Like a little girl

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Quando i ragazzi rientrarono la classe si era ormai ripopolata, fu quindi piuttosto facile notare il banco vuoto di Rose.
Pensando alle innumerevoli volte in cui aveva fatto tardi si convinsero subito che da lì a poco li avrebbe raggiunti.
Il suo zaino era ancora appoggiato a terra e questo lasciava supporre che non se ne fosse andata da scuola.

Il passare inesorabile dei minuti iniziò però ben presto a mettere in allarme Ryan; era ormai passata un'ora e non vi era stata ancora alcuna traccia della ragazza.
Spostò lo sguardo verso la finestra alla sua sinistra e osservò la pioggia incessante e il vento farsi sempre più prepotente.
Quando il cielo iniziò a rumoreggiare con tuoni e lampi, il ragazzo chiese il permesso di uscire, ma il professore fece cenno con la mano di aspettare la fine della lezione.
Protestò più volte senza risultati, mentre quella sua preoccupazione aumentava a ogni rumore del cielo.
Lo scorrere del tempo lo convinse che fosse successo qualcosa: le aveva promesso che l'avrebbe aiutata, tuttavia, ancora una volta, era sparita e non sapeva se si trovasse di nuovo nei guai.

Le urla spaventate delle ragazze risuonarono all'improvviso e per un istante un rumore assordante e un flash di luce invasero la classe.
Quel fulmine e il blackout che ne seguì fu una grande fortuna; Ryan raggiunse subito la porta poco distante con il proposito di uscire a cercare Rose.
Escludendo l'esterno e i bagni ai due piani, si diresse con sicurezza nell'unico luogo in cui avrebbe potuto trovarsi.
Percorse di corsa tutte le rampe di scale per raggiungere il terrazzo e quando fece l'ultimo gradino, mentre recuperava fiato, si sorprese di quell'agitazione che non provava da tanto tempo e che si era ripromesso di non provare per nessun'altra.

Si lanciò sulla porta e resosi conto che era chiusa a chiave, cominciò a battere violentemente su di essa gridando il suo nome.
Avvicinò l'orecchio alla ricerca di qualche rumore e rimase deluso di sentire solo lo scroscio violento della pioggia.
Si persuase di essere solo paranoico; con ogni probabilità Rose aveva semplicemente saltato la lezione. Tuttavia, quando oramai si era deciso ad abbandonare la ricerca, una voce familiare lo raggiunse.

«Rose!» la chiamò, in apprensione.

«Ryan, sei tu?»

«Sì. Non preoccuparti, ti tiro subito fuori da lì» le disse. «Allontanati.»

Dopo due-tre colpi, complice la serratura vecchia e arrugginita, la porta si aprì.
La trovò rannicchiata in un angolo, sconvolta dalla pioggia e dal vento; le gocce d'acqua che si confondevano con le lacrime sul suo viso.
Qualcosa in quella scena lo sconvolse così tanto che gli risultò difficile perfino guardarla: era così arrabbiato, arrabbiato con se stesso perché ancora una volta aveva aspettato troppo.

La prese tra le braccia per portarla all'interno, sorprendendosi della sua mancata resistenza.
Rose appoggiò la testa sul suo petto mentre stringeva la sua camicia tra le mani.
Era infreddolita e spaventata e gocce d'acqua continuavano a ricadere dai suoi vestiti fradici; vide delle lacrime silenziose attraversarle le guance, la strinse ancora più a sé e appoggiò le labbra sui suoi capelli bagnati.

«Mi dispiace di non essere venuto prima» le sussurrò.

Nei corridoi non c'era ancora nessuno, le luci erano accese e tutto sembrava essere tornato alla normalità.
Il ragazzo sospirò pensando che perlomeno Rose non sarebbe stata ulteriormente disturbata. Abbassò lo sguardo verso di lei e cercò di immaginare quanto fosse rimasta sotto quella bufera, maledicendosi ancora per non aver agito prima.

La lasciò in bagno ritornando poco tempo dopo con la sua tuta da ginnastica tra le mani: tremava come una foglia e in quel momento sbarazzarsi di quei vestiti bagnati gli era sembrata la prima cosa razionale da fare.

«Mi spiace, non ho avuto modo di lavarli dall'ultima lezione» disse abbassando la testa, quasi imbarazzato.

Rose, pur mantenendo gli occhi bassi, accennò un sorriso.

«Aspetto fuori» chiarì, dirigendosi alla porta.

Si volse indietro e il suo sguardo indugiò sulla mano della ragazza stretta al bordo della sua maglietta.

«Non lasciarmi da sola» bisbigliò quasi senza voce.

Le labbra di Ryan si socchiusero per la sorpresa, mentre il suo sguardo si perse a scrutare quella sua figura che sembrava farsi sempre più piccola: gli occhi lucidi impegnati a trattenere le lacrime, le spalle rialzate in allerta e quella mano che lo tratteneva così saldamente.

Fragile e indifesa, come una bambina.

Le fece un cenno con la testa e si volse nuovamente per lasciarle un po' di privacy, ma non riuscì a non pensare a quanto fosse atipica per lui quella situazione.
Era abituato a godersi la scena in prima fila e non a rimanere lì immobile mentre una ragazza si spogliava alle sue spalle.
Dovette più di una volta impegnare la sua mente in altro per evitare di darla vinta alla sua curiosità e sbirciare senza ritegno.

«Non voglio che mi vedano così» mormorò.

Ryan si sciolse in un sorriso di fronte alla sua figura così minuta e fragile in contrasto con quei larghi vestiti nei quali sembrava pronta a nascondersi.
La prese per mano e la trascinò alla ricerca di una stanza dove tenerla al sicuro da sguardi indiscreti.

Mezz'ora dopo gli studenti lasciarono l'istituto, il maltempo cessò e il silenzio s'impadronì dei corridoi.

La vibrazione del telefono di Ryan risuonò nelle mura come se possedesse un amplificatore, si affrettò dunque a rispondere.

«Sì, ho avuto un'imprevisto...» rispose, interrompendosi l'istante in cui Rose afferrò l'estremità della sua manica.

«Per favore, non dire nulla» disse silenziosamente.

Si sentì così impotente di fronte ai suoi occhi così spaventati, e così dannatamente in colpa di non essere intervenuto prima.

«Siamo già verso casa. Poi vi spiego» concluse.

Era la prima volta che mentiva a un amico, ma non appena riaggancio il telefono e scorse la traccia di sollievo sul viso di Rose, si persuase che fosse la decisone più giusta.

Change of PLANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora