73. Alexandria

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Mi sveglio sudata, infreddolita e con un senso di nausea che mi fa mancare le forze. Mi levo il braccio di Ryan dal fianco e corro in bagno a vomitare. Gli occhi mi bruciano e il pessimo sapore che sento in bocca, mi fa vomitare una seconda volta.

Dio, sto proprio da schifo.

Resto seduta sul pavimento senza forze per un po' e quasi mi addormento sul water, ma due grandi mani mi afferrano e Ryan mi riporta a letto.

<<Stai da schifo>>, dice asciugandomi il sudore dalla fronte con un asciugamano.

Rispondo con un lamento.

<<Vuoi prendere qualcosa?>>

<<Sì, grazie>>.

Va in cucina e ritorna con un bicchiere di acqua e una pastiglia nella mano. Butto giù tutto e finisco l'acqua in pochi sorsi, levandomi il saporaccio che avevo in bocca. In poco tempo crollo di nuovo nel sonno e smetto di soffrire.

Quando riapro gli occhi, il sole mi acceca e mi nascondo sotto le coperte. Sto ancora male e non so se riesco a mettermi in piedi. Tasto il letto accanto a me, ma non trovo Ryan. Un senso di delusione cresce dentro di me. Ho voglia di un suo abbraccio e di un po' di coccole.

Mi faccio forza e scendo dal letto, lentamente. Riesco ad arrivare al bagno e mi infilo sotto la doccia. Mi sento già subito meglio e pulita soprattutto.

Dopo essermi rivestita, vado in cucina, in cerca di Ryan. Il profumo dei pancakes mi fa venire la nausea, ma cerco di resistere dal vomitare di nuovo. Appena entro, Ryan mi viene incontro e mi bacia al centro della fronte.

<<Come ti senti?>>

Mi appoggio contro di lui e mi lascio stringere. <<Uno schifo>>.

<<Torna subito a letto>>, mi ordina.

Scuoto la testa. <<No, sto bene qui>>, dico contro la sua maglietta.

<<Hai provato la febbre?>>

<<No>>.

Mi prende in braccio e mi porta in salotto dove mi fa sedere sul divano. Sparisce un attimo e ritorna con il termometro. Mi misuro la febbre ma la mia temperatura è normale.

All'improvviso mi assale l'ansia e inizio a fare un calcolo mentale dell'ultima volta che ho avuto il ciclo.

Un mese e mezzo.

Merda.

E' passato troppo tempo.

<<Che c'è? Devi vomitare di nuovo?>>, chiede Ryan in preda al panico.

Mi porto le mani alla bocca ma non per la nausea. <<No>>, rispondo in mezzo alle dita.

<<Allora cosa?>>

Mi alzo di scatto dal divano e corro alla porta. Devo assolutamente andare in un supermercato o in una farmacia a comprare un test perché c'è una grossissima possibilità che io sia incinta.

<<Dove stai andando?>>, chiede seguendomi.

Non rispondo. Non saprei che cosa dire in questo momento. Sono nel panico.

Ryan mi sbarra la strada e mi prende di mano le chiavi della macchina. <<Dove pensi di andare conciata così?>>

<<Non posso dirtelo>>.

Mi guarda con aria di sfida. <<Sì che puoi>>.

Cerco di riprendermi le chiavi ma le solleva in aria, lontane dalla mia portata. <<Dammele! È urgente Ryan! Tu non capisci>>, sbraito arrabbiandomi.

<<No, vengo con te>>.

Gli tiro un pugno in pancia e lo colgo alla sprovvista. Gli rubo le chiavi ed esco di casa correndo, approfittando del vantaggio. Col cavolo che viene con me. Mi ha messo in questo pasticcio e ho bisogno di stare da sola. Di riflettere e di farmi passare la crisi di panico.

Esco dal mio vialetto correndo e l'unica cosa a cui penso è il supermercato più vicino. Appena arrivo, parcheggio velocemente nel primo posto libero ed entro. Raggiungo la corsia che mi interessa e mi blocco.

E adesso? Quale cazzo devo prendere? Decido che tanto vale prenderne di tre tipi diversi, giusto per precauzione.

Una mano mi si appoggia nella spalla e mi volano le scatole a terra. Incenerisco con lo sguardo il mio disturbatore e mi ritrovo faccia a faccia con un Ryan particolarmente incazzato.

<<Spiega>>, dice con la voce che gli trema per la rabbia.

<<Puoi arrivarci da solo>>.

La rabbia sparisce dal suo viso e si trasforma in sorpresa. <<No... noi no...>>.

<<Invece può essere>>, rispondo.

Raccoglie i test dal pavimento, mi prende la mano e mi trascina alla cassa. Usciamo in tempo di record e mi carica nella sua macchina. Non mi preoccupo della mia auto. Mi interessa solo di questo maledetto test.

In macchina restiamo in silenzio e quando arriviamo a casa, mi segue dentro. Brandon nel frattempo si è svegliato e appena ci vede, ci sorride, ma nessuno dei due lo bada. Corriamo al bagno e ci chiudiamo dentro.

<<Non riesco a fare pipì se tu mi fissi in quel modo>>, lo rimprovero.

Gli viene quasi da ridere. <<Scusa>>, e si gira.

Niente da fare neanche così. <<Esci>>, ordino.

Fa come gli chiedo e qualche minuto dopo riesco a liberarmi. Completo il procedimento con tutti i bastoncini e imposto il timer sul telefono.

Esco dal bagno e trovo Ryan seduto sul mio letto con la testa fra le mani. Sembra calmo, ma non ha ancora detto niente. Sto iniziando a preoccuparmi perché l'ultima volta che è stato zitto e si è tenuto tutto dentro è successo un casino.

Cammino avanti e indietro per la stanza con lo stomaco sottosopra, facendomi mille domande. Sono davvero nel panico assoluto. Sono troppo giovane per diventare madre.

Ryan prende la mia mano e blocca la mia passeggiata folle. Mi tira sul suo grembo e mi stringe, cercando i miei occhi. Anche lui è nel panico ma sembra almeno lucido, al contrario di me.

<<Parliamo>>, dice dolcemente.

Annuisco in risposta. Non so se riesco a formulare un pensiero.

<<Qualsiasi cosa dica quel test, troveremo una soluzione. Ci saremo sempre l'uno per l'altro. Questo non cambierà. È sempre stato così e così sarà per sempre>>.

<<Lo so>>, mormoro.

Sorride. <<Ricordati una cosa però: ti amo, Ale. Qualsiasi cosa succeda, la affronteremo assieme>>.

<<Ti amo>>, rispondo aggrappandomi a lui.

La sveglia nel mio telefono suona e nessuno dei due si muove per alcuni secondi. Alla fine però la curiosità vince su tutto e mano nella mano entriamo nel bagno.

<<Guarda tu>>, gli dico.

Scuote la testa. <<No, lo faremo assieme>>.

Prende il primo e lo gira sotto i nostri visi. Negativo. Per sicurezza guardiamo anche tutti gli altri ma la risposta è la stessa.

Non. Sono. Incinta.

Il sollievo mi travolge e salto in braccio a Ryan. Pericolo scampato.

<<Cazzo>>, dice in preda al sollievo.

<<Lo so>>, rispondo tornando per terra. 

Mi bacia sulle labbra dolcemente. <<Non sarebbe stato un problema per me. Voglio che tu lo sappia. Ti avrei amata ancora di più con mio figlio in grembo>>, dice facendomi stringere il cuore.

Dio, questo ragazzone è perfetto. Ricambio il bacio e gli ripeto all'infinito quanto lo amo.


LEGGIMI IL CUOREDove le storie prendono vita. Scoprilo ora