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Se avessi saputo prima che mi sarei trovata così bene con Lucia avrei evitato di ignorarla, soprattutto perché credeva che il problema fosse lei. << Non capisco perché hai paura di conoscere gente nuova, sei simpaticissima e mi fai morire dal ridere >> mi disse mentre stavamo andando al parcheggio verso la mia auto. << Beh, all'inizio non ero così. Da piccola amavo stare in compagnia, è dalla prima media che le cose sono un po' cambiate >> le spiegai. << Come mai? >> era un argomento difficile e anche se con Lucia mi stavo trovando bene faticavo a parlarne, lei se ne accorse e cambiò argomento: << Comunque il nuovo arrivato è veramente carino >> alzai gli occhi al cielo ripensando allo scontro che avevamo avuto. << Oh, ma per favore! Se la crede un botto e poi hai visto come mi ha contraddetta oggi? Insomma, è ovvio che la gente possa avere opinioni diverse dalla mia, ma lui è davvero insopportabile >> lei mi lanciò un'occhiata di sbieco, << non è che magari ti piace? >> chiese facendomi arrossire violentemente. << Ma cosa ti salta in mente? Non hai visto che stavo per strozzarlo? E pensare che è pure il mio vicino di casa >>, << Cosa?! E quando pensavi di dirmelo? Devi assolutamente invitarmi da te uno di questi giorni >> sbuffai esasperata. << Lucia, sei una brava ragazza ma anche estremamente ingenua. Quello lì non ha sicuramente intenzioni serie con le ragazze, hai visto come flirtava con Bella? Insomma, nemmeno la conosce! >> aprii la borsa prendendo le chiavi della macchina. << Non è che per caso sei gelosa? >> domandò con uno sguardo compiaciuto e facendomi nuovamente arrossire, << Ovviamente no, ma cosa ti salta in mente? Non ci avevo mai parlato prima d'oggi e come vedi non c'è molta affinità tra noi >> lei alzò le braccia in alto in segno di resa e salì in macchina senza obbiettare, durante il tragitto fino a casa sua non mi fece più domande.

<< Sono tornata! >> urlai chiudendomi la porta alle spalle, ma non arrivò alcuna risposta. << Mamma >> la chiamai entrando in cucina ma non c'era, in camera mia trovai un bigliettino da parte sua: stasera cenerò fuori con amiche, spero tu ti sia divertita con la tua. Ti voglio bene, ho lasciato della pizza in forno. Sorrisi, non usciva da un bel po'. A quanto pare in questa giornata avevamo fatto entrambe un passo avanti, stavamo riuscendo a lasciarci il passato alle spalle. Soddisfatta tirai fuori dallo zaino un libro che avevo preso in prestito dalla biblioteca stamattina e uscii in veranda diretta alla mia solita, vecchia amaca. << Non puoi esporti così >> sentii una voce femminile da molto vicino, << Cosa posso farci se sono fatto così? >> riconobbi all'istante la voce che mi aveva fatto fare una figuraccia davanti a tutti i miei compagni. Udii una risata ironica e mi avvicinai al cancello per osservare la scena: la sorella di Blake riprese a parlare: << non devi farti notare, non è difficile. Scendi dal piedistallo per una benedetta volta e pensa alla tua famiglia >> si vedeva che era arrabbiata con lui e anche se non ne conoscevo il motivo immaginai che la sua arroganza avesse colpito ancora. << Calmati, ho tutto sotto controllo >> tentò di rassicurarla Blake mentre estraeva dalla tasca un pacchetto di camel blu. << Io non mi calmo proprio per niente, sei un menefreghista del cavolo. Anzi, sei un masochista e la prossima volta che fai una scenata del genere io >>. << Cassandra, lascialo in pace. Ci parlerò io più tardi, sai che così peggioreresti soltanto la situazione >> la interruppe quello che doveva essere il padre. Lei sbuffò lanciandogli un'ultima occhiataccia per poi entrare in casa seguita da quell'uomo che stranamente non assomigliava per niente a nessuno dei suoi due figli. Blake mise su un ghigno accendendosi una sigaretta e decisi che era il momento di levare le tende, ma mi mossi in maniera così goffa da inciampare su un rametto e cadere col sedere a terra, << Ahi! >>. Appena alzai lo sguardo vidi il moro a un passo da me e saltai dalla sorpresa, << ma dico, ti-ti sembra il caso di entrare nella proprietà altrui? >> gli chiesi guardandolo male, lui inarcò un sopracciglio: << e a te sembra il caso di spiare le conversazioni dei tuoi nuovi vicini di casa? >> touché. Notò il mio silenzio e allungò la mano, << lascia che ti aiuti >>, << no grazie >> risposi sprezzante e mi rialzai. << Tu vai anche in classe mia giusto? >> perspicace il ragazzo, << e tu s-sei quello che mi ha salvata da un possibile incidente domenica >> okay, questa non era cattiva. Lui annuì, << prego comunque >> io gli riservai una smorfia ma evitai di ringraziarlo, troppo orgoglio. << Puoi anche andare ora >> dissi con un coraggio che non mi apparteneva, incrociando le braccia al petto. Lui però ignorò le mie parole facendo un passo nella mia direzione, io di riflesso ne feci due indietro - rischiando di inciampare di nuovo - per porre distanza tra di noi. << Sai una cosa? Le conosco quelle come te. Sei la classica asociale di turno che non fa altro che tenere la testa tra i libri >> disse indicando con la testa il libro poggiato sull'amaca, << e che si vergogna anche solo a dire ciao a un ragazzo >> fece un altro passo nella mia direzione, le guance mi stavano andando a fuoco. Tentai di indietreggiare di nuovo ma finii con le spalle alla porta, << Ti distruggerò al dibattito, ci puoi giurare >> affermò guardandomi negli occhi, io distolsi lo sguardo fissando un punto sul pavimento, senza contraddirlo, ogni parola che tentavo di formulare sembrava morirmi in bocca. << Direi che ho fatto centro >> aggiunse a un passo dal mio viso, aveva l'alito che sapeva di fumo e mischiato al suo profumo speziato era ancora più buono. << V-vatt... vattene >> mi tremava la voce, le lacrime minacciavano di uscire per la frustrazione ma non gli avrei dato anche questa soddisfazione, per cui le trattenni con tutta la forza che avevo in corpo. Una risata forzata gli uscì dal petto, << ma c-cosa vuoi da me? >> uff, dovevo smetterla di balbettare! << Io? Nulla, è che odio le ficcanaso >> sembrava sputare disprezzo da tutti i pori. << Non ti lascerò mettermi i piedi in testa >> affermai riuscendo finalmente ad incontrare il suo sguardo. Lui mi scompigliò i capelli e gli afferrai di scatto il polso, una scossa mi attraversò al contatto, ma la ignorai. Avvicinò ancora di più il viso e il cuore iniziò a pulsarmi nel petto, << L'ho appena fatto >> disse ritraendo di colpo il braccio, buttò a terra la cicca e la schiacciò con il piede. Poi se ne andò, lasciandomi lì con lo sguardo perso, mai mi ero sentita così a pezzi, avevo l'autostima completamente a terra. Mi aveva definitivamente rovinato la giornata e in un modo o nell'altro gliel'avrei fatta pagare, nel frattempo però corsi a rifugiarmi in camera mia e dopo essermi assicurata che le finestre fossero chiuse mi rintanai nel letto e scoppiai a piangere.

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