quindici

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«Vi ho fornito uno specchio, iniziate a guardarvi dentro»

Izi

A

ppena rientrai in casa incontrai mio fratello che era appena uscito dalla sua stanza probabilmente appena sveglio, per via del suo sguardo confuso -com'è andata ieri?- mi chiese Matteo -molto bene.- dissi sedendomi al tavolo della cucina -davvero?- chiese -sì Matteo, cosa ti aspettavi?- chiesi mentre mio fratello mi posava davanti una tazzina di caffè appena fatto -cosa avrei potuto aspettarmi? Che domande- rise per poi uscire a fumare sul balcone.

Quella giornata era incominciata particolarmente strana, sentivo che qualcosa stava per accadere e io avevo paura. Sì, perché l'ignoto, come qualsiasi altra cosa, ci spaventa.

L'umano è fatto per sapere, e ciò che non sa lo spaventa, cosa assurda, perché se non esistesse la paura non esisterebbero molte cose. Non ci sarebbe nulla.
Era da tempo che non mia soffermavo a pensare su ciò che mi accadesse attorno, forse era Diego, la sua presenza aveva in qualche modo scombussolato tutto.

Me soprattutto.

Non ero abituata a ricevere attenzioni, così come non ero abituata ad avere una persona che per il momento pare davvero che ci tenga a me.
Sono sempre stata da sola, e in fin dei conti, chi non è solo a questo mondo?

Ma quando arriva quella persona, che anche se magari viene dal nulla, non ti fidi, non hai nulla da dividere con essa, ma quando finalmente capisci chi è, e ti trovi bene. È quasi impossibile, l'amicizia vera era rara, le persone vere erano rare.
Perché si tende a essere ciò che non si era? Non lo sapevo, io sono sempre stata quello che sono, niente di più e niente di meno. Non sono mai andata a genio a molte persone per chi sono.

Ma nessuno ha mai pensato a com'è essere cresciuti nel "mio " mondo, perché la gente non ci pensa mai? Mettersi nei panni di altri è qualcosa di troppo faticoso per essere fatto, o è semplicemente l'uomo che non ha intenzione realmente di aiutare il prossimo?

Raggiunsi mio fratello sul balcone, mi sedetti accanto a lui e mi accesi una sigaretta -alla fine avevo ragione eh- disse ridendo, feci uscire il fumo dalle mie labbra e girai la testa verso di lui -sì, forse- risposi ridendo -devi dirmi qualcosa?- chiese notando la mia espressione quasi felice nel parlare di Diego. -forse - risposi alzando le spalle -Martina- disse con tono serio -ma niente Matteo, stai tranquillo- dissi per poi portare alle labbra la sigaretta -speriamo- rispose sorridendo.

-Matteo, sento che qualcosa non va...- dissi -perché?- chiese, alzai le spalle, molte cose non andavano di per sé, questa cosa per me era nuova -dimmi almeno cosa senti- disse -è come se avessi ansia, come se qualcosa o qualcuno stesse per distruggere tutto- dissi, mio fratello rimase in silenzio, poi si girò e posò una mano fredda sulla mia guancia, guardandomi bene negli occhi.
-qualsiasi cosa sia, sappi che io sono qua. Sempre- disse e sorrisi posando la testa sul suo petto. Chiudendo per qualche istante gli occhi -ti voglio bene- sussurrò lasciando un bacio fra i capelli -anche io- risposi.

Era una di quelle poche persone a cui davvero volevo bene.

Tornammo all'interno della nostra casa, in silenzio, le cose da dirci non sono mai state molte. Abbiamo sempre, quasi fin da subito, avuto questa particolarità. Riuscire a capirci in poche mosse.
È raro, quasi impossibile. Ma alla fine è quasi naturale delle volte.

Il mio cellulare squillò, lo presi, credendo che fosse Diego.
Ma era un numero, a me sconosciuto.

sconosciuto
Attenta con chi giri bambina,
non vorrei che poi tu ci stessi
male. Sai bene come sei.

Non avevo idea di chi potess essere.
Perché avrei dovuto prestare attenzione a Diego? Aveva fatto qualcosa di male? Chi era questa persona per dire questa cosa? L'ansia scomparve, arrivando la consapevolezza che il problema era questo.
La cosa che doveva accadere è successa.

E ora?




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Zorba|| IziDove le storie prendono vita. Scoprilo ora