Capitolo 36

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Catherine mi butta a terra e mi manca il fiato. Mi tira degli schiaffi sulla faccia e mi guarda con odio. La prendo per i polsi e cerco di allontanarla da me. Così non risolverà il problema, lo renderà solo più grande (non che io sia da esempio).
"Adesso ti alzi e fai come ti dico, sennò morirai" digrigna i denti e mi mostra un coltello dalla tasca interna del giubbotto in pelle.
"Non ho paura della morte, voglio solo capire il perché" ansimo e la guardo negli occhi. Gli stessi che avrei riconosciuto dappertutto, erano sempre brillanti; ma anche ora, stanchi e con sotto delle occhiaie bluastre, rivedo la nostra infanzia. E so che da qualche parte in lei, quel lato buono è rimasto; ma spesso i demoni dell'adolescenza lo spazzano via lasciando il posto a oscurità, paura, odio, sensi di colpa e delusioni. Così ci trasformano in una sfumatura negativa di noi stessi finché non arriva un angelo che riaccende la luce.
"Perché, mi domandi?" Ruota gli occhi e ride "Tu pensi di essere stata l'unica ad essere stata picchiata? Credi di essere l'unica ad aver sofferto? Io ci sono stata al gioco di papà, ma lui è possessivo. Ho passato la mia adolescenza chiusa in casa, con un mostro che si approfittava di me e tu intanto potevi scegliere chi amare. Ma non ti odio solo per questo. Sai, i nostri genitori hanno fatto un errore, ma se ne sono accorti troppo tardi"
Mi sale l'amaro in bocca e lei mi fa indietreggiare, in questo mio momento di fragilità. Sento il vuoto e la roccia sgretolarsi sotto la suola delle mie scarpe. La scogliera. Alzo la testa di scatto e un'ondata di panico mi travolge. Mia sorella si avvicina al mio orecchio e mi sussurra tutte le mie paure, facendomi provare un brivido lungo tutta la schiena come l'acqua fredda che sgocciola dai capelli appena lavati.
"I nostri genitori non ti hanno mai voluta, sei stata solo uno stupido errore della natura o del destino, chiamalo come cazzo vuoi"
Mi sputa queste parole in faccia che mi rimbalzano in testa come una pallina da ping-pong e le sento frantumarsi in ogni parte di me in mille pezzi di vetro. Tutte quelle sere passate a piangere di nascosto abbracciando il cuscino, le cicatrici, le urla soffocate con i tagli si materializzano nella mia mente come un film. Sono solo un errore. Lo sapevo già, ma una parte di me (anche grande) sperava che ci fosse mia madre a dirmi che era solo una bugia detta da mio padre. E invece le speranze mi hanno uccisa ancora una volta. Ora spiego anche il motivo per cui mio padre tornò in Italia e rovinò la famiglia. La colpa era solo la mia nascita non voluta da nessuno.
"ELIZABETH!!" quella voce calda, che tanto amo, mi scioglie il ghiaccio che si era appena formato nel mio cuore, provo a spingere mia sorella per correre dal mio angelo, Jonathan. Ma lei è più rapida: mi prende per i polsi e mi spinge nel vuoto sorridendo. Scivolo e cado giù. Faccio in tempo a vedere il grido non udibile di Jonathan e il sorriso meschino di mia sorella. Quest'ultima mi saluta con la mano e mi sussurra "Buonanotte fiorellino" e chiudo gli occhi. Una lacrima salata mi scivola sulla guancia e penso che questa sia la volta buona che muoia davvero. Mi dispiace per tutto.

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