Ventiquattro.

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Agosto.


«Voglio vederla.»

«Chi? Vic?»

«E chi senno?»

Leo giocherella con l'accendino tra le mani, mentre pensa sul da farsi.

«Domani mattina prendi il primo volo e torni qui, senza scuse!»

Mi volto per nascondere il sorriso soddisfatto che mi spunta sulle labbra. Leo è troppo buono con me, gliel'ho già detto tante volte. Dovrebbe prendermi a pugni ogni tanto, me lo meriterei per tutti i guai che gli faccio passare e da cui lui cerca sempre di tirarmi fuori.

«Lei lo sa?»

«Lo scoprirà quando arrivo.»

Non so come potrebbe reagire quando apparirò di nuovo a Londra senza nessun preavviso. Ma ho bisogno di vederla, dopo tutte queste telefonate e tutti i messaggi che non servono a niente.

«Posso farti una domanda?», fa Leo.

«Dimmi.»

«Ti sembra che lei sia felice?»

«Perché me lo chiedi?»

«Sono un po' preoccupato, a dire la verità.»

«Non lo so», ammetto. «Quando ci parlo al telefono, a meno che non si sia fatta qualche birra prima, non la sento troppo felice. A volte mi chiedo se sia ancora la Victoria che conoscevamo, a cui eravamo abituati. Altre volte penso soltanto che sia semplicemente perché non ha voglia di parlare con me.»

«Qualche giorno fa mi ha chiamato nel bel mezzo della notte.»

Cosa?

«Ha detto che non riusciva a dormire.»

Esattamente com'è successo a me una settimana fa.

«Se posso dire la mia, credo che questa esperienza di Londra non sia come se l'aspettava.»

Resto in silenzio, perché non so davvero che cosa dire.

«Ti lascio andare. Ma domani mattina ti voglio qui.»

Leo si alza dal mio letto e si avvia verso la porta.

«Buon viaggio, Dam.»

***

Suono il campanello e dopo qualche secondo mi ritrovo di fronte l'espressione sorpresa di Riccardo.

«Ehi, ciao», lo saluto.

«Guarda un po' chi si vede! Victoria non ci ha avvisati del tuo arrivo.»

Perché non lo sapeva nemmeno lei.

Mi fa cenno di entrare ed io lo seguo in salotto.

«Vic!», urla per chiamarla.

Quando esce dalla sua camera e mi vede, rimane per un attimo scioccata.

«Damiano!»

Ma poi il mio nome esce dalle sue labbra come la musica più dolce che esista e attraversa la stanza correndo, rischiando anche di inciampare e cadere per terra. Mi si butta letteralmente addosso e mi abbraccia come non mi ha mai abbracciato prima.

Di sicuro non è la reazione che mi aspettavo. Pensavo che mi avrebbe salutato e sorriso come al solito, giusto per non sembrare scortese davanti agli altri suoi compagni. Invece mi ritrovo le sue braccia attorno al collo, il viso affondato tra i suoi capelli, il suo profumo mi travolge, il suo sorriso e i suoi occhi luminosi fanno risplendere il sole anche nella più grigia giornata londinese.

«Anche per me è bello vederti», le dico ridendo.

«Cosa ci fai qui?»

Anche gli altri non riescono a nascondere il sorriso e continuano a guardarci come a dire "Non riuscite proprio a stare lontani voi due, eh?"

«Rimani a dormire qui?», mi chiede tutta eccitata.

«Sì, ma domani mattina devo assolutamente tornare in Italia, o Leo mi uccide.»

Tutte quelle ore passate ad immaginare la sua reazione al mio arrivo non sono servite a niente. Tutto mi aspettavo, ma non questo. Non riesco a non guardarle quegli occhi che brillano come due stelle celesti. Ha i capelli sciolti e più mossi del solito, e mi ricorda un po' la Victoria di tanti anni fa. E poi è completamente struccata, ed è perfetta. L'unica ragazza al mondo che riesce ad essere sexy anche indossando un enorme pigiama.

«Quindi resti solo per stanotte?»

Ed ecco tutta la felicità che scompare in meno di un secondo.

«Sì.»

«Mi sei mancato, lo sai?»

Ci guardiamo come se entrambi pensassimo esattamente la stessa cosa nello stesso momento, e cioè: eccoci qui, di nuovo, in questa strana storia che nessuno di noi due sa gestire. E mi sembra che si sia già alzato un muro a dividerci.

«Perché sei venuto?», mi chiede.

«Volevo vederti», rispondo. «Già non mi vuoi più? Sono appena arrivato.»

«Certo che ti voglio.»

«Bene, perché tanto non me ne sarei andato.»

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