Quindici.

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Ci addormentiamo e ci risvegliamo che già il sole è tramontato, affamati. Ordiniamo qualcosa e mangiamo di sopra, nel suo letto. Sembra tutto un sogno. La guardo sdraiata accanto a me e mi sento felice come non mai.

Mi guarda anche lei, ma il suo sorriso è triste.

«Che c'è?», le chiedo.

«Pensavo al fatto che siamo di nuovo nella stessa situazione di allora, quando stavamo a mangiare sul letto, nel bel mezzo della notte, dopo aver suonato, ma con la differenza che domani non saremo più insieme, non partiremo sullo stesso van diretti alla prossima tappa del tour. Vorrei che durasse di più, è passato tutto troppo in fretta, o è durato tutto troppo poco. Io dovevo partire per Londra e ho ancora intenzione di andare, devo farlo. E tu dovevi tornare a Roma. Tu hai il tuo tour e io ho la mia band.»

«Vic, basta!»

La mia voce rimbomba nella stanza.

«Non siamo più quelli di una volta.»

Lei resta immobile e mi fissa. È triste. E io vorrei far qualcosa per lei.

Non vorrei anch'io che tornasse tutto come prima?

«Sai, ci ho pensato molto in questi anni, a chi c'era lì per te, a chi ti teneva per mano mentre soffrivi, e mentre mi odiavi», sorrido. «Adesso, però, tocca a me.»

Mi alzo dal letto, strascinandola per un braccio. Scendo di sotto tenendola ancora per mano, mi vesto e infilo le scarpe e lei fa lo stesso.

«Thomas è qui a Milano.»

«Lo so.»

«Sai in che albergo sta, per caso?»

Victoria scuote la testa così forte che le si arruffano tutti i capelli in testa.

«No, Damiano, no. Assolutamente no.»

«Fidati di me, per favore.»

Raggiungiamo l'hotel dove alloggia Thomas e saliamo nella sua stanza.

«Damiano, ciao.»

«Ciao, Thom.»

Ma poi la vede.

«Vic?»

La sua faccia appena la nota spuntare da dietro le mie spalle è indescrivibile. Scoppio a ridere, ma sembra che io sia l'unico a divertirsi. Gli spiego della mia folle idea e lui rimane scettico come Victoria. Eppure, più lo ripeto a voce alta e più mi sembra finalmente vero e realizzabile.

Thomas prende il suo telefono e avvia una videochiamata con Ethan.

«Ehi, Thom», risponde lui aspettandosi di trovarsi solo Thomas davanti.

«Ma che...?»

Ma io sento già il ritornello della nuova canzone che ho in testa, mi vedo già mentre punto il microfono verso il pubblico, lasciando che cantino loro al posto mio. I fan che impazziscono, che cominciano a cantare la mia canzone, la nostra canzone.

«Quanti giorni di ferie hai accumulato? Pensi che te li diano un paio di mesi? Giusto il tempo di scrivere un disco, poi se spacca e andiamo in tour ti puoi anche licenziare.»

E mentre il pubblico canta, io faccio un giro per il palco. Sorrido a Ethan, poso una mano sulla spalla di Thomas. E la trovo lì, con il corpo alla mia destra e la testa tra le favole che raccontano di una principessa che suona un basso viola e leopardato.

«Ma tu e Thom non siete in tour da sabato?»

«Sette date, che vuoi che sia. Gli facciamo il culo e ci chiudiamo un una bella villetta a scrivere», risponde Thomas.

«O torniamo a Londra. Oppure a Parigi», suggerisce Vic, che sembra già essere con la mente in uno di quei negozi londinesi di vestiti che adora.

Il pubblico continua a cantare, mentre io la raggiungo e mi posiziono davanti a lei, così da poterla guardare negli occhi. E a quel punto comincio anch'io a cantare. Lei mi sorride, ed io non posso non baciarle quel sorriso. Come se ci fossimo solo noi due. Come se solo noi sapessimo cosa sta succedendo.

«Voi siete pazzi.»

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