9.

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Blup.

Passo a prenderti per le 16.30.

Lanciai il telefono sul letto tanto era il fastidio che questo incontro mi provocava e non era nemmeno iniziato. Mi passai le mani sul viso, non ce la potevo fare. Mi alzai andando a farmi una doccia, poi ascoltai un po' di musica rilassante, lessi e chiamai perfino Lucia per chiacchierare, cosa che nonostante ora fossimo amiche, non facevo quasi mai. Nonostante tentassi di tenermi impegnata, temevo il momento in cui avrei sentito bussare alla porta. Avevo già avvisato mia madre, che stravedeva per lui, poiché le era sembrato un bravo ragazzo. Avrei voluto riderle in faccia nel momento in cui lo disse, ma evitai di farlo, anche perché stavo per studiarci insieme. Non sapevo cosa mettermi, insomma non avrebbe dovuto importarmi, ma visto che mi giudicava costantemente mi riusciva difficile non scartare almeno metà armadio. Alla fine optai per un jeans strappato e una giacca di pelle nera, ebbene si ne avevo anch'io, stavolta mi sarei presa io gioco di lui.

Blup.

Esci, sono qui.

Ma no, tranquillo non scomodarti a bussare. Mentre afferravo la borsa però, il cuore prese a battermi all'impazzata e mi sentii più insicura che mai. Finii per truccarmi, cosa che non facevo mai! Qualsiasi cosa però, pur di rimandare quell'incontro. Applicai quei pochi cosmetici che avevo: un filo di matita nera e ombretto, il pettinino per sopracciglia e uno strato di lucidalabbra alla fragola. Sentii bussare e mi chiesi se questo ragazzo sapesse cosa vuol dire attendere; mi spruzzai un pizzico di profumo e legai i capelli in una coda alta. << Tesoro è arrivato il tuo amico >> amico, si certo come no. Quando finalmente raggiunsi il soggiorno lo vidi: aveva i capelli spettinati, una maglietta bianca aderente - per mia sfortuna o fortuna -, jeans neri strappati e un piccolo zainetto sulle spalle. Come faceva a essere così bello con dei semplici vestiti? Improvvisamente il mio tentativo di non sembrare una totale sfigata mi sembrò inutile, ma poi Blake mi squadrò da capo a piedi con un'espressione sorpresa sul volto. Finsi di non sentirmi come il brutto anatroccolo e con una disinvoltura che non mi apparteneva chiesi: << andiamo o resti a fissarmi tutto il giorno? >>. Il suo sguardo si fece di colpo arrogante, << sicura di non essere tu quella che si è incantata a guardarmi? >> alzai gli occhi al cielo e lo sorpassai. << Troppo ego, non sei n-niente di che >> mentii arrossendo in volto. << Fingerò di crederti Diana >> disse mentre si avvicinava alla sua moto. << Cosa? Dimmi che non hai intenzione di farmi montare su quella >> mia madre mi avrebbe ammazzata se lo avesse saputo. Lui fece spallucce, << Questa ho >> rispose allungandomi un casco, non ero mai stata su una moto. << Non se ne parla, usiamo la mia macchina >> affermai decisa. << Quella catapecchia? Ci metteremmo una vita ad arrivare >> ma perché doveva sempre farmi arrabbiare? << Okay, come non detto. Sai serve molto più di una giacca di pelle e un paio di jeans per non sembrare una codarda >> a quel punto non ci vidi più, la mano destra si mosse da sola, per colpirlo in pieno viso. Non so come, ma lui riuscì a bloccarmi il polso a mezz'aria, questa volta la scossa fu dolorosa. << Okay, forse ho esagerato >> ignorai il rossore che iniziava a salirmi alle guance e ribattei, << tu dici? >> sospirò, probabilmente capì quanto mi fossi stufata del suo atteggiamento. << Usiamo la tua macchina >> disse semplicemente, come se bastasse a cancellare ogni insulto che mi aveva rifilato da quando lo conoscevo. << No >> Blake mi guardò confuso, << non sono u-una codarda >> affermai, poi presi coraggio e mi avvicinai di un passo a lui, << così come non sono una sfigata, né un'asociale >> sentivo il dolore riaffiorare. << Non pu-puoi giudicarmi, perché non mi conosci. Non sai perché non mi fido della gente, ne perché sto sempre con la testa sui libri >> sentenziai incrociando le braccia al petto. Per la prima volta Blake Anderson sembrava senza parole il che mi fece incredibilmente bene, ero riuscita a difendermi. << Quindi quale mezzo utilizziamo ? >> chiese soltanto. Sorrisi soddisfatta, << quello che ci farà arrivare prima, non voglio perdere altro tempo con te >> la situazione sembrava essersi momentaneamente ribaltata. Non disse nulla, mi allungò nuovamente il casco incerto e lo afferrai, sconfiggendo la paura.

Il paesaggio mi sfrecciava accanto, il vento tra i capelli, le braccia strette attorno al busto del mio vicino di casa e il cuore che mi batteva all'impazzata, a causa della velocità mi dissi. << Potresti rallentare un po'? >> urlai per farmi sentire, correva come un matto e immagini di noi due investiti stavano affiorando nella mia mente. << Non fare la guastafeste Diana, siamo quasi arrivati >> rispose a voce alta, poi girò di colpo e cacciai un urlo facendolo ridere. Finalmente rallentò, prendendo una salita, << ma dove mi stai portando? >> ecco, sicuramente cercava un posto per uccidermi e seppellire il cadavere. Blake non rispose continuando a percorrere la stradina, io chiusi gli occhi. << Eccoci arrivati >> disse ad un certo punto, fermandosi. Riaprii gli occhi e mi guardai intorno: eravamo in una valle, coperta di alberi e fiori, si sentiva soltanto il cinguettio degli uccelli e il ronzio di qualche ape. Davanti a noi c'era una discesa, eravamo più in alto di quanto pensassi: si vedevano le luci della città in lontananza. << Wow, è un posto estremamente >>, << Tranquillo >> concluse lui per me. Annuii, lo amavo, rappresentava ciò che disperatamente cercavo. << Bene, all-allora possiamo incominciare >> dissi abbassando lo sguardo. Blake tirò fuori dallo zaino un telo enorme e lo posizionò sul prato, poi ci si sedette sopra e mi fece segno di mettermi vicino a lui. Con le guance che mi andavano a fuoco mi misi il più lontano possibile e poggiai la borsa tra i nostri corpi, come a voler segnare un confine da non oltrepassare. Lui non protestò e tirò fuori il libro porgendomelo dolcemente e sorridendomi leggermente a disagio. Blake Anderson in imbarazzo? Non credevo ai miei occhi. Con mano tremante presi il libro e me lo posi in grembo, accarezzandone la copertina luccicante, sfogliai le pagine annusandone l'odore, come facevo sempre. Lui non disse niente, attese in silenzio che iniziassi a leggere e così feci.

<< Ciò che amore non è. Di Ruben Roses >> lanciai un'occhiata di sbieco a Blake e cominciai dal prologo: << L'amore. Cos'è in fondo? Esiste realmente? Ho sentito dire che si manifesta in diverse forme, ma non tutto ciò che brilla è oro, quindi come facciamo a capire quando è lui e quando invece no? >> esitai un momento, poi ripresi: << Pensare incessantemente a una persona non vuol dire amarla, ma ricordarla. Sentirsi attratti da qualcuno non vuol dire amarlo, semplicemente ti piace. E neanche dirgli ' Ti amo ' lo renderà reale. Per cui io non sono per niente innamorata di Alexander White, al contrario trovo solo che sia immensamente gentile, premuroso e maturo per la sua età. Non lo amo, non potrei mai, non sarebbe concepibile un imprevisto del genere, visto che a breve dovrò sposare il principe di Svezia. I miei genitori mi ripetono in continuazione che è la persona giusta per me, eppure io non l'ho mai visto e non lo vedrò fino al giorno delle nozze. é così frustrante, dover stare con una persona di cui non conosci l'aspetto e poterlo sentire solo attraverso qualche lettera. Non per essere fraintesa, ce ne siamo mandate a centinaia, ma le prime novantanove sono soltanto stupidi battibecchi riguardanti le nostre opinioni, i nostri pensieri. Lui dice A, io lo contraddico con B. Poi lui mi chiede cosa ne penso della politica e io gli rivelo che la sola parola mi fa venir sonno. La centesima lettera però, è andata meglio. Si è limitato ad ammettere di non tollerare i miei discorsi, così come io i suoi, ma ha proposto una tregua. In fondo avremo tutta la vita per litigare >>.

<< Perché ti sei fermata? >> alzai la testa e incontrai il suo sguardo, il verde/oro dei suoi occhi brillò alla luce del tramonto. Guardai di fronte a me e mi accorsi che il sole stava per andarsene, lasciando spazio al buio della notte.
<< Nessun libro mi lascia spiazzata, di solito >> ammisi. << Beh, in effetti è molto profondo >> concordò, la prima cosa su cui mi diede ragione. Il silenzio calò tra di noi e chiusi gli occhi godendomi questa momentanea calma, poi una domanda mi sorse spontanea: << come hai conosciuto questo posto? >> mi sorpresi nel riuscire a non balbettare. << Qualche giorno fa stavo cercando una persona e mi sono imbattuto in questa splendida pianura >> rispose, non c'era arroganza nella sua voce. << Tu ci sei mai stata? >> scossi la testa, << strano a dirsi, ma non sono mai stata una grande esploratrice >> rise alla mia battuta. Una risata sincera, fragrante, bellissima. << Dove vivevi prima? >> trovai il coraggio di chiedergli, lui mi guardò di sbieco, << molto lontano da qui >> disse solo. << Cioè? >> il telefono prese a squillarmi. << Scusa >> mormorai cercandolo nella borsa, << pronto? >>. << Tesoro, dove sei? >> mi chiese la mamma. << Sono in una valle con Blake, perché? >>, << la sorella lo sta cercando >>. Guardai il moro accanto a me, << okay, adesso torniamo allora >> e attaccai. << Cassandra ha chiesto di te, dobbiamo rientrare >> gli spiegai mentre mi alzavo. Lui inarcò un sopracciglio, << come conosci il suo nome? >> arrossii, << l'ho sentito >>. In silenzio tombale tornammo alla sua moto, mi presi un attimo per osservarlo meglio, notando che al collo portava una collanina d'acciaio, poi accadde l'impensabile: il ciondolo che vi era attaccato, a forma di ancora, iniziò a tremare.

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