Tutta l'euforia sembra già essere andata. Sparita. Puf!
Ho paura che mi stia evitando, dopo solo un giorno. Mi faccio coraggio e decido di andare a parlarle, e mentre sto per bussare, la porta della sua camera da letto si apre. Eccola. Ha indosso solo una maglietta e le cosce nude mi fanno venire voglia di accarezzarle, baciarle e morderle.
«Che c'è?», mi chiede.
«Niente, io...»
«Devo parlarti», mi anticipa lei.
Ci sediamo sul letto.
«Io devo andare a Londra. Dobbiamo suonare qualche sera e... tu hai il tour, ora.»
«Vengo con te», dico senza pensarci su.
«Dam...»
«Non ho più il mio appartamento e Bea mi ha praticamente sbattuto fuori. Non ho un posto dove andare.»
«Tu non capisci.»
«Cosa vuoi dire?»
«Io non dovevo andare a Londra solo per lavoro, ma per restarci. Ho preso una casa con la band. E finché tu hai il tuo tour penso che starò lì, con loro, almeno fino a quando non torneremo ufficialmente ad essere i Maneskin.»
Scorro sul letto per avvicinarmi a lei e le poso la mano sulla sua, ma lei la ritrae.
«Non possiamo cascarci di nuovo.»
«Cosa stai dicendo?»
«Io ci sarò sempre per te, Damiano, sei il mio migliore amico. Voglio stare al tuo fianco, esserci quando hai bisogno di parlare o di sfogarti. Ma io e te non funzioneremo mai come coppia. Ci abbiamo provato e non è finita bene. E io non posso rischiare di mandare tutto a puttane di nuovo.»
Resto altri dieci minuti lì seduto sul suo letto, mentre lei comincia a fare le valigie per Londra. Non ho più una casa, non ho più il mio appartamento, è escluso che Bea mi faccia stare da lei anche solo per un paio di notti. Dovrò tornare in quella vuota e insignificante camera d'albergo.
«A che ora hai il volo?»
«Sedici e trenta», risponde senza voltarsi.
«Chiamami quando arrivi.»
Esco da casa sua senza neanche salutarla. Sto di nuovo impazzendo, anche se non voglio. "Lei non è mia", mi ripeto. Non è più mia da quando mi ha lasciato, anzi, da quando io l'ho abbandonata quando aveva più bisogno di me.
Non so dove sto andando, cammino non curante delle persone che mi riconoscono e si fermano a fissarmi. Devo distrarmi, respirare, non posso scoppiare di nuovo, dopo che finalmente ho trovato un equilibrio.
E in un attimo sono all'aeroporto, a Roma. Guardo Victoria da lontano, mentre saluta la sua famiglia e gli amici, prima di partire verso la sua nuova vita.
Non può accadere di nuovo, non posso lasciarla andare via senza salutarla, di nuovo. Non posso e non voglio.
Torno indietro e ripercorro la stessa identica strada e arrivo a casa sua quando il taxi è già lì davanti. Qualche secondo dopo sbuca dal portone d'ingresso del suo palazzo. Sussulta quando mi vede e io faccio finta di niente. Le prendo le valigie e la custodia con il basso, e quando richiudo il baule della macchina, mi bacia.
«Ti voglio bene. Per favore, ricordatelo sempre.»
«Tu ricordati di chiamarmi, appena arrivi», le ripeto.
Non sono contento, non so se stiamo facendo la cosa giusta, ma lo saprò col tempo.
Mi abbraccia abbandonandosi contro il mio petto e chiude gli occhi. Le bacio la fronte e lei mi stringe ancora di più.
«Okay, adesso sali in macchina. Mi sta venendo voglia di prenderti e riportarti a casa con me.»
«Ti voglio bene, Damiano. Non lo scordare, va bene?»
Pare a me, o stiamo ripetendo sempre le stesse cose, pur di ritardare i saluti?
Si alza sulle punte e le nostre bocche si sfiorano ancora.
È vero, siamo cambiati, siamo diversi, non siamo più quelli di una volta. Forse Victoria ha ragione, abbiamo già fallito come coppia. Eppure, spero con tutto me stesso che questa non sia l'ultima volta che sento le sue labbra sulle mie, e quasi desidero rischiare, farmi male, farle del male. Sono confuso.
«Ti chiamo appena arrivo.»
«Ciao, Vic.»
«Ciao, Dam.»
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If You Stay
Fanfiction"In quegli occhi occhi blu io mi ci posso specchiare, e vedo me stesso, vedo me stesso felice."