Venticinque.

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Riccardo mi offre una birra, mentre Victoria si sta facendo una doccia. Lui mi parla di non so cosa e io non lo sto a sentire, perso nei miei pensieri.

«Non ho mai visto una coppia come voi due.»

Il mio cervello si riconnette da solo alla realtà dopo aver sentito quella frase.

«Non siamo una coppia.»

«Non si direbbe da come si è buttata tra le tue braccia. Si vede che non riuscite a stare lontani, e lei ha sempre quel buffo sorriso quando ci sei tu nei paraggi. E poi insieme siete una bella squadra.»

Ha ragione, io e Victoria non riusciamo a stare lontani. Anche se a volte penso di essere io quello che non è capace a stare lontano da lei.

«Comunque, complimenti per il disco, è scritto davvero bene.»

«Grazie.»

«Parli di lei, vero?»

Bevo un lungo sorso di birra. All'improvviso, è come se sentissi la gola stringersi, fatico a respirare come se stessi per soffocare.

«Non stavo passando un bel periodo.»

«Alcuni brani sembrano essere pagine strappate da un diario personale. Sono forti, ti prendono e ti spezzano in due, lasciano uno strano senso di sofferenza addosso. Ma sono assolutamente perfetti.»

Mi riempie di complimenti che mi fanno molto piacere, eppure io mi sento lo stesso morire dall'ansia che m'invade ogni volta che parlo di quel periodo della mia vita.

«Ero molto confuso quando ho scritto quelle cose. Non ero sicuro di renderle pubbliche. Erano davvero molto personali, come dici te, e ad essere sincero, avevo un po' paura di sembrare patetico.»

«Sono scritte benissimo.»

Non so più cosa dire.

«Victoria ascolta quell'album tipo dieci volte al giorno.»

Cosa?

«Davvero?»

«Avete finito di parlare di me?»

Resto a fissarla a bocca aperta per non so quanto tempo. Le gocce d'acqua scivolano sulla sua pelle che dopo la doccia dovrebbe essere ancora più morbida di quanto lo sia già. E sono un po' geloso che giri per casa in presenza di altri ragazzi con solo un asciugamano bianco legato in mezzo ai seni.

Sorride e sparisce nella sua camera. E io le corro dietro senza ricordarmi più di Riccardo, chiudo la porta alle mie spalle e avanzo a passi lenti, ma decisi, verso di lei.

«Ho bisogno di baciarti», sussurro a un millimetro dalla sua bocca.

Mi guarda negli occhi trattenendo il fiato, poi si lecca le labbra. Mi vuole morto.

«Okay.»

Mi afferra per il colletto della camicia e mi tira a sé. E, ovviamente, un secondo dopo bussano alla porta.

«Vic?», chiama una voce maschile, forse quella di Christian.

«No, ti prego», sussurro. «Mandalo via.»

Ma lei si stacca da me e fa un passo indietro.

«Tra pochi minuti arriva il taxi.»

«Okay. Grazie.»

Comincia a vestirsi senza fare a caso a me, come se fossi sparito, come se non fossi mai stato lì.

«Suoniamo stasera. Vieni con noi?»

«Certo che vengo con voi.»

***

Quando rientriamo a casa, Victoria saluta tutti dicendo che ha mal di testa. Aspetto che mi chieda se voglio dormire con lei, nella sua stanza, ma non lo fa.

«Domani mattina ti accompagno in aeroporto, okay?»

«Okay.»

E adesso? Che cos'è successo? Che cosa ho fatto? Cosa mi sono perso?

Mi sento un po' umiliato per essere stato liquidato così, dopo aver preso un aereo e aver attraversato mezza Europa solo per vederla.

Riccardo mi passa una birra e mi invita a unirmi a loro.

«Abbiamo anche del rum.»

Accetto l'invito senza pensarci due volte.

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