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La sveglia suonò presto quella mattina e le sembrò un giorno uguale a tutti gli altri. La lasciò suonare e tornò a dormire cercando un lato ancora fresco del suo cuscino. Si riaddormentò in pochi minuti ma non aveva fatto i conti con sua madre che urlando entrò nella sua stanza senza avvisare.
«Giusy! T'è sos'r! Svegliati che sono le otto e mezza, fai tardi a faticà.» La spinse per qualche secondo, poi sentendo la figlia mugolare la lasciò e andò via continuando a parlarle dalla stanza accanto, alzando la voce.
La loro casa era piccola, aveva due stanze da letto, un bagno e la cucina che comprendeva anche la zona salotto quindi sentiva benissimo le parole della madre anche se era in un'altra stanza. Nascose la testa sotto al cuscino per cercare di ovattare quelle urla ma ormai era sveglia e non poté che alzarsi per prepararsi e andare a lavoro.

Giusy aveva 23 anni e faceva la parrucchiera in un salone poco distante da casa sua. Lavorava da quattro anni lì, aveva preso il diploma in una scuola d'estetica e poi era subito andata a chiedere a Carlo il piacere di farle fare pratica nel suo negozio. Ovviamente lui aveva accettato e da quel momento non se ne era più andata. Amava quel lavoro, lo amava fin da piccola quando giocava con le ragazze del quartiere e le riempiva di trecce e pettinature eccentriche. Amava quel lavoro, sì, ma non amava Carlo e i suoi modi di fare. Era un uomo sulla quarantina, capelli lunghi sulle spalle, occhialini da finto intellettuale e fisico corpulento. La pagava male e ogni volta che Giusy gli chiedeva un aumento lui rispondeva che non era ancora il momento e che doveva avere pazienza. Giusy era diventata brava e sapeva di meritare di più, ma stare nel quartiere le faceva comodo, poteva così, stare vicino all'altro amore della sua vita: sua sorella Chiara. Chiara aveva 11 anni ed era appena andata in prima media. A differenza di sua sorella le piaceva studiare e spesso era lei ad insegnare cose nuove a Giusy che ne era molto orgogliosa. Era soprattutto per sua sorella che Giusy non cercava lavoro altrove e preferiva restare da Carlo che era anche abbastanza viscido e ci provava ogni giorno con le ragazze del salone e con le clienti. Ormai lo conosceva bene e sapeva come metterlo al posto suo, senza creare casini al negozio.
Giusy si sciacquò il viso cercando di togliersi dalla testa tutti quei pensieri e dopo essersi vestita ed aver salutato la madre andò a lavoro.

«Buongiorno a tutti.» Entrò di corsa sbuffando e andando subito a prendere posto ad un lavandino dove una cliente stava aspettando il suo turno.
«Pure oggi tardi Giusì? Stai pigliann o' vizio.» La ammonì Carlo, che non perdeva mai l'occasione di riprenderla pubblicamente, nonostante quella fosse al massimo la terza volta che Giusy era arrivata tardi negli ultimi tre o quattro mesi.
Lo guardò male per un secondo, poi parlò.
«Non è giornata Carlo, scusa.» Disse solo e lui annuì senza aggiungere altro.

La giornata proseguì e tornò a casa alle due passate, dovette anche recuperare il quarto d'ora di ritardo che aveva fatto la mattina, Carlo non volle sapere ragioni.
«Mà, sono a casa!» Avvisò quando rientrò e posò le chiavi nel portachiavi all'ingresso, attirando sua sorella che con una corsa la raggiunse e la abbracciò forte stringendole le braccia intorno alla vita. Lei ricambiò scompigliandole i capelli e lasciandole un bacio.
«Ciao Giusy.» La salutò poi la piccolina.
«Ciao ammò, tutto bene a scuola?» Le chiese mentre camminavano insieme attraverso lo stretto corridoio che portava alla cucina dove la tavola era già apparecchiata per tre.
«Sì, oggi la professoressa ha detto che sono bravissima a leggere, mi ha messo otto.» Le raccontò, con gli occhi che le sorridevano. Quelli di Giusy erano ancora più felici, era davvero orgogliosa di sua sorella e sperava che lei, almeno lei, con la sua intelligenza riuscisse a scappare da quella gabbia che era il quartiere dove vivevano.
Chiariamoci, Giusy amava il suo rione, ci era nata e lo conosceva come le sue tasche. Tutti a Pianura la conoscevano e lei conosceva tutti, ma di sicuro non era un posto che avrebbe consigliato per far crescere bene una bambina.
Mangiò velocemente, ascoltò la madre lamentarsi della zia Cinzia che come al solito non portava mai a termine quello che iniziava, poi sparecchiò, lavò i piatti, sistemò la cucina e andò a riposare. Quello era il momento della giornata che preferiva. Fortunatamente lavorava mezza giornata al salone, tranne che il sabato e il venerdì, quindi di solito riusciva a ricaricarsi bene. Aveva sempre un dolore al polso, figlio delle ore passate con spazzola e phon tra le mani. Si metteva ghiaccio, pomate, fasce ma non risolveva mai totalmente il problema. Cercò di non pensare a quel fastidioso dolore e si addormentò. Si svegliò alle sei passate, quando un messaggio di Mara, la sua amica da sempre, la svegliò.

Mondi opposti ; Andrea PetagnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora