Prologo:

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Blup.

Sobbalzai al suono inconfondibile di un nuovo messaggio e afferrai tremolante il telefono accendendone la schermata principale. Possiamo vederci più tardi? Aprii la tastiera digitando la solita risposta: ho da fare, poi la inviai a Lucia, la mia compagna di banco che nonostante tentassi di ignorare, non faceva altro che cercare di diventare mia amica. Peccato, stasera i gemelli del quinto b danno una festa nella loro villa e io non so proprio con chi andarci. Sospirai, non si meritava un trattamento del genere, soprattutto perché era una brava ragazza e sembrava anche molto simpatica, ma non riuscivo ad avere amici. I posti affollati non fanno per me, scusa digitai in fretta e poi spensi il telefono lasciandomi ricadere sul comodo divano del mio soggiorno. Udii il rumore di chiavi, poi mia madre fece capolinea nella stanza con due buste della spesa e io mi affrettai ad avvicinarmi per aiutarla. << Grazie tesoro, non so proprio cosa farei senza di te >> mi disse regalandomi uno dei suoi splendidi sorrisi. << Probabilmente un bel niente, insomma sono diventata un tuttofare ormai >> lei rise alla mia battuta mentre iniziavo a sistemare tutti gli alimenti. Con la mamma riuscivo ad essere me stessa, non avevo bisogno di muri, ne tanto meno di maschere perché avevamo un rapporto speciale noi due, eravamo ciascuna l'ancora di salvezza dell'altra. << Tesoro è sabato sera, perché non esci? >> chiese d'un tratto. Odiavo darle delusioni, ma... << la mia unica chance sarebbe andare ad una festa con una compagna di classe, ma sai che non mi sentirei a mio agio >> risposi cercando una padella per iniziare a preparare la cena. << Lascia, faccio io. Sai che mi piace cucinare >> le lasciai lo spazio senza ribattere e feci per uscire in giardino, ma lei ritentò: << Perché non proponi a questa tua amica di fare qualcos'altro? >>. Evitai di ribadire che non eravamo amiche e bofonchiai un << meglio di no >>, poi aprii la porta di casa e me la richiusi alle spalle. Raggiunsi il prato e mi avvicinai alla mia amata amaca, sulla quale avevo lasciato il libro di storia aperto. Lo afferrai e non curante lo poggiai per terra, poi mi sdraiai chiudendo gli occhi e godendomi il dolce fruscio degli alberi e il lieve cinguettio di qualche uccello. Pace, solo questo chiedevo, a differenza di molte mie coetanee non amavo la confusione, la musica a palla e gli occhi della gente puntati su di me. Tutto ciò che cercavo era la calma, della semplice e pura tranquillità, non avevo bisogno d'altro. Non faceva freddo visto che era primavera e stavo per cadere in un dolce sonno quando un rumore mi fece sobbalzare. Sembrava un lampo, ma quando aprii gli occhi vidi che il cielo era ancora sereno, poi udii delle voci provenire dalla mia sinistra. Mi voltai e vidi una macchina parcheggiata nel vialetto di fronte casa mia e delle persone che stavano scendendo. Più precisamente un uomo e una donna che si tenevano per mano mentre osservavano la casa. << Non è meravigliosa? Voi che ne dite ragazzi? >> disse la donna, poi le porte posteriori dell'auto si aprirono e due ragazzi ne uscirono all'unisono. Una era una ragazza alta e magra dalla chioma rossa e lo sguardo assassino, l'altro era... oh. Nella mia vita avevo visto tanti uomini, modelli, attori ma non mi era mai capitata una cosa del genere: il ragazzo davanti a me portava i capelli rasati dietro e ai lati e il ciuffo ribelle che continuava a ricadergli sul viso; la mascella era delineata, gli zigomi alti e le labbra carnose. Portava una giacca di pelle nera e i jeans strappati aderenti.
Scesi dall'amaca e mi avvicinai al cancello cercando di non farmi notare. << Carina >> disse la rossa ai genitori che ormai stavano entrando dentro la loro nuova casa. Prima apparteneva a una coppia di ragazzi che avevano deciso di convivere, poi un giorno avevano litigato, lei scomparve e lui tornò dai genitori. Molti sostenevano che la ragazza dovette trasferirsi perché aveva trovato lavoro, a lui non aveva detto niente fino all'ultimo e quando lo scoprì diede di matto. Erano passati due anni da allora e nessuno si era mai avvicinato a quella casa, anche se non sapevo spiegarmi ancora il motivo. Vidi la ragazza entrare in casa con una piccola valigetta viola e il moro caricarsi tre zaini sulle spalle e cavolo se era bello. Neanche lo avessi detto a voce alta percepì la mia presenza e scattò la testa nella mia direzione, incatenandomi col suo sguardo: aveva delle iridi folgoranti, un misto tra verde chiarissimo e giallo, simile all'oro. Non avevo mai visto occhi del genere, ne rimasi rapita, incantata, non riuscivo a distogliere lo sguardo e a quanto pareva neanche lui. Non lo avevo mai visto prima eppure c'era qualcosa di familiare nel suo volto. Eravamo entrambi immobili, non riuscivo a capacitarmi di quello che mi stava succedendo, mi sentivo scossa da brividi. << Blake >> sentii la voce del padre chiamarlo e di colpo la magia sparì, scosse la testa e assunse un'aria beffarda, mi fece un cenno del capo per poi voltarsi ed entrare in casa come se nulla fosse. Mi accorsi che il cuore mi batteva a mille, come se avessi corso una maratona e la testa mi pulsava. << Diana, è pronta la cena! >> sentii urlarmi da mia madre, così tentai di riprendermi da qualunque cosa mi fosse appena successa e rientrai. Rimasi in silenzio per tutta la durata della cena, continuavo a ripensare al modo in cui mi aveva guardata, trasmetteva intimità... no, non era possibile, probabilmente mia madre aveva ragione quando diceva che stare sempre chiusa in casa mi faceva male. Si, sicuramente mi ero immaginata tutto e si era trattato di un attimo, nonostante a me fossero sembrati minuti. Riaccesi il telefono, avevo due chiamate perse e un messaggio da parte di Lucia: Okay, ci vediamo domani a scuola allora, ti voglio bene. Le ultime due parole mi lasciarono sconcertata e non sapevo cosa rispondere, << tesoro, niente cellulare a tavola >> mi disse la mamma, così digitai velocemente un a domani, grazie comunque per l'invito e mi concentrai sul polpettone che avevo davanti sforzandomi di non pensare più a quel ragazzo. L'ultima cosa che volevo era arrossire come un peperone - cosa che sicuramente prima avevo fatto - per cui chiacchierai con mia madre del più del meno e dopo cena studiai fino ad addormentarmi con la faccia sui libri.

Scommetti che non mi innamoro?Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora