The bet

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Scappare da cosa? Il suo era un discorso generale, oppure si riferiva a se stesso?

Rose lo guardò cercando d'intuire qualcosa dalla sua espressione; era cambiata, ora era decisamente più severa e decisa.
Rimase incredula di fronte a quel suo improvviso cambiamento di umore.
Si era ripromessa ancora una volta di non essere coinvolta, eppure con lui si ritrovava sempre al punto di partenza.
Lui sembrava non capire o forse semplicemente non voleva capire, era abituato a fare quello che più gli andava e non accettava un no come risposta.

Si maledisse ancora una volta per aver accettato quella stupida scommessa, non avrebbe mai potuto vincere contro di lui.
E allora perché accettare?
Era vero, aveva in ostaggio i suoi occhiali, ma erano davvero così importanti da giustificare il suo continuo andargli dietro?
Forse una parte di sé voleva semplicemente arrendersi alla sua compagnia, al suo interesse, vero o presunto che fosse.
In ogni caso aveva accettato e non avrebbe più potuto tirarsi indietro.

Quando si sistemò di fronte a lei pensò che fosse decisamente troppo alto; non ci aveva fatto caso prima, impegnata, com'era stata, a evitarlo come la peste.
Lo conosceva così poco, non gli ispirava per niente fiducia, ma di fronte a lui non riusciva a gettare la spugna, non voleva mostrare la sua parte debole e insicura.
Lui la metteva alla prova, la sfidava e le tirava fuori frammenti che pensava di aver perso.
Non era ancora sicura di quello che stava facendo, ma non poteva farne a meno, di fronte a lui si sentiva così libera.

Odiava tuttavia quel suo modo di fare arrogante e il suo dare per scontato che sarebbe stata una passeggiata.
Entrambi sapevano che si trattava di una scommessa già persa in partenza, ma, a suo dire, avrebbe potuto almeno renderlo meno spiacevole.
Aggrottò la fronte e decise che anche se non avesse vinto, perlomeno gli avrebbe fatto sudare sette camicie.

Inutile dire che il suo tentativo di superarlo con una finta si era rilevato un fiasco.
Ryan si era appropriato della palla e, continuando a palleggiare, arrogantemente le aveva fatto cenno con la mano di riprovarci.

«Non avrai pensato che sarebbe stato così facile?» le disse con la sua solita faccia tosta.

La superò un paio di volte, facendo però sempre ritorno al punto di partenza, come se volesse sottolineare quanto poco la stesse prendendo sul serio.
Infastidita dal suo atteggiamento Rose si fermò di fronte a lui e con una mano scacciò via la palla che finì poco distante.

«Non prenderti gioco di me» gli intimò.

Ci fu un momento di silenzio, disturbato solo dall'eco della palla che continuava la sua corsa sul pavimento.
Non lo guardò in volto, limitandosi a tenere gli occhi fissi ai suoi piedi: era abituata a essere trattata in quel modo, a essere poco considerata, ma stranamente la disturbava intuire che anche lui potesse avere quella stessa considerazione nei suoi confronti.

Il ragazzo si allontanò per recuperare la palla e quando le fu di nuovo di fronte, le alzò il viso imbronciato con la mano libera.

«Va bene, giochiamo sul serio allora.»

Quando guardò il suo viso ritrovò un sorriso completamente differente, più dolce e amichevole.
Nell'istante in cui Rose si abbandonò a quel disorientamento, il rumore della palla che rimbalzava e che attraversava la rete del canestro risuonò nella palestra.

Temette che il ragazzo avesse intuito l'effetto che poteva avere su di lei, il suo perdersi e distrarsi al suo minimo tocco.
Lei stessa continuava a stupirsi delle sue reazioni: erano bastati i suoi occhi e uno sguardo più dolce del solito per farle perdere il senso della realtà.
Si convinse che non fosse vero, che fosse solo stordita da quella giornata così imprevedibile e piena di emozioni.

Change of PLANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora