19.

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Non lo sopportava più, quel cellulare che continuava a squillare da ore stava facendo scoppiare la testa di Giusy. Lo fissava seduta sul suo letto con le gambe strette al petto e gli occhi umidi, leggendo sul display sempre lo stesso maledetto nome: Andrea.
Era da tutto il giorno che non gli rispondeva e non aveva nemmeno intenzione di farlo per le prossime ore. Non ci riusciva, non voleva sentire la sua voce. Anche solo sentire una sola parola uscire dalla bocca di quel ragazzo l'avrebbe fatta crollare di nuovo e non voleva. Continuava a chiedersi cosa doveva fare, come doveva comportarsi. Doveva fare finta di non aver sentito nulla? Fare finta di non aver sentito il modo in cui Andrea aveva parlato di lei con gli altri? E come avrebbe fatto a guardarlo negli occhi, a baciarlo, a farci l'amore, sapendo che il calciatore pensava che lei non fosse alla sua altezza? Era sicura di non riuscire a fingere così con lui, quindi preferiva semplicemente non parlargli. Ovviamente non avrebbe potuto farlo per sempre, ma per qualche giorno ne avrebbe approfittato. 
Aveva già raccontato tutto a Mara che si era detta sorpresa e schifata dal comportamento del ragazzo del nord, mai se lo sarebbe aspettata, nemmeno lei. Giusy le disse di dire che quella sera non era alle panchine perché era dalla zia per festeggiare il suo compleanno e di non dare altre spiegazioni. Il compleanno, fortunatamente, c'era davvero e Giusy lo benedisse per averle dato l'alibi perfetto per fuggire da Andrea. 
Sapeva bene che prima o poi avrebbe dovuto parlargli ma voleva prima farsi passare un po' la scottatura perché era sicura che in questo momento non sarebbe riuscita nemmeno a dirgli 'ciao' per quanto ci era rimasta male. E non voleva che andasse così, non voleva fare scena muta con lui, voleva dirgli le cose come stavano, raccontargli tutto quello che aveva sentito e soprattutto tutto quello che aveva provato. Fece un respiro profondo e annuì tra sé e sé, promettendosi di parlargli al più presto. Pensò alle parole da dirgli e al discorso da fargli per tutto il pomeriggio mentre il cellulare continuava a vibrare e squillare con insistenza. Non gli rispose mai e quando furono le sette andò a farsi una doccia e si vestì per la festa della zia. 
Fu lei a guidare fino a Quarto, un paese lì vicino dove abitava sua zia e in meno di un quarto d'ora arrivarono a destinazione. C'erano tutti i suoi zii e cugini, era il cinquantesimo compleanno della zia quindi una grande occasione per riunire la famiglia. Giusy cercò di non pensare per qualche ora alla sua situazione con Andrea e di concentrarsi sulla bella serata che stava trascorrendo con la sua famiglia che tanto amava. Ogni tanto però non poteva fare a meno di scrivere a Mara per chiederle se fosse successo qualcosa e l'amica le raccontò del suo incontro con Andrea e di ciò che si erano detti.

Andrea infatti, non appena vide la riccia arrivare alle panchine la avvicinò subito, preoccupato dall'assenza anche lì di Giusy.

«Ehi Mara, ciao.» Iniziò lui, dando due baci sulle guance della ragazza.
«Ciao Andrè. Tutto bene?» Mara gli sorrise ma non era naturale e spontanea come al solito, lo stava facendo solo per cortesia, non per altro. Andrea però, nemmeno se ne accorse, troppo preso dall'assenza di Giusy per fare caso ad altro.
«Sì bene, grazie. Ma Giusy? Non mi risponde da ieri, che fine ha fatto?» Chiese con un'agitazione che Mara non gli aveva mai visto prima di quella sera.
«E' alla festa dei cinquant'anni di sua zia perciò non è venuta.»
«E perché non mi risponde?» 
«E io che ne so? Parla con lei di queste cose, non c'entro niente io.» La ragazza sbuffò e provò a divincolarsi da Andrea che però la prese per un braccio e la fermò, riportandola al suo posto iniziale di fronte a lui.
«Glielo vorrei chiedere ma non mi risponde da stamattina. Tu sicuramente sai qualcosa, me lo dici per piacere?» Insisté e Mara si spazientì.
«Sono cazzi vostri Andrè, non tocca a me dirti certe cose. Trovala e parlale.» Sbraitò la riccia prima che lui potesse continuare.
«Allora qualcosa è successo se dici così. Ma ti giuro che non ho fatto nulla, stavolta non ho fatto niente veramente.» 
Era da tutto il giorno che cercava di capire cosa aveva potuto fare per farla arrabbiare talmente tanto da non volergli parlare più ma non riusciva a trovare proprio niente. Stava impazzendo.
«Può essere, parlane con lei. Ora però lasciami stare eh...» 
«Sì, scusa. Quindi se vado a casa non la trovo?»
«Non c'è!» Urlò da qualche metro di distanza dove aveva ormai raggiunto gli altri.
Andrea capì ma volle provare lo stesso. Andò fino a casa sua e la prima cosa che notò fu l'assenza dell'auto di Giusy, poi le luci spente. Provò lo stesso a bussare al citofono ma non ebbe risposta. Ci provò altre volte ma sempre con lo stesso esito: nessuna risposta. Tornò dai ragazzi e cercò di calmarsi e di passare qualche ora con loro ma era tormentato da quel silenzio rumoroso di Giusy. Che aveva potuto fare di tanto terribile da farla allontanare così drasticamente? 
Tornò a casa, si fece una doccia veloce e si mise a letto. Decise di scriverle l'ultimo messaggio della giornata, poi il giorno dopo avrebbe trovato un modo per vederla.

'Non riesco a capire cosa ho fatto di così sbagliato da trattarmi così, come se fossi un appestato. Me lo puoi spiegare per favore? Chiamami quando vuoi, anche alle tre di notte se ti va. Ti aspetto, per piacere. Mi manchi Giù, qualsiasi cosa abbia fatto, scusami.
Buonanotte.'

Cliccò su 'invio' e posò il cellulare sul comodino, aspettando una telefonata da Giusy che però quella notte non arrivò mai.


Mondi opposti ; Andrea PetagnaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora