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Due salti a destra e un calcio laterale, due a sinistra e un altro calcio, per venti volte; tre sezioni di addominali, due di piegamenti, poi si passa al sacco. Nella prima settimana di allenamento uscivo distrutta dalla palestra, i muscoli doloranti, ma andando avanti la cosa cambiò: gli esercizi divenivano sempre più facili da eseguire, finché non li aumentai progressivamente. Durante le sessioni sentivo il mio corpo scrocchiare, lavorare e migliorare, una sensazione unica, l'obbiettivo principale sempre davanti: sapermi difendere da sola. I risultati erano man mano più evidenti: si intravedevano i muscoli addominali sul mio ventre, le gambe non erano più flaccide, ma tenaci e le braccia leggermente muscolose. Insomma, il mio fisico era tonificato e ciò aiutava la mia autostima, soprattutto perché improvvisamente non ero più invisibile: a scuola tutti mi notavano, mi salutavano, mi invitavano ad uscire. Chiariamoci, il mio essere meno timida e impacciata contribuiva e non di poco, ma nonostante ciò, anche se stavo riprendendo l'amicizia con Iride - abituandomi all'idea che fosse un hole - e nonostante la gentilezza di Nathan, c'era un pensiero che ancora mi vorticava in testa. Un nome. Di bigliettini anonimi non ne avevo più ricevuti, per cui dedussi che Blake Anderson stesse facendo un ottimo lavoro, eppure vederlo con Carole davanti casa sua era una pugnalata al cuore. Tentavo di non pensarci, uscii perfino con il mio amico, ma per l'appunto, capii che più di quello non poteva essere. Quando stavo con lui e incrociavo il mio protettore, lo vedevo irrigidirsi e fulminarmi con lo sguardo, come se soltanto lui avesse il diritto di frequentare qualcuno, anche se in teoria, era esattamente l'opposto. Un giorno però le chiavi non volevano saperne di entrare nella serratura, mia madre era uscita e sbuffando continuavo a provarci, alla fine lasciai perdere andandomi a sdraiare sull'amaca. << Posso entrare? >> saltai al suono inconfondibile della sua voce, << no >> risposi girandomi su un fianco e cercando di lasciarmi cullare dal leggero fruscio del vento che sfiorava i rami degli alberi e dai delicati raggi del sole che mi tenevano al caldo. << Devo comunicarti delle informazioni >> disse ma lo ignorai, << urgentemente >> scocciata mi alzai e gli aprii il cancello - almeno quella chiave non mi creava problemi. Fece un passo avanti e sentii la terra tremare, per poco non caddi, lo guardai sbalordita, aveva addosso un pantalone nero della tuta, scarpe da ginnastica e una canotta aderente, che lasciava intravedere gli addominali scolpiti. Aveva lasciato crescere la barba e non si poteva negare che gli conferisse un'aria da duro, incrociai le braccia al petto ignorando i battiti accelerati del mio cuore. << Devo parlarti, vieni con me >> No! Avrei voluto urlare, ma deglutii a vuoto e lo seguii verso la sua moto, mi lasciai ricadere dietro e rimasi in silenzio mentre la accese e per tutto il viaggio, non mi lamentai della velocità e delle frenate brusche. Una volta arrivata riconobbi la piazza centrale, il luogo più affollato del paese e mentre mi sfilavo il casco, restituendoglielo, mi chiesi di cosa dovesse parlarmi proprio lì. Ci incamminammo verso una stradina piena di negozi e ci fermammo in un bar nel quale Blake prese un caffè ed io un semplice bicchiere d'acqua.
Non volevo farmi offrire niente da lui. << Allora? >> chiesi fredda, << perché siamo qui? >> buttò due bustine di zucchero nel liquido scuro e feci una smorfia, troppo dolce non mi piaceva. << Perché? >> rise, amaramente, poi di colpo si fece serio in volto e si allungò verso di me, il respiro si mischiò al mio e i nostri occhi si incatenarono a vicenda, ma non mi ritrassi, troppe volte lo avevo fatto. Dovevo mostrarmi forte, far vedere che non significava nulla per me, << dimmelo tu Cooper, mi eviti, non mi fai sapere più niente della tua vita e sinceramente questo non mi aiuta, prima eravamo >> si interruppe, neanche lui lo sapeva. Mi si formò un ghigno, << amici Blake, eravamo semplici amici >> sembrò voler ribattere, ma poi annuì, << esatto e ora non sembriamo neanche conoscenti >> feci spallucce fingendomi indifferente. Lo vidi infuriarsi, bevve il caffè tutto d'un sorso, poi si alzò bruscamente facendomi cenno di seguirlo, probabilmente non voleva dare scena.
Una volta fuori dal locale ci infilammo in un vicolo, lontano da orecchie indiscrete, << senti, ti ho portata qui per chiarire con calma, ma tu non stai collaborando >> non lo avevo mai visto così arrabbiato, ma continuai a fissarlo annoiata. Si allontanò da me e tirò un calcio al muro, rompendone un pezzo, mi portai automaticamente le mani alla bocca.
Lo vidi riaggiustarlo come niente fosse. << Mi spieghi che ti prende? >> mi inveì contro, allora mi scaldai anch'io, << Cosa mi prende?! Ho un problema con te, ecco cosa ed è che non mi sono scelta io il controllore e questo è ingiusto, perché me ne è capitato uno arrogante, presuntuoso e falso >> nei suoi occhi comparvero due fiamme,<< falso? >>, << si, perché hai finto di provare interesse per me, soltanto per svolgere al meglio il tuo lavoro, ma sai cosa? A questo punto non proteggermi proprio, lo preferisco >> ribattei irritata. << Io non ho finto Diana, mi hai frainteso e te lo stavo anche spiegando l'altro giorno, ma non mi hai voluto ascoltare, non vuoi mai farlo, perché sei soltanto una rompipalle insicura di se, che si nasconde dietro un muro, sei testarda e ti impunti sulle cose. In una parola i-n-s-o-p-p-o-r-t-a-b-i-l-e >> scandì e alzai una mano per mollargli uno schiaffo, ma di colpo me l'afferrò e successe l'impensabile: mi sollevò dalle gambe, di riflesso le chiusi intorno al suo busto, sorreggendomi, poi sentii l'impatto contro il muro e un secondo prima fissai le labbra di Blake pronunciare le parole: << ma sei anche mia >> e quello dopo le percepii sulle mie. Erano calde e morbide, aveva un sapore indescrivibile, buono. La sensazione che provai fu quella dissetante, come se avessi bisogno di questo e lui l'avesse sempre saputo. Mi sorpresi a ricambiare e in quel bacio sentii la frustazione e il rimpianto di aver atteso tanto a lungo, ma anche il sollievo e ancora una serie di emozioni contrastanti. Quasi non mi accorsi dei fulmini che invasero il cielo, che da sereno, divenne pieno di nuvole. Subito iniziò a piovere su di noi e un sorriso spontaneo mi nacque sulle labbra, lo sentii sospirare mentre si staccava ricambiando il sorriso, gli occhi che brillavano, completamente dorati.
Risi, stavolta per la gioia e alzando lo sguardo vidi le nuvole cambiare continuamente forma, fino a formare una frase: " insieme siamo infinito " scossi la testa, << non ti facevo uno sdolcinato >>. << Ma stai zitta >> e mi baciò di nuovo, questa volta in modo dolce e mi mise giù.
Quando fece per staccarsi lo afferrai per la canotta e lo ritirai verso di me, << vedi? Non mi resisti >> mormorò con le labbra sulle mie, presi a dargli tanti baci a stampo, poi esplorai il suo viso: gli zigomi, la mascella delineata, le palpebre, il naso, il collo e passai una mano tra i suoi capelli. Lo sentii ridere, ma quando mi staccai mi fissò serio, << scusami piccola, per tutto >> appoggiò la fronte alla mia, poi mi strinse in un forte abbraccio, affondai la testa nell'incavo del suo collo come fosse la cosa più naturale del mondo e mi persi nei suoi cento battiti.

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