Eccomi qui, solo con Victoria De Angelis, in una situazione che sogno da più di tre anni. E mi dico: "E adesso?"
Alla fine mi ha portato in un piccolo chiosco, per non rischiare di essere riconosciuti anche dentro ad un McDonald's.
«Quando voglio staccare dalla Milano troppo affollata e caotica vengo qui», dice indicandomi il parco oltre la vetrata.
Quando invece voleva scappare da Roma cercava sempre un passaggio per il mare.
Mi chiedo se lei sia cambiata. Magari ama ancora hamburger e patatine fritte come una volta, ma chissà quante cose di lei non conosco più.
Victoria non ha mai amato quei ristoranti poco illuminati, costosi e lussuosi a cui io mi sono ultimamente abituato. Capisco perfettamente perché le piaccia questo posto.
«È perfetto», mi sfugge di bocca.
Per fortuna, un uomo sulla sessantina arriva con i menù e mi salva il culo.
«Piccolo diavoletto», dice a Victoria. «Da quanto tempo! Finalmente ti sei decisa a venirci a trovare.»
«Salve, Sandro.»
«Era ora che ci portavi a conoscere il tuo ragazzo!»
Victoria arrossisce e qualcosa dentro di me si smuove.
«È un mio vecchio amico», spiega Victoria.
Vecchio amico, eh?
Non so se sia una classificazione positiva o negativa.
«È la prima volta che vieni qui con qualcuno. Una ragazza bella come te dovrebbe essere piena di ragazzi.»
Victoria arrossisce ancora di più, mentre dalla cucina ci raggiunge una signora che presumo essere la moglie.
«Lo sapevo!», esclama questa. «Lo sapevo che avevi un ragazzo e ce lo tenevi nascosto!»
Victoria si prende la testa tra le mani più imbarazzata che mai.
«Allora, cosa prendete?», ci chiede Sandro. «Diavoletto, il solito?»
Victoria fa sì con la testa.
«E il tuo ragazzo?»
Mi guarda perplessa per un secondo, ma poi sorride per la battuta.
«Prendo un cheeseburger, patatine fritte e una birra media.»
«Fantastico.»
Quando marito e moglie se ne vanno, Victoria mi guarda mortificata.
«Mi dispiace, è ovvio che non ti hanno riconosciuto.»
«Ma sanno chi sei tu, no?»
Ed io so chi è questa ragazza dai profondi occhi azzurri?
Abbasso lo sguardo, pensando che in fondo è normale che dopo tanti anni siano cambiate tante cose.
«Sai che Rosa, la moglie di Sandro, mi ha conosciuta mentre suonavo in metropolitana?»
«Tu suonavi nella metropolitana?»
«Sì», ride. «Ed è stato un vero successo, si guadagna molto di più che in centro a Roma. Ed è così che ho conosciuto i ragazzi con cui ho suonato stasera.»
Le squilla il telefono, di nuovo, ed entrambi restiamo lì a guardarlo.
«Non rispondi?», le chiedo.
Fa segno di no con la testa.
«Credo di essere nei guai. Sarei dovuta andare ad una specie di cena di lavoro, con dei pezzi grossi, agenti... Ma i ragazzi se la caveranno anche senza di me.»
«Non lo fare per me, non voglio esserti d'intralcio. Puoi andare, se devi.»
«No», mi sorride.
Spegne il telefono e lo infila nella borsa.
Sandro arriva con le ordinazioni e se ne va lasciandoci in silenzio.
«Quindi, sei una cliente abituale qui? Ci vieni spesso?»
«Prima sì, ora un po' meno.»
«Ma ce la fai a finire tutto?», le chiedo scherzando, indicando il suo "solito" che ha ordinato.
«Te l'ho detto, sto morendo di fame. E tu sai quanto mi piace ingozzarmi. Cioè, lo sapevi...»
Cala di nuovo il silenzio, mentre la osservo con la coda dell'occhio intenta a succhiare il ketchup da una patatina fritta.
«Gli altri come stanno?»
«Bene», rispondo d'istinto, senza neanche sapere a chi si riferisca esattamente.
«È una fortuna che ci siamo incontrati.»
«Cosa?»
«Cioè, che sei passato proprio nel locale dove suonavo. Senno non ci saremmo incontrati.»
La guardo. Dice sul serio?
«Leo come sta? Sta ancora con Sara?»
«Sì, e la cosa sembra essere seria. Vogliono andare a vivere insieme, ma al momento sono entrambi sommersi dal lavoro. Stanno aspettando il momento giusto per traslocare, dicono, ma secondo me la tirano per le lunghe perché nessuno dei due vorrebbe rinunciare a casa propria. Tuo padre e tua sorella, invece?»
«Nica è venuta a trovarmi, qualche volta. Da quando sono qui, io non sono più tornata a Roma.»
Stranamente, la cosa non mi sorprende.
«Dovresti andarli a trovare, qualche volta. Sarebbero felici di avere tue notizie, di sapere che stai bene.»
«Chi ti ha detto che io stia bene?», sbotto quasi con rabbia, e me ne pento subito dopo.
Lei si immobilizza.
«Scusami.»
E durante l'ennesima pausa di silenzio, un'altra sensazione sconosciuta mi si insinua dentro. Negli ultimi tre anni mi sono immaginato parecchie volte il momento il cui l'avrei rivista di nuovo. Ho immaginato il momento in cui mi scusavo per averla abbandonata, ho immaginato il momento in cui lei si scusava per non avermi cercato neanche una volta.
Alzo gli occhi su di lei e mi sembra essere diventata un po' nervosa. Forse perché ci siamo ritrovati, non proprio per puro caso, e abbiamo mangiato e parlato davvero come dei vecchi amici. Ora? Che cosa ci resta da fare, se non dirci addio?
Ed io non sono pronto. Non sono pronto a dirle di nuovo addio. Ripenserò a questa serata per tutta la vita.
«Ti posso portare nel posto che amo di più in questa città?»

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If You Stay
Fanfiction"In quegli occhi occhi blu io mi ci posso specchiare, e vedo me stesso, vedo me stesso felice."