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Agape e Jakala si sedettero su dei tronchi disposti in cerchio attorno all'enorme falò, esattamente al centro del villaggio. Venne data loro una scodella intagliata, contenente una zuppa calda. Le due donne si guardarono intorno, osservando come tutti sembrassero fare parte di un'unica grande famiglia. Ognuno conversava col suo vicino di seduta, si raccontavano le rispettive giornate, parlavano del tempo, del prossimo Sabbat da celebrare, delle erbe raccolte durante la mattinata, degli animali incontrati durante una passeggiata nel bosco. Gli argomenti erano sì quotidiani, ma mai banali; Agape si perse ad ascoltare due giovani che discutevano animatamente su quale erba fosse migliore per curare il raffreddore, mentre Jakala conversava con lo sciamano del villaggio. L'albina non si accorse dell'anziana che l'aveva chiamata.
- Wa Agape, posso sedermi qui con voi? -
La donna posò lo sguardo sulla signora e si alzò in piedi, in segno di rispetto, e le disse che poteva farlo tranquillamente. Osservò i movimenti dell'anziana, per nulla rallentati dall'età. La nuova venuta le rivolse un gran sorriso e Agape ricambiò calorosamente.
- Come vi siete trovate qui a Junifra per il momento? -
- Molto bene, vi ringrazio. Voi siete...? -
L'anziana si batté un colpo sulla fronte e disse: - Oh che sbadata! Perdonatemi; io sono Isobel, la madre di Radja, è un piacere conoscervi Salvatrice. -
Agape guardò la donna con stupore; non credeva che avrebbe incontrato la figlia di Balinda.
- Non pensavo proprio di incontrarvi. Senza offesa, ma... ecco... -
- Non preoccupatevi, sono consapevole della mia età ormai non più florida. Presto, ma non troppo, me ne andrò da questo mondo e mi ricongiungerò con mia madre. -
- Balinda... -
- Esattamente. Era una donna straordinaria. E' stata una brava madre e una splendida nonna. Era eccezionale. Tutti noi guardavamo a lei come una guida a cui affidarci e non ci ha mai deluso. La ricordiamo con affetto e riverenza, come un esempio da seguire e un modello a cui aspirare. Tutte le bambine qui vogliono essere come lei. -
Guardò alcuni bimbi che giocavano a rincorrersi e a prendersi, e sorrise tristemente, ripensando a qualche episodio d'infanzia. Anche Agape osservò i piccoli, chiedendosi distrattamente se Sylvie stesse bene e fosse riuscita a trovare un modo per sostenere se stessa e le figlie.
- Il nostro è sempre stato un clan guerriero. Siamo sempre stati orgogliosi di fare parte di questa comunità, siamo sempre stati forti e coraggiosi. Ma ultimamente sembra che il coraggio sia stato rimpiazzato dalla paura, che la nostra leggendaria forza si sia affievolita e il nostro spirito indomito si sia piegato. Il nostro clan non è più quello delle leggende e Radja lo sa. Oh, la mia Radja, la mia piccola e saggia Radja. Ha sempre cercato di emulare sua nonna; si è sempre comportata come una giovane adulta fin da bambina. Ha iniziato a partecipare alle riunioni degli Anziani quando era ancora molto giovane; la prima volta che vi prese parte aveva nove anni. Volle restare ad ascoltare tutto ciò che dicevamo e, dopo che la riunione finì, mi chiese di spiegarle nei minimi dettagli tutto ciò che non aveva capito e io vedevo che si sforzava di comprendere, voleva essere all'altezza di Balinda a tutti i costi, era pronta a rinunciare anche alla sua infanzia. -
Agape spostò il suo sguardo dall'anziana alla Capo Clan; la osservò mentre gustava la cena, seduta affianco al compagno e alla figlia, che mangiava sommessamente, fissando il terreno. La madre riprese Niamh e probabilmente le chiese se ci fosse qualcosa che non andasse. La giovane scosse la testa, continuando a mangiare senza troppa convinzione. Radja allora sospirò, guardandola preoccupata e disorientata. Si chiedeva spesso se stesse facendo del suo meglio come madre oppure se non le desse abbastanza stimoli o attenzioni.
La donna prese le mani della figlia tra le proprie e le disse di osservare bene. Le chiuse a coppa e pronunciò alcune parole incomprensibili; dal nulla, tra le mani della piccola, apparve un germoglio che crebbe fino a sbocciare in una bellissima rosa bianca. La intrecciò ai capelli della ragazza che guardò la madre riconoscente e la abbracciò; la possente guerriera ricambiò la stretta, baciandole i capelli.
Una volta che tutti ebbero finito di mangiare, Fergus aprì le danze, esibendosi in complicate mosse ballando attorno al fuoco, mentre alcuni ragazzi e ragazze suonavano dei tamburi e dei flauti creando il ritmo; ben presto venne imitato dal resto del villaggio e, Agape notò con stupore, anche Jakala si unì accompagnata dallo sciamano di Junifra. L'albina si perse nell'osservarli, notando una certa chimica tra i due. Si ripromise di chiedere più tardi alla sua amica se il possente stregone le avesse fatto un incantesimo. Le fiamme sembravano accompagnare i movimenti dei ballerini, infondendo loro un'energia sempre costante, che li spingeva a danzare tutta la notte. Agape osservò il fuoco, quell'entità che sembrava viva e pareva voler celebrare insieme agli altri. Stava per chiedere a Isobel che significato avesse per loro quella danza ma la donna non era più al suo fianco. La cercò con lo sguardo e la vide ballare con un uomo alto e brizzolato; la loro danza era ipnotica e aveva qualcosa di talmente passionale che Agape fu costretta a distogliere lo sguardo per non arrossire di fronte a tanto desiderio. Si chiese che cosa stesse facendo la su amica con il bel sciamano, ma non se ne preoccupò più di tanto: era una donna adulta, sapeva badare a se stessa.
La Salvatrice rimase seduta a osservare gli altri danzare, un ballo ipnotico e sensuale, i movimenti fluidi e precisi, i corpi che si attraevano e respingevano in un vortice infinito di passione. Sentiva che se si fosse unita avrebbe rischiato di esserne risucchiata e avrebbe preferito evitare. Non amava mettersi in mostra, non amava avere gli occhi di tutti puntati contro, soprattutto se sconosciuti e imprevedibili.
- Agape! Vieni a ballare con noi, forza! - le urlò Jakala da un punto imprecisato della piazza, ma lei declinò gentilmente l'offerta.
Quando i balli finirono, tutti tornarono a sedersi e un'anziana prese la parola. Raccontò di come, quando era bambina, uno stranissimo animale avesse fatto visita al villaggio: un enorme cavallo fatto di lava e fuoco. Il racconto era talmente inverosimile che Agape faceva fatica a credere che fosse vero. Sapeva che in quei boschi e sulle montagne vivevano creature davvero irreali e incredibili, ma addirittura un cavallo infuocato! Le sembrava troppo assurdo per poter essere reale.
L'animale aveva fatto visita a Balinda, avevano comunicato telepaticamente e, dopo, il maestoso equino di lava aveva lasciato il villaggio; le sue impronte erano rimaste impresse nella terra per anni prima che venissero cancellate dall'usura del tempo. Nessuno sapeva che cosa lei e il misterioso cavallo si fossero detti.
- Aveva occhi brillanti e lucenti come queste braci! - disse la donna, indicando ciò che restava del fuoco. - Le venature sul suo corpo erano rosse come sangue ed emanava un calore terribile; alcune case, al suo passaggio, avevano preso fuoco. La criniera era fatta di fiamme violente, i suoi zoccoli erano così bollenti da far sciogliere le pietre su cui si posavano. Rimase un'ora a fissare Wa Balinda negli occhi, a pochi metri da lei. Il nostro Capo Villaggio sudava come se fosse sotto il sole cocente, ma non si spostò: rimase ad ascoltare ciò che il cavallo aveva da dire, poi annuì e l'animale se ne andò, senza più ritornare. Wa Balinda, dopo quell'episodio, rimase pensierosa e cupa per molti giorni, probabilmente a riflettere su ciò che le era stato svelato, ma non fece parola con anima viva di ciò. -
Il racconto si concluse con un silenzio teatrale, seguito dagli applausi degli abitanti di Junifra. Agape non sapeva se credere o meno a ciò che aveva appena ascoltato. Sapeva che nel loro mondo, il mondo delle Shariwae, Madre Natura poteva palesarsi nei modi più strani, però le pareva assurdo che scegliesse un cavallo infuocato.
L'albina iniziò a percepire una strana sensazione, come quella di essere osservata, e prese a guardarsi intorno; incrociò lo sguardo con quello di Radja e le due iniziarono a fissarsi, quasi in modo ostile.
"Perché sei qui, Salvatrice?"
Agape si spaventò nel sentire la voce del Capo Villaggio nella sua testa. Sul suo viso si dipinse un'espressione di sgomento.
"Come diamine avete fatto a entrare nella mia mente?" chiese esterrefatta.
"E' una capacità che si sviluppa con anni di allenamento; è utile in caso di lontananza oppure per non far sapere al nemico le nostre mosse. Comunque, non sono nella tua testa, ti sto solo comunicando telepaticamente. Non posso vedere ciò a cui stai pensando, stai tranquilla. Percepisco però le tue emozioni."
"Vi chiedo di smetterla, è alquanto fastidioso e invadente." rispose la donna seccata.
"Interromperò il contatto quando mi dirai perché sei nel mio villaggio."
Il tono di Radja non ammetteva repliche. Agape riusciva a percepire il suo nervosismo e la sua tenacia. Voleva delle risposte, in quel preciso momento.
"Volevo chiedervi di aiutarmi nell'imminente guerra contro Karua. Abbiamo bisogno di tutto l'aiuto possibile per vincere. Se perderemo, Damon e i suoi arriveranno fin qui e nessuna Shariwa sarà più al sicuro, nemmeno con lo scudo magico più potente che possiate creare. Dobbiamo unirci per sconfiggerlo."
Vide la donna mettersi più composta e incrociare le braccia sul petto, sorridendo di scherno.
"Questo lo dici tu. Damon non sa dove siamo. E' solo un umano, non potrà mai trovarci. La nostra magia è antica millenni e nessun uomo può contrastarla. Il mio villaggio non teme né Karua né il suo insignificante Re. Noi siamo al sicuro qui. Forse dovresti preoccuparti di imparare a difendere meglio il tuo Castello, dato che sei così preoccupata. Inoltre, vedo che non sei molto abile negli incantesimi di protezione, sono riuscita a contattarti telepaticamente al primo tentativo."
Aveva un sorriso beffardo sul viso, che fece infuriare Agape.
"Voi non capite, Damon rappresenta una minaccia seria, non bisogna sottovalutarlo, è astuto e, soprattutto, senza pietà. Ci spazzerà via tutti se glielo permettiamo."
"Se glielo permetterai. Sei tu la Salvatrice, giusto? E' il tuo compito proteggere le Shariwae, ti è stato affidato da Madre Natura quando sei nata. Ti consiglio di migliorare le tue doti magiche, sono veramente scarse per la donna che dovrebbe salvare il suo popolo."
Le braci del focolare erano inerti ma dopo quell'ultima frase ripresero vigore; piccole fiammelle si alzarono dal cerchio e misero in allarme Radja.
"Voi non capite! Perché siete così determinata a mettermi i bastoni fra le ruote? Tutte le Shariwae devono allearsi e combattere contro chi ci minaccia da secoli! Se così non faremo, non potremo mai vivere in pace!"
"Noi viviamo in pace da molto tempo. Karua non ci ha mai dato fastidio. Riconosco che i suoi soldati siano arrivati fino a qui e che abbiano cercato di catturarci, ma non potranno mai superare questa barriera magica. Onde per cui, rifiuto la tua richiesta di alleanza, non abbiamo bisogno di aiuto."
"State sottovalutando il nemico Wa Radja, state commettendo un grave errore." rispose Agape, cercando di riprendere il controllo sulle proprie emozioni.
"Sembri davvero molto convinta di ciò che dici. Come fai a conoscere così bene il nostro nemico?"
L'albina non rispose.
"Non è importante come io lo conosca, dobbiamo concentrarci su..."
Radja la interruppe bruscamente. "Non dobbiamo ma devi. Io non ho alcuna intenzione di far entrare il mio villaggio in una guerra senza senso. Avresti potuto evitarla con delle trattative decenti, ma da ciò che noto non sei brava nemmeno nel convincere le persone. Madre Natura ha sbagliato questa volta, avrebbe dovuto dare il compito di Salvatrice a qualcuno di più affidabile. Se non riesci nemmeno a tenere al sicuro le persone che abitano nel tuo Castello da un semplice umano, come potresti proteggerci tutte?" le chiese in maniera provocatoria.
- Non si tratta di un semplice umano! Mio fratello ha una Shariwa dalla sua parte ed è molto potente! E' riuscita a maledirmi dal castello di Karua, cosa vi fa credere che non potrebbe arrivare qui?! Ci distruggerà tutti se non lo fermiamo! -
Solo quando si accorse che tutte le conversazioni attorno a lei erano cessate e che tutti la stavano guardando, si rese conto di aver pronunciato quella frase ad alta voce.
- Aspetta un momento. Tuo fratello? Il Re Damon, l'uomo contro il quale stai combattendo, che sta minacciando tutte le Shariwae, è tuo fratello? - chiese Radja con sgomento.
Ormai era troppo tardi per rimangiarsi ciò che aveva detto. Si voltò verso Jakala e vide che era titubante quanto lei.
- Sì, Damon è mio fratello. - ammise, guardando negli occhi la Capo Clan.
La donna si avvicinò ad Agape e le intimò di andarsene immediatamente dal suo villaggio.
- Le spie non sono le benvenute qui. -
- Io non sono una spia. - sibilò l'albina tra i denti. - Non me ne andrò da qui senza una motivazione valida. -
- Bene , te la do subito una motivazione valida! Non ti aiuteremo nella tua insensata guerra, sempre ammesso che ci sia davvero. Non avrete l'aiuto di Junifra e nemmeno quello del Clan di Leybet una volta che avrà saputo con chi sei in combutta. -
- Io non sono in combutta proprio con nessuno! - urlò Agape esasperata e offesa da quelle accuse. La sua rabbia divampò, proprio come le fiamme del falò semi-morente. Il fuoco levitò fino ad arrivare a lei, circondandola e roteando.
- Agape! Calmati! Non abbiamo bisogno di altri nemici. - le urlò Jakala, terrorizzata che la sua amica potesse perdere il controllo sui suoi poteri e fare una strage. L'albina cercò di calmare la sua mente e le fiamme si spesero. Radja chiuse gli occhi e tese una mano in avanti. Dal nulla comparvero delle radici che avvolsero stretta Agape, impedendole di fare un solo movimento. La donna cercò di liberarsi, ma vide Fergus che la fissava e scuoteva impercettibilmente la testa. Rimase immobile, lasciando che il suo corpo si rilassasse, benché non fosse facile legata in quel modo.
- Portatela via insieme alla sua compare, la barriera protettiva adesso è attiva. Domani, appena sorgerà l'alba, se ne andranno. -
Quattro guerrieri presero in carico le due donne e le portarono in due case diverse. Non avrebbero potuto comunicare e sarebbero state sorvegliate a vista.
"Il villaggio sarà al sicuro così" pensò Radja, mentre si assicurava che la barriera funzionasse a dovere.
"Ne sei proprio sicura?"
La donna si voltò e fissò sua madre con sorpresa.
"Certo Madre, perché non dovrei?"
"Sei ancora troppo impulsiva mia cara. Dovresti fermarti a riflettere qualche minuto in più ogni tanto. Le azione ben calibrate sono quasi sempre giuste, azioni istintive come la tua potrebbero costare la vita a molte persone."
L'anziana ex Capo Clan si avvicinò alla figlia e le mise una mano sul braccio. "Dovresti dare il beneficio del dubbio a Wa Agape. Non ha cattive intenzioni e questo lo sai bene; dopotutto, sei entrata in contatto telepatico con lei, no?"
"Sapete benissimo che io... aspettate! Siete entrata nella sua mente?" chiese Radja sgomenta. "E poi dite a me che non devo essere avventata..."
"Avere qualche informazione in più su chi viene a farci visita mi sembra un ottimo vantaggio, non credi?"
Anche se non era d'accordo, fu costretta a capitolare. Sua madre era molto più saggia di lei, aveva molta più esperienza, quindi sapeva che anche lei agiva per il bene del villaggio, sebbene i suoi metodi le risultassero rozzi e alquanto barbari.
"Oh, stai tranquilla. Non sono andata troppo a fondo, altrimenti se ne sarebbe accorta! Ho solo visto le memorie superficiali, niente di scottante, ma sono sicura che sia qui per ciò che ti ha chiesto. Non ha nessun secondo fine. Ti posso assicurare che puoi fidarti ciecamente di lei."
"E non potevi venirlo a sapere in un alto modo? Insomma, lo sai cosa ne penso a riguardo..."
"Non mi sembra che tu fossi molto incline a crederle."
- Va bene Madre, basta così. Devo andare adesso. Voglio salutare Fergus prima che parta per il turno di notte. A domani. -
- A domani mia cara. -

Le streghe di KaruaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora