Prologo

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Avete mai avuto paura del futuro? Sì insomma, paura di andare avanti, di vivere ogni giorno con la consapevolezza di andare incontro al nulla cosmico, al buio più totale.
Beh, io ce l'ho.
Ho paura dell'ignoto, dell'oscura nuvola nera che si chiama futuro, un dubbio esistenziale,
una metafora del vuoto che mi porto dentro da sempre.
Ho il terrore di quello che potrà essere la mia vita andando avanti, perchè non ho più sogni,
non ho obiettivi, vado avanti semplicemente per inerzia, perchè devo;
e questo è un pensiero che mi distrugge da dentro, lentamente, da sempre.

La scelta della casa, il viaggio e il trasloco, sono stati motivo di grande stress negli ultimi mesi per me. Ma finalmente sono a casa.

Stappo una bottiglia di spumante insieme alla mia bella bionda Giulia, migliore amica dalla prima liceo. Io e lei ne abbiamo passate davvero tante insieme, ma come direbbe il buon vecchio Vasco, 'siamo ancora qua, eh già'. Festeggiamo con la musica a palla urlando i testi delle nostre canzoni preferite, finché esauste e mezze sbronze, ci accasciamo sul divano, dando spazio a qualche frase di senso compiuto.

-"Allora Zuzu? Finalmente non sei più in quella gabbia di matti, contenta no?"
-"Non sono mai stata più soddisfatta, e guarda che gioiellino che me so comprata!" rispondo urlando a più non posso e imitando l'accento della mia nuova città.

Vi starete chiedendo ora da che gabbia io sia scappata...ve la farò breve.
Il mio nome è Azzurra, Zuzu per gli amici. Ho 22 anni, e mi sono appena laureata in design.
Sono una ragazza molto semplice, capelli castani lunghi e lisci, occhi chiari e con un fisico semplice, magra ma non palestrata. La mia città natale è Milano, sono nata e cresciuta in mezzo al caos e alla confusione, ma ora l'azienda in cui lavoro ha aperto un'altra sede, quindi ho colto la palla al balzo e mi sono trasferita a Roma, la città eterna, che mi ha sempre affascinato.
Il mio trascorso però non è dei migliori.

Avevo una famiglia numerosa, due fratelli, una sorella, e Kyla, un bulldog francese nano.
La cosa che ci ha sempre contraddistinti è l'unione. Non esisteva cosa o persona che potesse dividerci, ed eravamo sempre tutti pronti ad aiutarci l'un l'altro. Poi un giorno, si è spenta la magia.

Mia sorella Veronica ha sempre sofferto di leucemia, fin da piccola, però le cure sperimentali che faceva le hanno concesso una vita comune fino a quel maledetto giorno, il giorno dei suoi 19 anni, in cui si è sentita male e ci ha lasciati nel giro di pochi giorni in ospedale, dove io ho passato tutto il tempo con lei. Non mi sono allontanata un secondo, le sono stata vicina fino all'ultimo, più di mia madre, non volevo che si sentisse sola. In quel periodo mi è crollato il mondo addosso. Per quanto fossimo tutti legati, lei era l'unica a cui ho sempre detto veramente tutto. Capiva ogni mio stato d'animo, aveva la soluzione ad ogni mio problema, sapeva come strapparmi un sorriso, e perderla è stato l'inizio della fine.
A dare il colpo di grazia è stata mia madre, che a detta sua è "caduta in depressione", e ci ha abbandonati per seguire un uomo ricco che la mantenesse nel lusso.
La sua giustificazione fu quella di dimenticare, voleva lasciarsi tutto alle spalle perché stava male. E così se n'è andata, facendoci vivere quasi nella miseria.

Per aiutare mio padre a mantenerci, anche Matteo, il più grande dei figli, si è messo a lavorare in un ristorante, mentre io andavo a scuola e nel pomeriggio stavo dietro al più piccolo, Luchino, che ai tempi aveva solo 8 anni. Arrivato alla laurea, mio fratello è andato a convivere con la ragazza, essendo entrambi economicamente stabili, ed io sono riuscita ad iscrivermi alla mia amata facoltà. Ho dato il massimo ad ogni esame con l'obiettivo di lasciare Milano e casa, per non pesare più su mio padre, e questo mi ha dato la forza di fare tutto in tempo.
L'unica con cui mi sfogavo liberamente, era Giulia, che mi ha sempre appoggiata in ogni mia decisione, mi ha aperto gli occhi sulla realtà quando serviva, mi ha dato le batoste necessarie per crescere e le parole dolci quando ne avevo bisogno.
È sempre stata sincera e presente, e stare con lei mi faceva bene perché era un po' come una Veronica 2.0 per me, non era la stessa cosa ovviamente, ma la ricordava molto e in questo modo mi sembrava di averla sempre con me.

"Nel secondo che precede il tempo"Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora