Ventuno.

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Victoria è praticamente sdraiata sopra di me ed è caldissimo. Cerco di divincolarmi senza svegliarla. Prendo l'iPhone e rispondo a Leo, che mi ha mandato mille messaggi. "Tutto okay", scrivo semplicemente, poi vado in bagno. Mi butto un po' d'acqua fredda in faccia cercando di rinfrescarmi, ma non funziona.

«Damiano?»

È la voce di Victoria. La raggiungo in camera.

«Cosa fai sveglia? Ti sei addormentata due ore fa.»

«Mi fa male la testa.»

Ci credo.

«Cosa... cosa è successo stanotte?»

Le racconto di averla chiamata, di essermi precipitato qui perché lei era ubriaca per un motivo che non mi ha ancora svelato, e soprattutto perché io credevo che fosse a Londra, e invece era Roma, dove non tornava da anni. Non le racconto delle strane cose che farneticava mentre piangeva, accasciata a terra nel balcone. Poi le dico che ha passato tutta la notte a vomitare.

«Sì, questo me lo ricordo.»

«Ad un certo punto, ti sei anche messa a cantare.»

Si prende il viso tra le mani per l'imbarazzo e sorride, ed è bellissima. Eccoci di nuovo. Mi sdraio al suo fianco e lei, inaspettatamente, mi accarezza una guancia.

«Che fai?», le chiedo mentre lei si sporge sempre di più verso di me.

«Non so lo», ammette.

Neanch'io ho idea di che cosa stia facendo, e non so se sia il caso di fermarla, prima che anch'io perda il controllo. Però lo voglio, e non m'importa di illudermi, non m'importa di niente se non di lei. Le nostre labbra si sfiorano per qualche secondo.

«Mi dispiace.»

Gira la testa e mette una certa distanza tra di noi.

«Ieri sono scappata perché... Riccardo e Christian hanno litigato. Christian è uscito di casa con la valigia, dicendo che non sarebbe più tornato. Non ho il coraggio di chiedere se sia tornato. Mi sembra di essere tornata a tre anni fa.»

«Vedrai che si risolverà tutto. Ora torniamo a dormire.»

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