Rule number one: don't show tears

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Il mattino seguente Rose si alzò più tardi del solito, gli avvenimenti del giorno prima l'avevano stancata sia fisicamente che mentalmente.
Senza ombra di dubbio era stato il più bel compleanno della sua vita, ma stentava ancora a lasciarsi andare a quella spensieratezza.
Continuava ad avere paura dei cambiamenti, paura che per l'ennesima volta le cose sarebbero andate storte, paura che sarebbe tornato tutto come prima in un battito di ciglia.
Ancora intrappolata nelle lenzuola guardò la sveglia sul comodino e si rese conto di essere irrimediabilmente in ritardo.
Nel panico più totale si alzò di scatto e in una quindicina di minuti, senza nemmeno far colazione, varcò la porta di casa.

Da quando aveva posato gli occhi sulle lancette dell'orologio non si era fermata un secondo, tuttavia si ritrovò completamente immobile appena superato il cancello.
Richiuse e riaprì gli occhi velocemente per confermare che non fosse in realtà ancora tutto parte di un sogno, che quei ragazzi fossero davvero di fronte a lei.

Ryan si spostò dal muretto al quale era appoggiato e le si avvicinò.

«Siamo in ritardo» precisò.

La ragazza lo seguì con lo sguardo e quando se lo ritrovò davanti, deglutì a fatica.

«Cosa ci fate qui?» domandò, presa alla sprovvista.

Ryan pose le mani sulla montatura dei suoi occhiali per sistemarli. «Siamo passati a prenderti.»

«Perché?» biascicò, incredula e scossa dalla sua vicinanza.

«Se ti disturba possiamo sempre andarcene...» brontolò.

«No, non volevo dire questo!»

Rose alzò lo sguardo per un istante e quando si scontrò con i suoi occhi così diversi, abbassò subito il viso per paura che notasse il colore accesso delle sue guance.
Non riusciva proprio ad abituarsi ad averlo intorno e per giunta a una tale distanza.

«Non ti preoccupare, Rose. Ryan è solo troppo permaloso» s'intromise Erik.

Il ragazzo si volse verso l'amico lanciandogli un'occhiataccia.

«Sì... cioè no! Non intendevo dire che sei troppo permaloso!» si giustificò lei sempre più impacciatamente.

Sentì delle risate alle sue spalle e la sua agitazione sembrò attenuarsi; almeno loro sembravano aver capito cosa stesse dicendo.

«Mentre voi vi fate quattro risate io vado avanti. Siamo già in ritardo» continuò Ryan incamminandosi nella direzione opposta.

Brontolando dei suoi modi, gli amici e Rose lo seguirono poco tempo dopo.

Quando raggiunsero l'istituto la ragazza rimase compiaciuta che l'esterno fosse deserto: perlomeno quel loro ritardo le avrebbe permesso di non essere vista in compagnia dei ragazzi.

Era stata di certo molto felice di trovarli davanti a casa, non aveva mai fatto esperienza di quelle piccole cose come condividere il percorso casa-scuola con gli amici.
Quel sentirsi parte di qualcosa era una novità fin troppo piacevole, una sensazione che inconsapevolmente le dava una nuova carica.
Tuttavia, nonostante ci provasse con tutte le sue forze, non sembrava riuscire a viversi quei momenti fino in fondo.
Si ritrovava sempre sull'attenti in attesa che qualcosa accadesse, in attesa delle conseguenze di quella loro vicinanza.
Quel biglietto era stato un chiaro avvertimento e i suoi compagni, presto o tardi, sarebbero passati all'azione.

Quel presentimento che non aveva smesso un secondo di gironzolarle nella testa si rivelò fondato nel momento in cui entrò in classe.
Non era la prima volta che il suo banco spariva magicamente, ma l'ultima volta risaliva a parecchio tempo fa.
I brividi che le percorsero il corpo ben confermarono come non fosse più immune e abituata a quel genere di trattamento.
In quel momento di blackout completo riuscì solo a pensare al tempo e alle fatiche trascorse per diventare invisibile: quella sua parvenza di tranquillità era stata distrutta e tutto sembrava pronto a ripetersi.
Chiuse gli occhi e si chiese tra sé se fosse rimasto un briciolo di quel coraggio che aveva usato per sopportare tutto fino a quel momento.

Change of PLANDove le storie prendono vita. Scoprilo ora