Blackout

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Era inerme sotto di lui, distesa sulle lenzuola sfatte della notte appena trascorsa; lo guardava con quegli occhi ingenui di chi non aveva idea di cosa sarebbe potuto accadere, inconsapevole della pericolosità di quel suo sguardo.
L'idea che un semplice spostamento in avanti avrebbe permesso alle loro labbra di toccarsi sembrava oscurare le proteste della sua mente e rendeva quel suo tentativo di controllo più difficile del previsto.

Si era proteso su di lei così per gioco, per provocarla e scatenare in lei quelle reazioni che lo facevano sentire così importante.
Ma era rimasto fregato dalla sua stessa trappola, vittima dell'inesperienza di quella ragazza che scatenava in lui il desiderio più viscerale mai provato.
Quando sembrava ormai aver perso qualsiasi volontà di fermarsi, lei mormorò nuovamente il suo nome.
Si chiese se avesse davvero inteso le sue intenzioni, e nel caso, se avesse davvero voluto che si fermasse.

Avrebbe voluto chiederglielo, ma non lo fece.
Si allontanò in quell'istante mormorando un tenue mi dispiace, poi andò a sedersi al suo fianco pronto per concederle quelle spiegazioni che tanto desiderava.

«Non è successo nulla. Ieri sera hai decisamente bevuto troppo, non sapevo cosa fare così ti ho portato a casa mia» spiegò Ryan, sospirando.

«Sei stato tu a spogliarmi?» biascicò, ancora in preda alle emozioni.

«Hai fatto tutto da sola» precisò, soffocando una risata. «All'improvviso ti sei alzata dicendo che avevi caldo. Ti ho fatto indossare la mia maglietta; sapevo che al mattino ritrovandoti mezza nuda saresti andata nel panico» aggiunse accennando un sorriso malizioso che fece ben intendere quanto l'avesse scrutata in quella circostanza.

«Grazie...» disse con un filo di voce, abbassando lo sguardo per l'imbarazzo.

Il ragazzo le alzò il viso con la mano per permetterle di cogliere la sua espressione.
«Se fossi in te non lo rifarei, potrebbe non andarti così bene la prossima volta.»

Rose si perse nel suo sguardo severo e turbato, e solo allora comprese la sua preoccupazione e la sua rabbia del giorno prima.
Ancora non riusciva a capire da cosa derivasse, se per lui avesse qualche significato particolare o facesse solo parte del suo modo di proteggere le persone.

«So badare a me stessa» gli disse orgogliosamente, allontanando il viso.

«Oh, davvero? È per questo che ieri ti sei ubriacata e ti sei avvinghiata a quel bastardo?»

«Non è andata in questo modo. Ho perso l'equilibrio e—»

«Sì, sì, questo lo hai già detto. Ma cosa sarebbe successo se si fosse approfittato di te? Se vuoi saperlo ieri notte avrei potuto farti qualsiasi cosa. Eri inerme e mezza nuda sul mio letto... assolutamente incapace di badare a te stessa.»

Rose rimase in silenzio, cercando di raccogliere la lucidità per ricordare qualche momento della notte prima.
Era davvero come sosteneva, si era abbandonata nel suo letto, incurante di ciò che le sarebbe potuta accadere?
Se quella era la verità, non avrebbe mai più bevuto in vita sua.

«Ma non lo hai fatto» constatò, rivolgendosi più a se stessa.

«Certo che no, per chi mi hai preso. Non mi approfitto delle ragazze» sibilò, dandole le spalle.

«Allora dimmi perché mi hai ignorato in queste settimane.»

«Questo non c'entra nulla. Stai solo cambiando le carte in tavola, stavamo parlando del tuo pessimo e sconsiderato comportamento» ribatté, sconcertato.

«E ora stiamo parlando del tuo» brontolò.

Il ragazzo si volse a guardarla.
«Abbiamo già parlato di questo, non ti ricordi?»

Lei fece un semplice no con la testa.

«Questo argomento è chiuso» dichiarò Ryan passandosi nervosamente una mano tra i capelli.
Non aveva intenzione di ammetterlo una seconda volta; per quanto gli riguardava si era già espresso e se lei non se lo ricordava non era un suo problema.
Ribadire ancora una volta quella gelosia nei suoi confronti sarebbe stato come ammettere che provava qualcosa per lei, che avrebbe voluto l'esclusiva.

E non era ancora del tutto sicuro di quello che provava.

«Ora cambiati, ti accompagno a casa. Se hai bisogno del bagno, è la prima porta a sinistra» concluse, prima di uscire dalla stanza.

Rose riprese a respirare normalmente solo quando Ryan sparì al di là della porta.
Il suo cuore stentava ancora a riprendere il normale ritmo e le farfalle continuavano a gironzolare indisturbate nel suo stomaco.
Tuttavia, per quanto la verità la scombussolasse, il suo corpo sembrava essere restio ad andarsene e lasciare quelle sensazioni.
Era stata fuori tutta la notte, aveva preso la prima sbornia della sua vita e aveva condiviso il letto con un ragazzo, tutto per la prima volta.
Non erano andati oltre e la cosa non l'aveva sorpresa più del dovuto, si fidava di Ryan.
Non le avrebbe mai fatto del male, e in ogni caso era certa che non fosse mai stato attratto da lei in quel modo.
Senza volerlo ne aveva dato prova quella notte, riuscendo a dormire di fianco a lei senza alcun problema.

Solo quando il sole iniziò a farsi sempre più pressante nella stanza, con orrore si scoprì a pensare all'orario e all'inizio di quella nuova giornata.
Sperò che a casa non fosse in atto una rimpatriata familiare che avrebbe reso fin troppo evidente la sua assenza.

Debilitata dalle fitte alla testa che le rallentavano i movimenti si affrettò a indossare i jeans e uscire in gran fretta dalla stanza.
Mentre cercava Ryan ebbe modo di scrutare ogni angolo della casa; non era una reggia, ma l'ordine e la luminosità di ogni ambiente rendevano gli spazi decisamente più grandi.
Era comunque un'abitazione di tutto rispetto, di certo non economicamente accessibile a tutti.

«Non è necessario che cammini sulle uova, non c'è nessuno. I miei genitori vivono nell'appartamento accanto e comunque non sono in casa» le spiegò.

«Quindi vivi praticamente da solo» constatò, sorpresa. «Devo tornare subito a casa!» esclamò subito dopo nel panico, ricordando la diversità della loro situazione.

«Ti accompagno.»

«No, davvero, non ce n'è bisogno. Credo che correrò.»

«Quindi sei nei guai» puntualizzò Ryan con un risolino.

«Non è per niente divertente» lo ammonì, contrariata.

Sulla soglia di casa, nell'attimo in cui si volse per salutarlo, sentì inaspettatamente le sue labbra sulla fronte.

«Quella maglietta ti dona» le sussurrò subito dopo.

Mentre sentiva le farfalle ricominciare a vorticare nel suo stomaco, Rose abbassò gli occhi sul tessuto nero della sua maglietta che ancora indossava.

«Non importa, puoi tenerla.»

Rose gli lasciò un ultimo timido sorriso, per poi scappare via di corsa non appena oltrepassato il cancello che delimitava il cortile.

«Puoi spiegarmi?» disse una voce alle sue spalle.

Il ragazzo si volse sospirando verso quella voce che aveva riconosciuto fin da subito.

«Sai, Bryan, chissà perché non sono per niente sorpreso di vederti.»

Change of PLANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora