse, sorridendo.
La donna le sorrise, nonostante il dolore che la attanagliava e che Agape riusciva a leggere perfettamente nei suoi occhi. Di slancio, l'abbracciò, cercando di consolarla e allo stesso tempo di consolare se stessa. Quella di Selena era una perdita che difficilmente avrebbero superato. Sciolsero l'abbraccio e ripresero a ripetere la formula.
Poche ore più tardi tutti gli abitanti del Castello erano riuniti nella Sala del Trono, ad attendere la sposa. Il futuro marito, un ragazzo bruno con la mascella prominente, era talmente agitato che non riusciva a stare fermo; continuava a spostare il peso del corpo da un piede all'altro. Thyr indossava i vestiti tradizionali, una camicia in lino e dei semplici pantaloni bianchi, i peidi erano nudi e sulle mani erano dipinti i simboli degli elementi Acqua e Fuoco, mentre sui piedi aveva quelli dell'Aria e della Terra. Qualche amico cercava di tranquillizzarlo, inutilmente. Agape gli si avvicinò e gli disse:
- Vedo che avete proprio voluto abbracciare le tradizioni. -
- Sì, Wa Agape, per me e Lyla significa molto. Abbiamo sentito la voce della Dea fin da quando eravamo bambini e oggi abbiamo deciso di celebrarLa con noi. -
La donna gli sorrise e gli strinse le mani. - Andrà tutto bene, non devi essere nervoso. La tua Lyla sta per arrivare e poi starete insieme per sempre, se davvero lo vorrete. -
- Lo voglio con tutto me stesso. -
La porta cigolò e Lyla fece il suo ingresso. Tutti gli sguardi erano puntati su di lei. Il vestito che indossava era semplice, senza decorazioni eccessive, solo qualche ricamo qua e là e il suo sorriso la illuminava da dentro. Anche lei aveva i simboli degli elementi sulle mani e sui piedi. Era accompagnata dalla madre di Thyr, che sorrideva estasiata, come se fosse sua figlia. La ragazza sorrise caldamente allo sposo, affiancandolo sulla pedana. Il silenzio nella sala era perfetto e Agape iniziò a recitare la formula.
- Amici, oggi siamo qui riuniti per celebrare l'unione dei nostri fratelli Wa Lyla e Wan[*] Thyr. Augurate loro la gioia, l'amore e l'abbondanza. -
Dalla sala si levò un coro di voci che ripeté i tre auguri per tre volte.
- Oggi celebriamo la volontà di due persone speciali, celebriamo l'amore, celebriamo la Vita che ci viene offerta dalla Dea. La Vita è un dono prezioso, che può finire da un momento all'altro, e ciò non fa altro che aumentarne il valore.
Oggi celebriamo la speranza. Che questo gesto d'amore ci ispiri a migliorarci, a guardare a chi ci sta accanto come un nostro pari e che questo sentimento si diffonda anche a chi si crede migliore degli altri. Celebriamo la speranza di un Mondo migliore, in cui ognuno possa essere se stesso senza doversi nascondere. -
Agape fece una pausa per osservare i presenti, vedendo i volti attenti, alcuni rigati di lacrime, altri sull'orlo della commozione.
- Mi rivolgo a voi, Wa Lyla e Wan Thyr. Promettete di amarvi incondizionatamente, come avete fatto fino a questo momento, nonostante le difficoltà che incontrerete? -
- Noi promettiamo. -
- Promettete di restare uniti, di far crescere il vostro amore, di nutrirlo adeguatamente, giorno dopo giorno, affinché non appassisca? -
- Noi promettiamo. -
- Promettete di rispettare il vostro consorte, di supportarlo nelle decisioni e aiutarlo qualora ne avesse bisogno? -
- Noi promettiamo. -
- Promettete di onorare questa unione oggi, domani e negli anni a venire? Di non lasciare che il tempo la usuri e la logori? -
- Noi promettiamo -
- La Promessa è ora suggellata, scambiatevi un gesto d'amore e le Corone dell'Unione. -
I due giovani si baciarono e posarono sul capo l'uno dell'altra una corona di fiori, intrecciata stretta. Si voltarono verso le persone presenti e uscirono dalla stanza, inondati da petali colorati. Urla di gioia li seguirono fino alla Sala dei banchetti e tutti si riversarono al suo interno. I tavoli erano disposti in cerchio, lasciando il centro del salone libero per quello che sarebbe avvenuto dopo il pranzo nuziale. Nelle cucine si erano dati da fare fino a tarda ora per preparare il tutto per il ricevimento. Il pasto venne consumato tra risate, apprezzamenti e un'allegria contagiosa. Agape si poté rilassare per un po', finché dopo circa tre ore si concluse il pranzo. La donna si alzò dal proprio posto e si diresse al centro della stanza.
- Signori e Signore, c'è un ultimo rituale che i nostri novelli sposi devono compiere per poter considerare il loro matrimonio consacrato: il Salto del Fuoco. -
I due sposi si avvicinarono alla Salvatrice e la guardarono intensamente e annuirono. Con un gesto, Agape fece apparire un falò al centro esatto della stanza. Le fiamme, alte all'inizio, si ridimensionarono a un suo comando.
- Potete stare tranquilli, non vi ferirà. - disse loro, per calmarli.
I due coniugi si presero per mano e, guardandosi per un secondo, saltarono. Sentirono il calore sulle piante dei piedi, senza avvertire il dolore. In un attimo si ritrovarono dall'altra parte, carichi di adrenalina e con le orecchie piene degli applausi dei presenti. Agape spense il fuoco e invitò gli sposi ad aprire le danze. Lyla e Thyr non se lo fecero ripetere due volte: si presero per mano, si misero uno di fronte all'altra e iniziarono a danzare, mentre un musica leggera si diffondeva nell'aria. Ben presto furono raggiunti dagli altri presenti e la sala si riempì di musica.
Agape era poggiata a una colonna e guardava gli altri danzare, mentre si lasciavano trasportare dalla suono degli strumenti. Lo sguardo della donna si posò su Heylin, che se ne stava da sola seduta al tavolo, declinando gli inviti delle amiche e dei ragazzi che si facevano avanti. Sentì di nuovo quella sensazione all'altezza del petto e, anche in quel momento, non seppe darle un nome. La giovane aveva indosso un vestito sui toni del viola e dei lunghi guanti a coprirle le braccia. Credeva di sapere a cosa servissero: voleva nascondere le cicatrici. Nonostante le cure tempestive e precise di Kayla non aveva potuto fare nulla per evitarle. Dopotutto, il fuoco era pur sempre fuoco; ferisce e lascia dei segni indelebili. Le si avvicinò con calma, nonostante tremasse da capo a piedi e non capisse il perché. Quando la ragazza voltò lo sguardo verso di lei, l'albina si sentì avvampare e il cuore saltarle in gola.
"Ma che diamine mi sta succedendo? Perché sono così nervosa? Non sto mica andando in battaglia. E' sempre così quando mi avvicino a lei..."
Heylin si aprì in un sorriso, mettendo in mostra i denti bianchi come perle. Anche la donna le sorrise, cercando di nascondere il proprio nervosismo. Le si sedette accanto, chiedendole come mai non ballasse.
- Nemmeno voi state ballando. Inoltre, queste cicatrici mi rendono difficile ogni movimento, faccio fatica anche a camminare. -
Agape poteva immaginare, ma non disse nulla.
- Vedo che vi state rilassando, Wa Agape. Il vostro volto non è corrucciato come al solito. Mi fa piacere vedervi finalmente in pace. -
La donna si voltò a guardarla intensamente e la giovane sorresse il suo sguardo di fuoco. Non sembrava avere paura delle fiamme che abitavano il suo animo. E Agape ne fu colpita; quasi nessuno riusciva a guardarla tanto a lungo negli occhi, tranne Damon. Ma non voleva pensare a lui in quel momento. Voleva concentrarsi sulla Shariwa che le suscitava emozioni strane e mai provate prima. Quel nodo allo stomaco rischiava di farle rigettare il pasto. Si impose di calmarsi e conversare con lei normalmente, come avrebbe fatto con qualsiasi abitante del castello. Dopo un po', la donna sentì la tensione sciogliersi e riuscì a parlare più tranquillamente. Venne a sapere che la madre della giovane non le aveva mai tenuta nascosta la sua natura di Shariwa, le aveva insegnato il culto della Dea fin da piccola e l'aveva sempre supportata per quanto riguardava la pratica della magia, a patto che non fosse troppo evidente e potesse attirare su di loro sguardi sgraditi. Ma quelli erano arrivati comunque. Dopo anni di pratica solitaria e segreta aveva capito quale fosse il suo Dono e l'aveva messo all'opera per aiutare la sua famiglia, ma non era bastato. Le raccontò di come sua madre fosse sempre stata molto attenta nei suoi confronti, di come suo padre aveva accettato fin da subito la natura speciale della moglie e della figlia, di come la chiamasse scherzosamente "la mia piccola Shariwa, la mia streghetta" e lei rideva e lo abbracciava, sentendosi protetta dalle sue braccia forti e possenti. Il padre, come la maggior parte degli uomini di Karua, era un soldato ma non avrebbe mai tradito le due donne che amava più della sua stessa vita, più della sua Fede.
- Aveva iniziato il percorso di conversione da qualche mese, quando, un pomeriggio venne da me e mia madre tutto emozionato, dicendo che aveva sentito la Madre. Noi eravamo così felici e pensavamo che la Dea ci avrebbe protetti, avrebbe fatto in modo che non ci succedesse nulla. Invece... - il suo viso esprimeva un dolore ancora recente e i suoi occhi erano colmi di lacrime. Si affrettò a nasconderle, a gettarle via, prima che iniziassero a scorrere lungo le sue guance.
- Non fermarle. Piangi se ne senti il bisogno, dopo starai meglio. - le disse la donna.
Heylin si voltò verso Agape, fissandola con i suoi occhi neri come ali di corvo. La donna sentì lo stomaco contrarsi e il sangue affiorare alle guance. La giovane, stupendo immensamente l'albina, le si gettò fra le braccia e pianse. Per un attimo, Agape restò paralizzata, non sapendo come comportarsi con il dolore altrui. Aveva passato anni a convivere e ad analizzare il proprio, ma quello delle altre persone era diverso. Timidamente, strinse le braccia attorno al corpo di Heylin, sentendo le sue lacrime bagnarle la camicia. Le accarezzò la testa, come ricordava avesse fatto sua madre con lei quando si faceva male oppure le raccontava quali brutti scherzi le avevano fatto gli altri bambini.
- Va tutto bene... - si ritrovò inconsciamente a sussurrare.
La giovane si calmò, ringraziando Agape di averla fatta sfogare.
- Non c'è di che. Ti senti meglio? -
La giovane annuì, con gli occhi rossi ma lo spirito decisamente più leggero.
- Voi invece? Avete perso qualcuno di importante? -
- Io... sì, ho perso qualcuno di molto importante per me. Era una donna davvero speciale. E' grazie a lei se sono dove sono ora, se so cosa voglio fare nella vita. -
La scena si presentò davanti ai suoi occhi come se fosse accaduto tutto pochi momenti prima. Il corpo martoriato di Lajvika, il fuoco che la bruciava. Il dolore che aveva sentito quando era morta e quello più terribile, quando aveva trovato il corpo carbonizzato di Loishbeth e l'unico pensiero che riusciva a formulare era "E' stata colpa mia, solo colpa mia...". Non riusciva a togliersi dalla testa che, se fosse rimasta con lei al banco del mercato, tutto quello non sarebbe successo.
- Wa Agape, state bene? -
Quando tornò al presente, fu come se riuscisse a respirare dopo anni di apnea. Si riempì i polmoni di aria e guardò Heylin, cercando un appiglio a quella realtà che le stava sfuggendo di mano. La ragazza le prese una mano e la strinse, cercando di infonderle conforto. Agape ricacciò indietro le lacrime, sperando che la giovane non le avesse notate. Non voleva mostrarsi debole.
- Potete piangere, state tranquilla, non vi giudicherò. Tutti abbiamo bisogni di essere deboli ogni tanto. Dobbaimo lasciare uscire quello che sta lacerando e poi staremo meglio, giusto? -
Nonostante quelle parole rincuoranti, Agape non era pronta a lasciarsi andare, non voleva ancora mostrare la propria insicurezza. Soprattutto a Heylin, che la rendeva debole con uno sguardo.
Agape aspettò di calmarsi, poi, con voce ferma e melodiosa, le chiese:
- Ti andrebbe di ballare con me? Potrei insegnarti come si fa e potremmo lasciarci questi ricordi tristi alle spalle, almeno per un po'. -
Heylin accettò, sia perché non voleva passare tutta la serata a deprimersi, sia perché Agape le infondeva sicurezza. Le sembrava che con lei al suo fianco non avesse più nulla da temere.
La donna le offrì una mano e la giovane la afferrò con decisione. Andarono sulla pista da ballo e, lentamente, iniziarono a danzare. Agape era più alta di Heylin di dieci centimetri buoni e, da quella posizione, riusciva a scorgere i suoi seni nascosti dalla scollatura poco profonda. Distolse immediatamente lo sguardo, per paura di sembrare maleducata e guardò la ragazza in viso. Era così luminoso che Agape se ne sentì irradiata. La giovane si lasciava guidare dall'albina, si affidava completamente a lei. Danzarono per minuti che sembrarono dilatarsi all'infinito e la donna pensò che non le sarebbe affatto dispiaciuto restare così, con lei tra le sue braccia per tutta la notte, o anche per sempre...
La stava facendo volteggiare, con le gonne che le vorticavano attorno, facendo sembrare che stesse per prendere il volo. Le parve davvero bellissima. Mentre danzavano, ad Agape apparvero dei flash: vide attraverso gli occhi di sua madre il momento in cui lei e suo padre avevano aperto le danze. E in un minuto non fu più nella sala da ballo ma in mezzo al bosco, e tra le braccia non stava reggendo Hetlin, ma Neithan. Sentì le mani di suo padre sollevarla e farla vorticare in aria e dalle sue labbra fuoriuscì una risata cristallina, piena di gioia.
Tornò presente a se stessa quando Heylin le sfiorò una guancia con la mano coperta dal guanto.
- C'è qualcosa che non va? State piangendo. -
Agape scosse velocemente la testa, come per liberarsi delle lacrime e le sorrise, cercando di dissimulare la tempesta emotiva che sentiva dentro di sé. Continuarono a ballare e Agape riuscì a rasserenarsi grazie alla presenza della giovane Shariwa. Quando, alla fine della melodia, le ragazza le si strinse contro, la donna sentì qualcosa sciogliersi all'altezza del cuore e scaldarla in maniera così dolce e confortante che le venne voglia di stringerla a sé e non lasciarla più andare via. Si chiese se fosse qualcosa di normale, tutto quell'interesse per Heylin, se non stesse perdendo la testa. Ricordando la notevole differenza di età tra lei e la ragazza, pensò inevitabilmente al fratello e, per un attimo, le venne un conato di vomito.
Si scusò con la giovane e uscì di corsa dalla sala, cercando il bagno più vicino. Si precipitò al suo interno e chiuse la porta, rigettando praticamente tutto quello che aveva mangiato. Si sentì spossata e vuota; si chiese se non fosse come suo fratello alla fine, se non fosse teribilmente disgustosa come lui. Lacrime amare iniziarono a sgorgare dai suoi occhi, chiedendosi come fosse possibile che un minuto prima le fosse sembrato di toccare il cielo con un dito e adesso invece si sentisse chilometri e chilometri sottoterra. Si alzò barcollante e uscì dal servizio, vedendo qualcuno correre via dalla Sala del Banchetto. Incuriosita, seguì la persona e scoprì che si trattava di Kayla. Si era rannicchiata in un angolo e stava piangendo a dirotto. Ricordava di averla vista suonare l'arpa durante il ballo. Le si avvicinò e si sedette accanto a lei. La ragazza alzò lo sguardo e avvampò vedendo chi le stava accanto.
- Wa A-agape – disse, con la voce strozzata per la sorpresa.
- Kayla, cos'è successo? Come mai stai piangendo? - le chiese, preoccupata che la sua allieva stesse male.
- Io... ecco... non ho nulla, non preoccupatevi. -
La sua voce, però, faceva intendere tutt'altro. Sembrava che stesse soffrendo davvero molto.
- Se vuoi parlare di qualcosa io sono qui, va bene? -
Con Kayla non riusciva a mantenere il distacco che invece riservava ad altre persone. Era stata la sua unica alunna per molti anni e, inevitabilmente, si era affezionata. Voleva solo il meglio per lei, come se fosse una specie di sorella minore. Si sentiva in dovere di proteggerla e di ascoltarla, anche se adesso aveva molte più allieve, senza contare i ragazzi che stava allenando con la spada.
La giovane donna tirò su col naso e iniziò a parlare.
- Sto male Maestra, il cuore mi fa terribilmente male. -
- Cosa c'è che ti turba? Puoi dirmelo tranquillamente, lo sai che sono qui per te, sempre. -
La ragazza la guardò riconoscente.
- C'è una persona che mi piace, ecco, però... non penso di essere ricambiata e questa cosa mi fa stare davvero male. -
- Hai provato a parlargliene direttamente? -
Kayla arrossì e scosse la testa.
- No, sono sicura che mi rifiuterebbe. Non penso proprio di poterle interessare. -
- E perché dici questo? -
- Non si è mai accorta dei segnali che le mando e poi, siamo molto diverse, non credo che potrebbe funzionare alla lunga. Sono sicura che si stuferebbe di me, non sono così speciale dopotutto. - concluse, affondando il capo tra le ginocchia.
Agape le prese le mani e la costrinse a guardarla negli occhi.
- Non provare mai più a dire una cosa del genere, Kayla, mai più. Tu sei speciale, eccome se lo sei. Sai guarire le persone con un tocco, diamine! Cosa c'è di più speciale? Sei una ragazza graziosa, sei intelligente, sei una Shariwa potente e, soprattutto, sei vera. Non fingi di essere qualcun altro solo per impressionare chi ti sta intorno, ma sei sempre te stessa. Aprile il tuo cuore e vedrai che capirà che persona splendida tu sia. -
Kayla la guardò con tanto d'occhi e stava per parlare, quando vennero interrotte da Lyla che stava cercando Agape. Non appena la vide, l'albina si ricordò dello spettacolo che aveva promesso loro. Disse alla sposa che sarebbe arrivata subito e poi si rivolse a Kayla.
- Vieni con me? Vedrai qualcosa di magico stasera. -
Uscirono dal castello, precedute dalla novella moglie e si diressero nel giardino sul retro. Agape prese per mano l'allieva e le disse di mettersi in cerchio insieme agli altri. La ragazza fece come le era stato detto e attese.
- Ci sono tutti? - chiese la Salvatrice a Lyla.
- Sì, tutti presenti. -
- Molto bene. Lo spettacolo può iniziare. -
La luna quella sera era splendente come non mai, o almeno così sembrava ad Agape.
- Buonasera a tutti! Ho qualcosa di speciale da mostrare a tutti voi, uno spettacolo che difficilmente dimenticherete. - fece un inchino, seguito da uno scroscio di applausi.
Chiuse gli occhi e si concentrò, sulla sua fronte fecero capolino delle rughe di espressione per via dello sforzo. Portò le mani davanti a sé ed evocò delle fiamme. Quelle creebbero sempre di più, fino a formare un dragone. Lo fece volteggiare un paio di volte attorno a sé, creando un vortice di fiamme che fece urlare di sorpresa il suo pubblico. Il drago si alzò nel cielo, spargendo dietro di sé centinaia di scintille. Continuò a farlo vorticare e a passarlo vicino agli abitanti del castello, che ci immergevano le mani senza timore, sapendo benissimo che il fuoco di Agape non avrebbe fatto loro alcun male. I bambini lanciavano gridolini estasiati, cercando di rincorrere le fiamme, sulle loro gambette scoordinate. Lo fece alzare un'ultima volta in aria e poi lo fece esplodere in una miriade di scintille gialle, che cadde sulla folla. Quelle piccole sfere di luce sfiorarono i corpi, lasciando che una piacevole sensazione di calore si diffondesse nelle membra e riscaldasse gli animi.
Agape si voltò a guardare Kayla e vide che sorrideva, tenendo tra le mani uno di quei piccoli globi di luce, con sguardo sognante.  

[*] Uomo, appellativo utilizzato in segno di rispetto per una persona di genere maschile che ricopre una carica importante o durante una celebrazione.

Le streghe di KaruaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora